Cassa integrazione, è boom
la Lombardia prima in Italia


Più 56 per cento. Sono 118mila lavoratori a zero ore. Colpiti i settori della meccanica il commercio, l’edilizia, ma tra Milano e la Brianza, soprattutto le industrie tecnologiche

di DAVIDE CARLUCCI

È qualcosa di più di un dejà vu. È la luce in fondo al tunnel che di colpo torna a farsi inghiottire dal buio. E nel nuovo boom della crisi la Lombardia traina il resto d’Italia: sono 143.393.626, secondo la Cgil, che rielabora dati dell’Inps, le ore di cassa integrazione registrate in regione dall’inizio dell’anno a luglio, per un totale di 117.922 di lavoratori a zero ore. È il dato più alto: il Piemonte, secondo, è ben distanziato (83mila ore per 68mila lavoratori).

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Un’onda nera che investe in particolare settori come la meccanica, il commercio, l’edilizia ma che tra Milano e la Brianza tocca soprattutto l’hitech. Da Vimercate - dove si sta cercando di salvare l’Alcatel Lucent, società che si occupa di progettazione hardware, software e di circuiti integrati per reti fotoniche di nuova generazione - a Cassina de’ Pecchi, dove la Jabil ha messo in mobilità i 1350 lavoratori impegnati nella produzione di apparati a microonde per l’accesso a reti fisse e mobili. Una recessione che si può leggere nel lungo elenco di imprese lombarde per le quali sono aperti tavoli di confronto al ministero dello Sviluppo economico: Bames, Ditec, Franco Tosi, Italtel, Medtronic Invatel... E che comincia a lambire le banche, i cui dipendenti, pressati dalle richieste d’ossigeno delle aziende in ginocchio, ora sono preoccupati per il loro stesso futuro. Di esuberi si parla, anche in Lombardia, per gli impiegati di Intesa e Mps.

In termini percentuali, il balzo in avanti della cassa integrazione ordinaria è pari al 56,17. E se la 'straordinaria' diminuisce - del 21,31 per cento - non c’è da illudersi: «I datori di lavoro possono aver preferito collocare in ferie il personale in esubero - spiega Nino Baseotto, segretario generale della Cgil Lombardia - oppure sono aziende che chiudono e quindi smettono di utilizzare l’ammortizzatore sociale».

Una conferma in questo senso arriva, oltre che dall’aumento della cassa integrazione in deroga (+21,50 per cento), dai licenziamenti. Il ricorso all’indennità di mobilità, infatti, è aumentato del 9,25 per cento, mentre l’indennità di disoccupazione è salita, addirittura, del 34,43 per cento. Sorprendente il dato dei frontalieri, i residenti che dalle province di Sondrio, Como e Varese, fanno i pendolari in Svizzera per lavoro: quelli che restano a casa aumentano del 140,82 per cento. E così, in totale sotto la voce “chiusure di rapporti di lavoro” si legge 25,36 per cento, preceduto dal segno più.

La cassa integrazione dilaga nell’industria: le ore autorizzate sono state 104 milioni e 361mila. Seguono il commercio - 15,051 milioni di ore - l’artigianato - 13,410 milioni - e l’edilizia (10 milioni e 436mila. Complessivamente, l’aumento, rispetto allo stesso periodo del 2011, è del 5,71 per cento. «Non sarebbe una percentuale altissima - commenta Baseotto - se il raffronto fosse con un periodo normale. E invece bisogna sommare questo dato a tutte le ore di cassa integrazione di cui hanno usufruito le aziende a partire dal 2008».

Un quadro che suggerisce conclusioni amare al sindacalista: «Non c’è alcun segnale di ripresa e di inversione di tendenza. Né dai settori ad alta tecnologia, nei quali la crisi dura da tempo, né da altri, come la green economy, che inducevano a sperare». E lo stallo della giunta Formigoni per il leader della Cgil è un ostacolo in più alla ripresa. «La crisi politica in Regione non aiuta. Perché il Pirellone continua a svolgere un ruolo positivo, finanziando gli ammortizzatori in deroga. Ma qui non ci si può limitare a tamponare le ferite: bisogna curare il malato, facendo ripartire la crescita. E per far questo ci vorrebbero una giunta e un presidente concentrati su questo e legittimati».
(08 agosto 2012

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