Block Notes n. 17, ottobre 2010


Dipartimento Welfare e nuovi diritti della Cgil Lombardia
A cura di E. Lattuada, E. Naldi, G. Roversi e M. Vespa

In questo numero:
1. Dalla stampa di settore
Relazione sulla situazione economica 2009. I convenzionati costano cari
Obiettivi del Piano Sanitario Nazionale 2010: vincolati 776 milioni
Riuniti a Parigi gli Stati generali dell’Uehp, l’ospedalità privata della Ue
Fondazione Smith Kline. Rapporto 2010 su “Federalismo e sanità”
Cergas Bocconi. Salute per tutti a risorse stabili
Commissione paritetica sul federalismo. Costi standard, ecco l’identikit

2. Dalle Agenzie di stampa regionali
Screening colon retto, curati migliaia di adenomi
L’assessore Boscagli: persone della terza età sono risorsa sociale
Città della salute pronta entro il 2015

3. Dalle Agenzie di stampa nazionali
Censis: 4,1 milioni i disabili in Italia
Sanità: In Italia si spende il 9% del PIL, in Germania e Francia l’11%
Colozzi: riforma federalista bisogna farla partire con il piede giusto
L’evoluzione dei bisogni: quale welfare per il futuro?
Influenza A/H1N1v. Un articolo sulla risposta globale all’emergenza pandemica

4. Links:
“SOS Sanità”, www.sossanita.it

1. Dalla stampa di settore
Da “Il Sole 24ore Sanità” n. 20, del 25-31 maggio 2010
Relazione sulla situazione economica 2009. I convenzionati costano cari.
C’è la conferma dei 3,2 mld. di disavanzo nel 2009 nella relazione sulla situazione economica del Paese; in realtà il disavanzo sarebbe di 3,4 mld., ma ci sono regioni (8, tutte del centro Nord, salvo il Lazio che da solo presenta il 42% del deficit nazionale) con circa 147 mil. di avanzo. In media la spesa 2009 è cresciuta del 2,3% rispetto al 2008; l’aumento maggiore (+6,2%) è per l’“altra assistenza” (acquisti di prestazioni per assistenza termale, medicina dei servizi, assistenza psichiatrica, anziani, tossicodipendenti e alcolisti); seguono le spese per il personale convenzionato e accreditato: medicina generale (+4,9%) e specialistica (+5,1%), mentre i costi del personale dipendente aumentano del 2,5%. Unica voce a picco è la farmaceutica: -2%, dopo che nel 2008 era già calata del 2,7% rispetto al 2007. La spesa per il personale è stata di 36,132 mld., con un incremento del 2,7%, la spesa per beni e servizi di 32,275 mld., con un incremento del 2,9%: i beni aumentano del 6,5%, soprattutto per la distribuzione diretta dei farmaci, i servizi crescono del 3,5%. Il costo della medicina generale è aumentato del 4,9%, a seguito del rinnovo della convenzione per il 2006-07. La riduzione del 2% della spesa farmaceutica è dovuta alla riduzione del prezzo dei farmaci generici, all’azione dell’Aifa sulla determinazione dei prezzi dei farmaci, all’introduzione dei ticket in Calabria, Lazio ed Abruzzo e all’aumento della distribuzione diretta. L’aumento del 5,1% della specialistica è attribuito alla maggior fruizione in ambito ambulatoriale di alcune prestazioni ritenute inappropriate in ambito ospedaliero. Nel caso invece dell’ospedaliera accreditata l’aumento dello 0,7% è in rallentamento rispetto agli anni precedenti.

