Salari, ci vogliono risposte adesso. di susanna camusso


Salari, ci vogliono risposte adesso
Susanna Camusso, 06 febbraio 2008, 14:19

Lavoro Il sindacato indice una mobilitazione per il 15 febbraio affinché nella fase attuale, difficile e dannosa, che rischia di generare sfiducia e rassegnazione oltre a diffondere l'idea di un paese irriformabile, si faccia tutto il possibile perché la traduzione delle deleghe e le "promesse" su fisco e redditi non spariscano dall'agenda politica e del futuro esecutivo



Una crisi incomprensibile, nel momento sbagliato e che apre grandi preoccupazioni.

Questo è il sentimento più diffuso tra le lavoratrici e i lavoratori, tra i pensionati, coloro che hanno vissuto, con delusione, una politica che non li vedeva al centro delle politiche di governo.

Che hanno sentito in questi mesi crescere un’onda di opinione, di cronaca che si accorgeva, finalmente, che c’è nel nostro paese una questione salariale, grave, che vi è un’emergenza sicurezza sul lavoro. Coloro che ovviamente non possono e non vogliono accontentarsi che di loro si parli, che vorrebbero che tutto ciò si traduca in politiche concrete.



L’incertezza sulla traduzione delle deleghe (solo per citarne alcune: sicurezza sul lavoro, lavori usuranti, mercato del lavoro, ovvero le deleghe di traduzione dell’accordo sul welfare ) e l’attesa per le risposte “promesse” sul fisco e i redditi, dicono del perché tanto il sindacato ha insistito perché non si determinasse una fase di instabilità e di rinvio ad altro governo delle scelte di cui il paese ed i lavoratori hanno bisogno.

Si ha ora l’idea di aver avvicinato un obiettivo e di essere di nuovo sospinto ai margini.


Una situazione, questa attuale, difficile e dannosa che rischia di generare sfiducia e rassegnazione, e diffonde l’idea di un paese irriformabile. Un’idea a cui non ci possiamo rassegnare per tante ragioni, prima fra tutte per un ideale di giustizia.

A lungo si discuterà del bilancio di venti mesi di governo Prodi, dell’instabilità che l’ha caratterizzato, dei guasti che determina la frammentazione della politica, della mancata coesione e della non definizione di un profilo esplicito, ma anche del risanamento, della straordinaria lotta all’evasione fiscale che dava i suoi frutti, della ripresa pur faticosa e difficile della concertazione; ma le necessità del lavoro non possono essere rinviate a quel momento, ci vogliono risposte anche adesso.

Non è una domanda banale, nemmeno fatta immaginando che tanto nella competizione elettorale vedremo chi prometterà di più, è una necessità di rimettere in ordine e di dare senso di prospettiva a delle scelte.



Per questo il sindacato si mobiliterà il 15 febbraio, con una mobilitazione che continuerà, perché si faccia tutto quanto è possibile fare in questa fase e perché il lavoro non sparisca dall’agenda politica e dall’agenda del futuro governo.


Non sarà possibile, forse, evitare che i mesi che verranno vengano vissuti come tempo perso, pensiamo per esempio ai lavoratori pubblici che aspettano il contratto già scaduto, quello per cui dopo numerosi scioperi e manifestazioni nazionali si concluse l’accordo con il governo, che non si traduce ancora in contratti effettivi per i lavoratori e le lavoratrici.

L’oggi che si lega alla prospettiva, il 1° maggio sarà dedicato alla sicurezza sul lavoro, non una scadenza rituale, ma la necessità che non si perda quell’attenzione, che purtroppo non si è determinata per coscienza collettiva, sul fatto che non si può morire sul lavoro, che non ci possono essere persone che la mattina escono per andare al lavoro non sapendo se torneranno. La coscienza che non si può invocare la fatalità per mascherare disattenzione, negligenza, sfruttamento, volontà di risparmio sulla sicurezza dei lavoratori, non è diffusa. E nel 2006, come nel 2007 si è chiuso l’anno sull’onda del cordoglio e la condanna di chi faceva lavorare in condizioni di pericolo.

Ma già nel 2008 abbiamo ripreso a contare i morti, chiedere i provvedimenti, rafforzare i controlli. Investire in sicurezza è compito del governo uscente, ma è compito di tutti i soggetti responsabili se vogliamo dire con tranquillità di essere un paese civile.

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