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CGIL LOMBARDIA - UFFICIO STAMPA
MIGRANTI: UN CONVEGNO DELLA CGIL LOMBARDIA STAMATTINA A MILANO. LAVORO, CITTADINANZA E DIRITTO DI VOTO ALLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE PER I NUOVI CITTADINI.
Si è svolto stamattina ai Giureconsulti a Milano un convegno dal titolo: “lavoro, cittadinanza e diritto di voto alle elezioni amministrative per i nuovi cittadini".
Ha aperto i lavori Fulvia Colombini della Segreteria della CGIL Lombardia, Valerio Onida Docente di Giustizia Costituzionale presso l'Università degli Studi di Milano e presidente emerito della Corte Costituzionale ha parlato dei Criteri per la cittadinanza e il diritto di voto per gli stranieri in Italia. Cittadinanza senza cittadinanza è stato il tema trattato da Eugenio Torrese Direttore dell’Agenzia per l’integrazione di Bergamo, mentre Andrea Sarubbi Deputato PD presentatore delle “Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza", ha fatto il punto sul dibattito parlamentare. All’incontro erano stati invitati Roberto Formigoni e Filippo Penati candidati alle prossime elezioni regionali; in rappresentanza di quest’ultimo è intervenuto Franco Mirabelli.
Nino Baseotto Segretario Generale della CGIL Lombardia ha concluso il convegno.
Nella sua relazione Fulvia Colombini, della Segreteria della CGIL Lombardia ha ricordato che “sui temi della crisi, dei diritti dei migranti, dell’equità fiscale la CGIL ha indetto uno sciopero generale per il prossimo 12 marzo al quale lavoratrici e lavoratori di tutte le categorie e pensionati parteciperanno, dando vita a iniziative in tutte le piazze per chiedere che si apra un confronto con il Governo su questi temi.
In Lombardia sono regolarmente presenti oltre 900.000 stranieri, (vedi le schede allegate),
quasi equamente suddivisi tra uomini e donne, dei quali, oltre i due terzi sono cittadini non europei. A questo numero va aggiunta la percentuale di coloro che non sono registrati; da una recente indagine i presenti sono stimati al 1° luglio 2009 in 1.133.000 persone.
Si tratta di popolazione mediamente più giovane di quella lombarda, concentrata nella fasce d’età da 0 a 17 anni e da 18 a 39 anni. Nella fascia d’età da 0 a 17 anni, i nati in Italia stanno progressivamente diventando i più numerosi. A questi bambini e ragazzi, che oggi sono studenti per il 70%, è indispensabile dare certezze circa il loro futuro di cittadini italiani in un quadro di diritti/doveri che necessariamente deve essere analogo e sovrapponibile a quello dei loro coetanei.
Dall’inizio del 2010 siamo entrati nel terzo anno di crisi economica; l’esperienza fatta in questi ultimi anni ci ha insegnato che le nuove norme del “Pacchetto sicurezza” aggravano per gli stranieri i già pesanti problemi legati alla situazione economica negativa, all’aumento della disoccupazione,
alla necessità di affrontare i temi della riqualificazione e del reimpiego di tanti lavoratori e lavoratrici, rendendo i percorsi di cambiamento ancora più difficili.
La crisi sta pesando su tutti, ma se guardiamo analiticamente i dati vediamo che il tasso di disoccupazione è cresciuto molto di più tra i lavoratori immigrati (nel 2009 ha raggiunto l’11%9) che insieme al lavoro spesso perdono anche il permesso di soggiorno, entrando loro malgrado in una condizione di clandestinità con l’unico sbocco possibile verso il lavoro nero e l’irregolarità.
La disoccupazione colpisce maggiormente chi è privo di titolo di soggiorno mentre colpisce meno chi ha acquisito la cittadinanza o è titolare di permesso di soggiorno lungo-soggiornanti e di carta di soggiorno.
Le condizioni di lavoro irregolari crescono al crescere dell’instabilità giuridica.