Da “Il Sole 24ore Sanità” n. 21, dell’1-7 giugno 2010
Obiettivi del Piano sanitario nazionale 2010: vincolati 776 milioni.
Il nuovo accordo con le Regioni per il 2010 conferma gli obiettivi del 2009, con l’aggiunta di quattro aree di intervento: malattie rare, volontariato, riabilitazione e salute mentale; alle cure primarie è confermato il 25% del finanziamento, pari a 1.4 mld. Per questo obiettivo l’indicazione principale è quella dell’associazionismo, che apre le porte ad un’assistenza integrata, scelta obbligata per ottimizzare il servizio e garantirne la continuità. All’interno del progetto è prevista l’implementazione dell’assistenza “H 24” per la riduzione degli accessi impropri al pronto soccorso, secondo modelli organizzativi che tengano conto delle caratteristiche territoriali e demografiche, dell’epidemiologia e della presenza di strutture ospedaliere. Gli altri vincoli finanziari riguardano: per il settore della non autosufficienza i pazienti con malattie neurologiche degenerative e invalidanti e quelli affetti da demenza. Seguono cure palliative e terapia del dolore, biobanche di tessuto umano, malattie rare e Piano nazionale per la prevenzione. Tra gli obiettivi la sanità penitenziaria ha un finanziamento a sé. Restano a carico dei rimanenti 676 mil. l’attività motoria per la prevenzione delle malattie croniche ed il mantenimento dell’efficienza nell’anziano, la tutela della maternità e l’appropriatezza del percorso nascita, la valorizzazione dell’apporto del volontariato, la salute mentale e la riabilitazione, per la quale è prevista la predisposizione di linee guida.

Da “Il Sole 24ore Sanità” n. 22, dell’8-14 giugno 2010
Riuniti a Parigi gli Stati generali dell’Uehp, l’ospedalità privata della Ue.
Per la prima volta si sono riuniti gli oltre 400 rappresentanti delle 4.500 strutture sanitarie private attive in Europa, che detengono circa un quarto (23%) dei posti letto di degenza nei 27 Paesi dell’Unione. L’occasione è stata offerta dalla Uehp (Unione europea dell’ospedalità privata), che ha convocato a Parigi gli stati generali del settore per discutere di libero accesso, qualità delle cure, accreditamento, con l’obiettivo di individuare le linee di una progressiva convergenza. L’ospedalità privata rappresenta dal 20 al 35% dell’offerta in Italia, Austria, Grecia e Portogallo, supera il 35% in Francia e Germania, tocca il 50% in Spagna, (con una punta del 68% in Catalogna), è maggioritaria in Olanda, Belgio e Lussemburgo. Già dal 2004 gli ospedali pubblici del Regno Unito hanno adottato sistemi di gestione più vicini a quelli delle istituzioni private, con cui è inoltre aumentato il numero delle convenzioni. Importante il ruolo del settore giocato sul fronte dell’occupazione: 600mila persone in Italia, 1,2 mil. In Germania e Francia, 420mila in Spagna, oltre 280mila in Olanda. Il congresso è servito a mettere a fuoco le prime sfide: la creazione di partnership pubblico-privato, i processi di accreditamento, i criteri di valutazione qualitativa, la libera scelta dei cittadini, le soluzioni per affrontare la sfida dell’invecchiamento della popolazione e le politiche di accesso all’assistenza sanitaria, che nessun sistema sanitario potrà permettersi di eludere.

Da “Il Sole 24ore Sanità” n. 23, del 15-21 giugno 2010
Fondazione Smith Kline. Rapporto 2010 su “Federalismo e sanità”.
Il Rapporto sanità di quest’anno ha approfondito il tema del federalismo in sanità, da tempo all’attenzione di politici, studiosi ed operatori sanitari, ma con numerosi aspetti da chiarire, soprattutto alla luce della legge delega 42/2009. Nel processo di sviluppo del federalismo sono state individuate quattro fasi rilevanti: la prima si colloca negli anni novanta, con le prime norme sul federalismo fiscale e l’obiettivo di sostituire il sistema del trasferimento finanziario delle risorse per la sanità con risorse proprie delle Regioni; la seconda è caratterizzata dalla riforma del Titolo V della Costituzione, con l’ampliamento dell’autonomia regionale; la terza coincide con il consolidamento del “sistema pattizio” tra i due livelli di governo ed il trasferimento della sede della programmazione negli accordi Stato-Regioni; la quarta è quella attuale e consiste nell’attuazione della legge delega per il federalismo fiscale. I problemi aperti riguardano: l’entità e la sufficienza del finanziamento dei Lea, la scelta del criterio di calcolo dei costi standard dei Lea, l’esplicitazione del significato del superamento del criterio della spesa storica per il finanziamento del Ssn, già avviato da tempo. Considerate le difficoltà oggettive per l’individuazione di una formula per calcolare i costi standard, si suggerisce di introdurre una fascia di oscillazione dei costi standard, con un margine di tempo dato per recuperare le inefficienze. Inoltre, considerando le ricadute che le norme sul federalismo potranno avere sull’erogazione dei servizi e sul rapporto tra diritto alla salute e reale esigibilità da parte dei cittadini, si dovrà affrontare il nodo della garanzia dei diritti soggettivi a livello nazionale.

