e non sono purtroppo in via di superamento.
I licenziamenti, in totale, nel periodo gennaio-settembre 2009 sono 38.276, con un aumento del +67% in rapporto allo stesso periodo del 2008. In particolare si tratta di 14.070 lavoratori (+18,90%) con indennità di mobilità e di 24.147 (+119%) con indennità di disoccupazione.
Mancano ovviamente tutti quei lavoratori precari che possono usufruire di indennità a requisito ridotto che potranno fare domanda solo a partire dal prossimo mese di marzo.
La caduta della produzione industriale, se prolungata, porta in sé una prossima forte contrazione dell’occupazione.
La crisi nella nostra regione si inserisce in un contesto di anni di crescita modesta e di perdita di competitività nei confronti dell’Europa e investe un sistema produttivo che ha accumulato ritardi rispetto alla ristrutturazione e alla ricollocazione dell’impresa e dei suoi prodotti.
Il commercio internazionale ha subito un tracollo; le aziende, che sono alle prese anche con il calo degli ordini e la contrazione della domanda interna, sono in difficoltà a reperire risorse, e possono contare su una liquidità molto scarsa anche a causa della stretta creditizia operata dal sistema bancario.
La crisi sta mettendo in rilievo i nodi strutturali e i limiti del sistema produttivo lombardo, dovuti anche alle dimensioni d’impresa, mentre appare evidente - a parità di investimento tra la Lombardia e l’Europa - il ritardo di crescita del Pil che si è accumulato: un dato che dovrebbe far riflettere sulla necessità di convertire una quota consistente del settore produttivo modificandone in profondità la specializzazione.
L’economia lombarda si trova a un bivio. Con la crisi finanziaria internazionale la sfida alta è sulla qualità, sulla conoscenza, sull’ambiente e sull’energia rinnovabile, che si fondano su una politica industriale programmata e innovata, cioè sulla capacità da parte delle istituzioni, del Governo e delle imprese di generare e anticipare la domanda di beni e servizi che saranno richiesti prossimamente dal mercato.
Non si tratta oggi solo di difendere l’occupazione e di non perdere, con i posti di lavoro, conoscenze e professionalità acquisite, ma di crearne di nuovi attraverso politiche di sviluppo adeguate e lungimiranti.
Questa scelta strategica, di impostazione e di capacità di indirizzo, di programmazione e di riorganizzazione del sistema industriale e produttivo non sembra però essere nelle intenzioni del Governo nazionale e di quello regionale.,
Occorre garantire le sufficienti coperture economiche per un allargamento delle tutele e una difesa più consistente del reddito di tutti i lavoratori, se non si avverte qualche spiraglio di una futura ripresa produttiva,