www.repubblica.it Milano, 2 settembre 2014

Lavoro, in Lombardia un altro autunno nero. Ma il terziario dà i primi segni di ripresa.

La situazione per l'industria e il settore manifatturioero continua a essere preoccupante. Milano regge l'urto, ma le altre province continuano a soffrire. E preoccupa la riforma degli ammortizzatori sociali

di MATTEO PUCCIARELLI

«Se proprio dovete, licenziatemi prima della fine dell’anno». Toccherà dire anche questo, ai lavoratori delle aziende in crisi. L’autunno in arrivo sarà caldissimo per molte ragioni, ma un fattore non da poco è la riforma degli ammortizzatori sociali che scatterà il 1° gennaio. Via la mobilità (tre anni di sussidio per gli over 50) e dentro l’Aspi (18 mesi di paracadute). E così perdere il posto di lavoro a dicembre sarà una mazzata, ma perderlo dopo sarà anche peggio. La tagliola è un lascito dell’allora ministro Elsa Fornero e a temerla sono migliaia di persone: i settori della crisi del lavoro in Lombardia sono molti, dall’informatica alla siderurgia, dalla produzione di elettrodomestici all’edilizia.

L’economia non riparte, gli annunci e i buoni propositi per il 2014 in realtà sono stati infilati in un cassetto già nella primavera scorsa, quando si era capita l’aria che tirava. La luce in fondo al tunnel, insomma, resta una chimera. Il paradosso quindi, visto il contesto (cioè la riforma che incombe), sarà quello assistere a delle vertenze dove saranno gli stessi dipendenti a scegliere di anticipare la perdita del posto di lavoro, prima che scattino le nuove norme. Una stima? Secondo la Fiom Cgil, 55mila posti a rischio da qui alla fine dell’anno solo nel settore metalmeccanico, 80mila nel complesso della Lombardia. E se non verrà rifinanziata per l’ennesima volta la cassa integrazione in deroga — sistema che non si poggia sui contributi di aziende e lavoratori come quella classica, facendo da scudo ai lavoratori delle piccole aziende — sarà anche peggio.

«L’utilizzo crescente di cassa integrazione e mobilità dimostra la persistenza della crisi di natura con sospensioni di lungo periodo e assenza di prospettive strutturale — è l’analisi della Fim Cisl — e coinvolge ben 868 aziende e 20.488 lavoratori. Già nel 2012 e 2013 la cassa integrazione straordinaria aveva registrato un livello allarmante, rispettivamente con 35.942 e 38.306 lavoratori sospesi. Il 18,44 per cento di questi interventi è costituito dalla cassa in deroga, il provvedimento straordinario che vale in particolare per i lavoratori delle piccole aziende privi della copertura di ammortizzatori sociali». I dati della crisi raccontano molte cose, però. Che l’industria e il settore manifatturiero perdono terreno — dal 2008 un 20 per cento del sistema produttivo lombardo è andato perso — ma in compenso il mondo del terziario dà segni di vita.

Le previsioni di Unioncamere parlano di 35mila assunzioni previste nella sola città di Milano, un +7 per cento rispetto all’anno scorso. «Buon segnale da una parte, perché le aree metropolitane confermano la propria capacità di reggere l’urto — spiega Daniele Gazzoli della segreteria regionale della Cgil — ma poi Brescia, Bergamo, Lecco e così via perdono un altro 7, o il 10 per cento, e allora così si certificano le difficoltà produttive della regione nel suo insieme. Mentre l’indice di disoccupazione continua a crescere, ora arrivato all’8,9 per cento». Altro fattore positivo, perlomeno nel capoluogo: il ruolo degli stranieri e la loro capacità di fare impresa. I numeri stavolta sono della Camera di commercio: a Milano le imprese attive crescono di circa 2mila unità e senza l’apporto di egiziani, cinesi, siriani e così via ci sarebbero circa 600 imprese in meno in un anno.

Le aziende straniere sono circa 38mila e pesano il 13,2 per cento del totale (erano il 12,4 per cento un anno fa). E poi, salvare il posto del lavoro è possibile grazie anche ai contratti di solidarietà, traduzione pratica del famoso slogan degli anni Settanta “lavorare meno, lavorare tutti”. Da gennaio a giugno vi hanno fatto ricorso 72 aziende e 8.339 lavoratori in più rispetto al semestre precedente. «Sono ben 276 gli accordi di solidarietà stipulati negli ultimi 24 mesi e per 30.950 lavoratori, che porta a salvare oltre 9mila posti — rimarca Nicola Alberta (Fim Cisl) — a conferma del consolidarsi di questo strumento di tutela dell’occupazione, dopo anni di diffidenza delle imprese». Sullo sfondo c’è Expo, che potrebbe (anzi, dovrebbe) dare respiro all’economia milanese e lombarda. Anche se nessuno si fa particolari illusioni; finora sono state solo circa 4mila le nuove assunzioni in vista del 2015: ne erano state previste 100mila.

«Tocca dire sempre la stessa cosa — ragiona Mirco Rota (Fiom Cgil) — e cioè che senza una politica industriale vera, senza una programmazione di investimento regionale e lasciando il tema del lavoro solo alle politiche attive e alla formazione, invertire la rotta diventa impossibile». Sindacato e Regione provano a muoversi in questa direzione, in un qualche modo: allo studio c’è un piano di intervento diretto del Pirellone (attraverso Finlombarda, per esempio) nelle imprese, entrando nel capitale societario di alcune aziende. «Con un progetto del genere — aggiunge Rota — la parte pubblica sarebbe capace di condizionare il comportamento delle imprese in questione, o almeno di sapere in anticipo quali sono le difficoltà che stanno attraversando. Così da essere capaci di intervenire in anticipo e non a giochi fatti, cioè a crisi aziendali e licenziamenti ormai irreversibili».

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