Da “Il Sole 24ore Sanità” n. 24, del 22-28 giugno 2010
Cergas Bocconi. Salute per tutti a risorse stabili.
L’accesso universale ai servizi sanitari e alle cure primarie rimane ancora un sogno per la maggior parte della popolazione mondiale, anche nei Paesi più ricchi. Gli Usa spendono per la sanità il 19% del Pil, eppure 32 milioni di americani non hanno alcuna copertura sanitaria. Una buona copertura sanitaria non dipende dal Pil, ma dall’affermazione di sistemi sanitari orientati al riconoscimento della salute come diritto fondamentale. La volontà politica di raggiungere questo ambizioso obiettivo è stata espressa dal G8 all’Aquila. Già a Hokkaido nel 2008 l’attenzione si era concentrata sulla necessità di affrontare le criticità dei sistemi sanitari, con l’indicazione della copertura sanitaria universale; l’Italia ha ora offerto un obiettivo concreto da raggiungere. L’obiettivo della copertura universale è condiviso dalla fondazione Rockfeller, che ha sostenuto l’iniziativa di ricerca guidata dal Gruppo di salute globale dell’Università Bocconi, con la collaborazione dell’Oms. Nell’ottica dell’individuazione degli strumenti concreti per il raggiungimento dell’accesso universale, la ricerca è stata impostata su tre linee principali: il finanziamento della sanità, il governo dei processi ed il management dei sistemi sanitari ed il superamento delle barriere sociali. La prima ricerca, condotta da esperti dell’Oms, oltre a sottolineare la necessità di maggiori risorse per i sistemi sanitari, ha messo in luce i meccanismi per assicurare maggiore efficienza all’interazione tra risorse domestiche e internazionali, che per alcuni paesi sono una componente essenziale del budget sanitario. E’ possibile individuare alcuni principi generali per raggiungere questo obiettivo: la disponibilità di risorse stabili e programmabili, la riduzione della spesa diretta, maggiore equità ed efficienza nella raccolta. La seconda ricerca, condotta dalla Bocconi, ha analizzato i processi decisionali ed il management dei sistemi sanitari ed indicato la necessità di leadership orientate al riconoscimento della salute come diritto, di un settore pubblico forte, che potrebbe evitare che le risorse finiscano nelle mani di interessi minoritari, di processi decisionali inclusivi e partecipati e di investire nella capacità di gestione dei servizi. Il terzo pilastro della ricerca è stato svolto da ricercatori della Massey University della Nuova Zelanda, che hanno individuato approcci atti al superamento delle barriere sociali all’accesso alla salute.

Da “Il Sole 24ore Sanità” n. 25, del 29 giugno-5 luglio 2010
Commissione paritetica sul federalismo. Costi standard, ecco l’identikit.
Sarà un sistema “a cascata” a definire i costi standard con una sola oppure un “pool di Regioni performanti” a fare da “standard ottimale di riferimento”. Per la Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale il modello dall’alto è il percorso “più affidabile, realistico e soprattutto fattibile” per costruire il nuovo totem della Sanità: il costo standard. Per dividere una torta che vale più di 100 mld. all’anno si procederà innanzitutto con la fissazione del “fabbisogno standard nazionale” in rapporto al Pil, poi con lo stabilire il perimetro dei Lea “economicamente sostenibili” ed infine con la definizione dei “fabbisogni standard regionali”. L’ipotesi prevede la determinazione di una “quota sanitaria ponderata”, un pro-capite in base agli abitanti “pesato” per classi di età e sesso, “con i pesi determinati dai consumi delle principali variabili della spesa sanitaria”, da quella per i farmaci ai ricoveri in ospedale, fino alla specialistica ambulatoriale. Oggi il fondo sanitario è ripartito per il 50% con una quota “secca” (tot per abitante) e per circa il 45% considerando l’età della popolazione; ora l’obiettivo è quello della pesatura del 100% delle componenti di spesa”. Lo “standard ottimale di riferimento” sarà però ricavato dai numeri di una regione modello (in pole position la Lombardia) o in alternativa da “un pool di regioni performanti” (Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto). Saranno poi necessari: una governance federalista forte, responsabilizzazione, monitoraggio, controlli e sanzioni.

