Rassegna Sindacale 16/06/2014

“AL CENTRO DEL LAVORO”/UN DOCUMENTARIO SU PIZZINATO

Le radici, la rotta

 C’è un aspetto che accomuna i vecchi combattenti: il senso pieno della vita che anima le loro azioni. Che si tratti di partigiani o di operai in lotta nelle fabbriche, il giorno più bello è quello in cui le armi vengono deposte, e di una conquista si fa un bene collettivo. È il momento che ripaga la solitudine, i sacrifici, la rinuncia alla gioventù. Antonio Pizzinato è uno di questi. Classe 1932, militante, sindacalista.
Alla sua figura è dedicato un documentario della regista Rahel Sereke, intitolato Al centro del lavoro. In viaggio con Antonio Pizzinato, realizzato con il sostegno di Cgil Lombardia, Camera del lavoro di Milano e Fondazione Di Vittorio.
La narrazione ha inizio alla Stazione Centrale di Milano, nell’immediato dopoguerra.
Pizzinato ha quindici anni, ed è un immigrato. Viene da Fiaschetti di Caneva, in Friuli Venezia Giulia. Comincia a lavorare come apprendista alla ditta Borletti, dove si producono macchine da cucire. Insieme a lui ci sono settecento ragazzi. La maggior parte di loro ha meno di vent’anni, sono come fratelli.
“Fu il principio di una nuova vita”, racconta. Alle sue parole si uniscono quelle dei compagni che l’hanno conosciuto. Ione Bagnoni, ad esempio, all’epoca membro della Commissione femminile della Cgil cittadina, ricorda il clima che si respirava all’interno della fabbrica. I lavoratori erano sindacalizzati. I loro rappresentanti, uomini e professionisti di prim’ordine.
Sono anni di formazione e di scioperi. Le vittorie sindacali portano con sé progressi culturali che investono l’intera società. Si comincia a parlare di uguaglianza retributiva tra uomini e donne, anticipando istanze che emergeranno con forza nel ventennio successivo.

Pizzinato entra a far parte della Commissione interna della Borletti. In seguito diventa dirigente della Fiom e della Cgil, prima a Sesto San Giovanni, poi alla Camera del lavoro di Milano, di cui sarà segretario generale. Nel 1986 è eletto segretario generale della Cgil. Due anni dopo viene sostituito da Bruno Trentin.
Il successo personale non gli fa dimenticare le origini. Alle cinque del mattino è davanti ai cancelli delle fabbriche per fare volantinaggio. La sera, attende la fine del turno per incontrare gli operai. La forza del suo ruolo di dirigente deriva da questi rapporti umani mai interrotti. È da qui che trae legittimità la sua azione, che il suo pensiero si sviluppa. E il suo è un pensiero aperto, alla costante ricerca di legami con chi proviene da esperienze diverse. Nel ’68 il movimento operaio incontra quello studentesco. Alla facoltà di Medicina, per la prima volta, si inizia a parlare di sicurezza e malattie professionali. Pizzinato porta gli operai nelle aule universitarie. Grazie a questo impegno si crea una collaborazione tra medici e categorie sindacali. Vengono pubblicati studi approfonditi, di importanza internazionale, che analizzano gli effetti dei ritmi e delle condizioni insalubri nelle fabbriche sulla salute delle persone. A Milano nascono i servizi di medicina negli ambienti di lavoro, grazie a un accordo tra sindacati, comune e imprese.
L’intesa viene poi trasformata in una legge regionale, e in seguito nazionale.
Sono queste, le tappe più significative di un percorso che si conclude agli inizi degli anni ’90 senza mai esaurirsi del tutto.
Dopo aver ricoperto ruoli di responsabilità, Pizzinato si occupa di immigrati, sicurezza sul lavoro e terziario. Vede il mondo modificarsi, e si schiera in favore del cambiamento.
“Bisogna rifondare il sindacato come soggetto unitario, ripensare il modo stesso di fare sindacato” afferma. Lo sguardo fermo, la coerenza a sostenerlo.
Chiara Cristilli

 

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