ART. 18 Legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori)

Reintegrazione nel posto di lavoro

Cosa si intende per licenziamento ingiustificato?

Il licenziamento è ingiustificato quando è "privo di giusta causa o giustificato motivo."

Il licenziamento per giusta causa configura la massima sanzione disciplinare, preceduta da quello per giustificato motivo soggettivo, che pure è costituito da un “notevole inadempimento degli obblighi contrattuali”.

Ai sensi dell’art. 2119 c.c. il datore di lavoro può recedere dal rapporto quando si verifichi una causa che non ne consenta la prosecuzione, anche provvisoria, neppure per il tempo del preavviso.

Il licenziamento per giustificato motivo è disciplinato dall’art. 3, legge 15 luglio 1966, n. 604 che fornisce la definizione del licenziamento con preavviso per giustificato motivo, riferendolo o a "un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali" (il cd. giustificato motivo soggettivo), ovvero a "ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa" (il cd. giustificato motivo oggettivo).

Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo si differenzia dalla giusta causa in quanto consente la prosecuzione del rapporto sia pure nei limiti del periodo di preavviso.

Il licenziamento "privo di giusta causa o giustificato motivo" (cioè ingiustificato) viene oggi sanzionato diversamente dall’art.18 della Legge 300/70 – Statuto dei lavoratori e dalla Legge 108/90, a seconda delle dimensioni occupazionali del datore di lavoro.

A – Campo di applicazione dell’art.18 della Legge 300/70 – Statuto dei lavoratori

  • Datori di lavoro con più di 15 dipendenti nell'unità produttiva (o più di 5 dipendenti se impresa agricola)
  • Datori di lavoro con più di 15 dipendenti nel territorio comunale (o più di 5 se impresa agricola) a prescindere dal numero dei dipendenti nelle singole unità produttive
  • Datori di lavoro con più di 60 dipendenti in ambito nazionale a prescindere al numero dei dipendenti nelle singole unità produttive

In questi casi oggi è previsto che se il Giudice del Lavoro riconosce l'illegittimità del licenziamento, con sentenza ordina all'imprenditore:

  • di reintegrare il lavoratore nel suo posto di lavoro
  • di risarcirlo corrispondendogli tutte le retribuzioni dal giorno del licenziamento sino al giorno della effettiva reintegrazione al lavoro, compreso il versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali (in ogni caso il risarcimento non potrà essere inferiore a 5 mensilità di retribuzione).

Inoltre, fermo restando il diritto al risarcimento del danno sopra indicato (tutte le retribuzioni dovute dal momento del licenziamento al reintegro al lavoro, e comunque un minimo di 5 mensilità), il lavoratore ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, una indennità pari a 15 mensilità di retribuzione globale di fatto. (quindi compresa la 13ma, 14ma, TFR).

B – Campo di applicazione della Legge 108/90

  • Aziende che abbiano più di 15 dipendenti e meno di 60, se nelle singole unità produttive o nell’ambito comunale non raggiungano i 16 addetti oppure i 6, se impresa agricola.

In questi casi oggi è il datore di lavoro che può scegliere fra la riassunzione del lavoratore o la corresponsione di un risarcimento del danno.

Per i datori di lavoro con meno di 16 dipendenti il risarcimento economico può variare da 2,5 a 6 mensilità di retribuzione globale di fatto.

Per i datori di lavoro che abbiano più di 15 dipendenti la misura del risarcimento è rapportata all'anzianità del lavoratore in azienda ed è la seguente:

  • Fino a 10 anni da 2.5 a 6 mensilità di retribuzione
  • Da 10 a 20 anni da 2,5 a 10 mensilità di retribuzione
  • Oltre 20 anni da 2,5 a 14 mensilità di retribuzione

 

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