2. Dalle Agenzie di stampa regionali
Da “Lombardia notizie”, notiziario della giunta regionale del 21 ottobre 2010
Screening colon retto, curati migliaia di adenomi. Nel 2008-09 diagnosticati 1760 cancri (22% in forma precoce)
Grazie all’attività di screening messa in atto da Regione Lombardia, nel biennio 2008-2009 sono stati diagnosticati e curati 1.760 casi di cancro del colon retto, di cui il 22% circa in forma precoce (adenomi cancerizzati) e 10.170 adenomi a rischio di trasformazione neoplastica. I numeri, che per il 2008 rappresentano oltre un terzo delle lesioni identificate dallo screening in Italia, testimoniano il grande sviluppo di questa attività in Lombardia, ottenuto grazie all’impegno di Asl, ospedali, case di cura, medici di famiglia, farmacie e associazioni, mettendo sempre al centro le persone e le loro esigenze. Il carcinoma del colon retto è il secondo tumore in ordine di frequenza in Italia e in Lombardia, dopo quello della mammella per le donne e quelli di prostata e polmone negli uomini. Può essere prevenuto e diagnosticato precocemente grazie ad un test semplice ed efficace. Per questo dal 2005 in Lombardia tutte le Aziende Sanitarie Locali hanno attivato programmi di screening con risultati soddisfacenti: tutte le persone residenti tra i 50 ed i 69 anni di età (oltre 2.400.000 in Lombardia) vengono invitate ad effettuare ogni due anni una ricerca del sangue occulto nelle feci. Il test, gratuito e ritirabile in farmacia, permette di identificare lesioni precancerose e tumori in stato molto precoce, trattabili con interventi poco invasivi e dunque con prognosi migliore.

