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Il lavoro dopo Expo

Il Comitato direttivo Cgil si è riunito per tracciare un bilancio dell'Esposizione universale, lanciando idee per il futuro dell'area e il destino occupazionale dei 30.000 lavoratori interessati. Lattuada (Cgil Lombardia) ai microfoni di RadioArticolo1

Di Expo 2015 si continua a parlare, perché il 31 ottobre chiuderà i battenti e si discute dei progetti di trasformazione delle aree interessate. Proprio oggi (lunedì 5 ottobre) la Cgil, alla presenza di Susanna Camusso, ha affrontato, nell'ambito del Comitato direttivo che si è svolto alla Cascina Triulza di Milano, il tema con tutti i soggetti interessati, dopo avere già incontrato i lavoratori, tracciando un primo bilancio dell’Esposizione universale milanese. Italia parla, la rubrica quotidiana di RadioArticolo1, ha interpellato nel merito Elena Lattuada, segretaria generale della Cgil Lombardia.

“Dal punto di vista lavorativo – ha esordito la dirigente sindacale –, l’emblema di Expo è stata la contrattazione di anticipo, grazie alla quale siamo riusciti a centrare l’obiettivo ‘infortuni zero’. Sono stati fatti accordi con società e agenzie di lavoro interinale, e, sia pur con grande fatica, si è provato a regolamentare l’utilizzo della manodopera, anche a fronte dei vari scandali che hanno contrassegnato la rassegna milanese. In particolare, penso al tema del pagamento degli arretrati, alla vertenza aperta rispetto ai controlli di polizia, allo spettro sempre incombente dell’illegalità e del malaffare sugli appalti”.

“A fine mese, inizia la fase di smantellamento dei padiglioni, che durerà fino a giugno 2016: per la gran parte dei 30.000 lavoratori che hanno ruotato attorno ad Expo, significa la fine del lavoro. Per noi, la questione vera è quindi l’occupabilità, cioè l’esperienza maturata lavorando in Expo, e quanto sia utilizzabile rispetto a possibili future occasioni di lavoro. Su questo, assieme alla Regione Lombardia, abbiamo sottoscritto a suo tempo un Avviso comune, che prevedeva l’utilizzo di risorse per ragionare sul dopo Expo, e nei giorni scorsi abbiamo chiesto l’attivazione di un confronto con i responsabili regionali, rispondendo così a un appello lanciato da molti lavoratori e delegati, che non vogliono essere lasciati soli dal sindacato e si battono per essere rioccupati in futuro”, ha continuato la sindacalista.

“Il punto è capire cosa si smantella e in che modo, e soprattutto che si farà di quell’area, trattandosi di una zona assolutamente infrastrutturata e costata molte risorse pubbliche. Prioritario è riuscire a utilizzare al meglio quell’investimento, coscienti del fatto che se si smantella e resta il deserto, poi sarà più difficile immaginare un progetto. Perciò, lanciamo l’idea che bisogna fare in fretta: i soggetti pubblici e privati, istituzionalmente preposti, devono indicare la mole di investimenti a disposizione, cosa si fa all’interno di quel sito, e di conseguenza definire il ruolo di tutte le parti interessate per coordinare e pianificare il futuro dell’area”, ha aggiunto Lattuada.

“Il Governo deve entrare a tutti gli effetti nella società che gestisce l’area, perché vi ha messo risorse e perché è evidente che un polo di attrazione del genere non può essere gestito solo da Regione Lombardia, Comune e Area metropolitana di Milano. Il progetto è troppo importante per lasciarlo alle sole istituzioni locali. Dopodichè, il nodo vero è quante risorse si mettono a disposizione e per fare cosa. A maggio, abbiamo lanciato la nostra idea, organizzando sul tema anche un convegno, sull’ipotesi di trasferimento in zona Expo delle facoltà scientifiche della Statale, per dare un’area attrezzata alle migliaia di studenti che frequentano l’università, contribuendo così alla costruzione di un polo della conoscenza dentro quel sito, che abbia un rapporto diretto con la ricerca e le attività produttive. Sotto tale aspetto, l’ipotesi è la stessa di Assolombarda”, ha rilevato ancora l’esponente della Cgil lombarda.

“Ora c’è bisogno di trovare un punto d’intesa fra tutti i soggetti sul cosa s’intenda fare, ma non mi convince l’idea di un uomo solo al comando che gestisce, com’è stato in occasione di Expo. Il problema è come tutte le istituzioni preposte lavorino verso un’unica direzione: se si trova questo, poi le forme con cui organizzare e individuare le responsabilità da assegnare sarà il passo successivo. Insomma, prioritario è il progetto e le relative risorse a disposizione. La vicenda è assai più complessa, perché non si tratta più di costruire un'altra esposizione, ma si creare un’idea di città e di sviluppo”, ha osservato inoltre Lattuada.

“L’esperienza di Expo è stata una finestra straordinaria sul mondo, che ha permesso a tantissimi lavoratori di entrare in contatto con tutti i popoli del pianeta, acquisendo tante esperienze. Adesso il punto vero è come riorientare all’interno della città, della regione e di tutto il Paese le tante competenze maturate per trovare una ricollocazione alle migliaia di persone che hanno lavorato in Expo. Io penso che dobbiamo ragionare in tal modo, per accompagnare e velocizzare il processo di ridefinizione dell’area e per costruire le condizioni di occupabilità delle persone. Da ultimo, c’è la parte che riguarda lo smantellamento, e anche qui, per un breve periodo, ci può essere una continuità per tutti coloro che hanno lavorato in Expo e che quindi conoscono molto bene quel sito”, ha concluso la segretaria della Cgil lombarda.
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