Va affermato con forza che le leggi sull’immigrazione dal Testo Unico fino al “pacchetto sicurezza” pongono consapevolmente e continuamente gli immigrati nella condizione di cadere nell’irregolarità e che non si tratta di una questione che riguarda solo i migranti.
Sappiamo che nella maggioranza dei casi gli stranieri irregolari presenti sul nostro territorio (il NAGA in una sua ricerca ci segnalava oltre il 70%) lavorano in nero.
La condizione di convenienza della mano d’opera immigrata a basso costo e facilmente ricattabile, mina pesantemente le condizioni di lavoro anche dei lavoratori autoctoni con una caduta complessiva del sistema dei diritti, aumentando anche il rischio di infiltrazioni mafiose e di criminalità organizzata.
Occorre dunque, a tutela dei diritti e della legalità, affermare l’importanza della condizione di regolarità dei migranti, della lotta al lavoro nero al sommerso, anche in vista degli investimenti legati all’Expò 2015.
Con la Regione Lombardia, al tavolo dell’Assessorato del lavoro con la presenza di tutte le parti sociali, abbiamo firmato, in questi ultimi due anni, gli accordi per gli ammortizzatori sociali, le politiche attive e per la gestione della crisi, ed è stato siglato un avviso comune, nello scorso maggio, per concordare “linee di intervento per la sperimentazione finalizzata al reinserimento lavorativo di lavoratori stranieri e non comunitari” .
Su questo tema abbiamo trovato disponibilità anche tra le Associazioni Imprenditoriali, che non vogliono disperdere professionalità preziose formatesi negli scorsi anni e che saranno indispensabili quando la crisi sarà superata.
In questi anni si è fatta pericolosamente strada nelle istituzioni locali gestite dal centro destra la convinzione che sia giusto che le famiglie degli immigrati che lavorano e vivono sul nostro territorio debbano avere meno diritti degli italiani, ha prosdeguito Colombini.
Questo tipo di politica è tanto più pericolosa perché trasforma le istituzioni pubbliche da garanti dei diritti nel loro contrario, assecondando, quando non istigando l’opinione pubblica.
Sicuramente se gli oltre 3.500.000 residenti stranieri in Italia, dei quali il 70% non di provenienza comunitaria, fossero elettori sarebbero guardati diversamente dalla politica e il ritornello “rimandiamoli a casa” non sarebbe così usato e abusato.
I dati sulla stabilità ci dicono che solo l’8% di chi risiede in Lombardia è in Italia da meno di due anni, il 50% circa è presente da 5 a 10 anni e in questa fascia vi è un 51% che risiede in Lombardia tra i 5 e i 10 anni. Quindi la Lombardia conta su una presenza stabile che meriterebbe politiche vere di integrazione su tutti i fronti: il diritto allo studio, la politica della casa, le politiche sociali e così via.
I dati sul Pil e sulle entrate dell’Inps fotografano inoltre una situazione in cui i lavoratori e le lavoratrici immigrate apportano allo stato, sotto forma di tasse e contributi pagati, molto di più di quanto stiano ricevendo in prestazioni e evidenziano che la mancanza di questo apporto avrebbe conseguenze negative sull’economia del paese.
In questo contesto si inserisce l’avvio della discussione parlamentare sulla cittadinanza.
La percentuale di immigrati che hanno ottenuto la cittadinanza italiana è sensibilmente più bassa della media europea: per esempio nel 2005 è stata dello 0.7% contro l’1.6 della Germania; il 2,2 della Spagna; il 4,4 dell’Austria, per non parlare dell’8,2 della Svezia (14 volte di più).
Al requisito dei dieci anni per l’ottenimento della cittadinanza viene aggiunto l’obbligo di svolgimento di un percorso di cittadinanza che prevede:
*il possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo;
*la frequenza di un corso della durata di almeno un anno per l’approfondimento della conoscenza della storia e cultura italiana e europea, dell’educazione civica e dei principi della Costituzione italiana;
*il raggiungimento di un effettivo grado di integrazione sociale ed al rispetto, anche in ambito familiare, delle leggi dello Stato e dei principi della Costituzione;
*il rispetto degli obblighi fiscali;
*Il mantenimento dei requisiti di reddito, alloggio e assenza di carichi pendenti necessari per la carta CE;
*Il certificato di soggiorno a punti è l’ultima macchinosa e scoraggiante invenzione.
il rinnovo del permesso di soggiorno, anche quando ci sono tutti i requisiti è un vero calvario, oltre che costoso, perché i tempi non sono certi e si arriva anche a superare i 18 mesi di attesa, generando continuamente una situazione di instabilità e di incertezza delle persone.
E’ per ovviare a questi disagi che noi siamo favorevoli ad affidare questo compito ai comuni, in una discussione sul federalismo che porti a un vero decentramento sul territorio di compiti e responsabilità, affidate in questo caso agli enti locali.
Al tema della cittadinanza va associato il tema del diritto di voto amministrativo.
In Lombardia i titolari di carta di soggiorno (lungo soggiornanti) sono passati dal 9,
5% dei residenti nel 2001 al 34,8% del 2009. Pur dovendo scorporare il dato dei minori, tuttavia è un dato significativo anche per l’accesso al diritto di voto amministrativo.
Nuovi cittadini che non trovano rappresentanza nelle istituzioni, sindaci che non rappresentano strati significativi della popolazione sono un vulnus inaccettabile per la democrazia.
Oggi noi lanciamo questa parola d’ordine, ha concluso Colombini: i diritti del lavoro vanno associati ai diritti per una nuova cittadinanza, al diritto di voto alle elezioni amministrative, al diritto di tutti di essere rappresentati politicamente e al diritto di essere eletti”.
Valerio Onida ha ricordato che occorre un soprassalto di dignità e di civiltà concedendo il diritto al voto amministrativo: un obiettivo che ci farebbe risalire dagli ultimi posti nella graduatoria dei paesi europei.
Andrea Sarubbi ha assicurato che ora l’iter della legge è sospeso per le elezioni regionali, ma che subito dopo riprenderà con buone possibilità di portare a un risultato positivo, mentre Eugenio Torrese ha parlato delle esperienze di integrazione che si stanno realizzando a Bergamo..
Nino Baseotto, il Segretario generale della Cgil Lombardia, concludendo l’incontro, ha sottolineato che di fronte a questa questione stanno prevalendo due approcci entrambi da respingere: quello mercantile che vede nei migranti la massa di manovra usa e getta per il mercato del lavoro, e quello che guarda alla loro presenza come ad un problema di sicurezza, e da questo punto di vista la forza della Lega nella nostra regione ovviamente comporta un deciso condizionamento.
La crisi, con i suoi pesanti risvolti sull’occupazione sta facendo il resto, e le risposte del Governo di centrodestra acuiscono i problemi, individuando soluzioni certamente non inclusive.
Il Presidente del Consiglio ha detto: “non lasceremo indietro nessuno”, questo non è vero, a maggior ragione per gli immigrati nel nostro paese.
In questa luce si spiegano le grandi e piccole discriminazioni istituzionali, come il buono bebè di Brescia e il buono famiglie numerose della Regione.
La Cgil, insieme alla Cisl in quest’ultimo caso ha fatto una battaglia coraggiosa ricorrendo al Tar, che ci ha dato ragione. Da allora la Regione ha rinunciato a fare appello e si è seduta al tavolo con le Organizzazioni Sindacali e le associazione per correggere gli elementi discriminatori.
Questo dimostra che quando si agisce con determinazione si ottengono risultati e si affermano diritti.
Ora dobbiamo lavorare conseguire alcuni obiettivi, oltre a quello di una legge sulla cittadinanza: il diritto al voto amministrativo, e la trasformazione del rinnovo dei permessi di soggiorno in una pratica amministrativa affidata alle amministrazioni comunali, in modo da far sentire anche così chi nel nostro paese vive e lavora, un cittadino con piena parità di diritti”.
Sesto San Giovanni 12 febbraio 201 0
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