Da “Lombardia notizie”, notiziario della giunta regionale del 22 ottobre 2010
L’assessore Boscagli: persone della terza età sono risorsa sociale
Ogni anno in Lombardia 40.000 persone superano la soglia dei 75 anni. Gli over 75 costituiscono il 9% della popolazione ma “pesano” per il 22% sui ricoveri e il 28% sulla spesa sanitaria. La percentuale maggiore di persone non autosufficienti si colloca tuttavia nella fascia degli ultraottantenni dove appare anche evidente il maggior ricorso all’istituzionalizzazione e ai servizi preposti alla cronicità. È il quadro tracciato dall’assessore regionale alla Famiglia, Conciliazione, Integrazione e Solidarietà Sociale, Giulio Boscagli, nel suo intervento al Convegno internazionale “Longevity: modelli di Welfare a confronto. Milano, Francoforte, Madrid, Parigi”, promosso dal Comune di Milano e dal Pio Albergo Trivulzio e ospitato a Palazzo Marino. Nuovo welfare. Il numero dei posti letto nelle 650 RSA in Lombardia è di oltre 56.000, pari a quello di tutte le altre Regioni italiane messe insieme. “Una rete che intendiamo consolidare, ha detto l’assessore regionale, insieme al potenziamento dei Centri diurni integrati sul territorio e i servizi di assistenza domiciliare: quei servizi cioè che possono aiutare l’anziano a rimanere il più a lungo possibile a casa sua”. La fascia 65-74 è oggi rappresentata da persone in uno stato di salute migliore rispetto a quello autoriferito e rilevato dall’indagine Multiscopo dell’ISTAT del 2005, grazie anche ad una campagna capillare sui corretti stili di vita e sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari. “Ci dobbiamo attendere - ha sottolineato Boscagli - che questa popolazione arrivi all’età ‘critica’ con un livello di autonomia e di capacità funzionali migliori di quelle oggi rilevate a parità di fascia di popolazione. Questi scenari devono essere affrontati con politiche di welfare che rispondano alle problematiche connesse alla non autosufficienza, ma al tempo stesso sappiano intervenire laddove sono presenti condizioni di fragilità sociale: vogliamo attuare politiche che valorizzino la persona anziana come risorsa, capace di produrre beni relazionali e capitale sociale”. I nuovi modelli indicati dall’assessore regionale prevedono “La promozione di politiche di welfare più complesse, in grado di superare la settorializzazione con una programmazione trasversale”. È quanto già inserito nel Programma Regionale di Sviluppo per la IX Legislatura, proposto dalla Giunta e recentemente approvato dal Consiglio regionale lombardo, e che vede interagire politiche per la salute, per la casa e l’abitare, per il lavoro, per l’innovazione del sistema dei servizi, che complessivamente concorrono alla produzione del benessere delle persone, anche delle persone anziane e delle loro famiglie. Anziani risorsa sociale. “Supportare la famiglia nel suo lavoro di ‘cura’, ha spiegato l’assessore Boscagli, vuole anche dire promuovere politiche di conciliazione famiglia-lavoro che valorizzino tutti gli interventi e tutti i soggetti che contribuiscono a rendere reciprocamente compatibili impegni di lavoro e impegni per la famiglia. La persona anziana può essere destinataria di cure nelle situazioni di maggiore fragilità ma anche risorsa che aiuta nella cura, sia nei confronti dei figli e dei nipoti, sia nei confronti della comunità attraverso progetti ed interventi che potremmo definire di longevità attiva”. A questo proposito l’assessore ha detto che si sta lavorando alla stesura di un protocollo d’intesa con ANCI e con le associazioni più importanti che promuovono l’”invecchiamento attivo” (come Auser e Anteas, per esempio) finalizzato ad un coinvolgimento attivo degli anziani, nell’ambito della vita sociale cittadina, anche attraverso la realizzazione di specifici progetti. Modelli a confronto. I lavori del convegno si sono svolti alla presenza di oltre 200 rappresentanti di enti pubblici e amministrazioni locali italiani e degli assessori al Welfare delle città di Madrid, Parigi e Francoforte intervenuti per affrontare il problema dell’invecchiamento della popolazione e per confrontarsi sui nuovi modelli di assistenza agli anziani. Al convegno è stata presentata la ricerca condotta da Hans Martens, Chief Executive dell’European Policy Centre (EPC), Centro Studi indipendente, con sede a Bruxelles, dedicato allo studio e alle ricerche sull’armonizzazione delle politiche dei Paesi dell’Unione Europea. L’indagine ha evidenziato prospettive e problematiche emergenti nell’Europa che invecchia e confrontato le esperienze innovative nell’assistenza sanitaria e sociale alle persone sopra i 65 anni in diversi Paesi del mondo. I dati presentati mostrano un sempre maggiore assottigliamento della fascia di popolazione in età lavorativa che si ridurrà del 20%-25% nei prossimi 50 anni, con una conseguente diminuzione del gettito fiscale. La popolazione sopra gli 80 anni nello stesso arco temporale triplicherà e il numero degli anziani non autosufficienti raddoppierà. Dunque, l’Europa del futuro vedrà maggiori diseguaglianze sociali. La ricerca ha inoltre evidenziato come venga percepito il problema da parte della popolazione Europea annotando convergenze e differenze tra i vari paesi dell’Unione. Ne è emerso che gli europei hanno in comune la speranza di rimanere a casa propria, assistiti o meno, il più a lungo possibile. Aspettativa condivisa e promossa dai Governi degli Stati Europei anche perché sensibilmente meno onerosa.

Da “Lombardia notizie”, notiziario della giunta regionale del 25 ottobre 2010
Città della salute pronta entro il 2015
Prende il via ufficialmente il progetto della Città della Salute e della Ricerca, il nuovo polo sanitario pubblico che riunirà gli ospedali Sacco, Besta e Istituto dei Tumori, nell’area attualmente occupata dal Sacco. Lo ha annunciato oggi il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, dopo aver incontrato in mattinata, insieme all’assessore alla Sanità Luciano Bresciani, i vertici del Consorzio che ha il compito di curare la realizzazione del complesso e i tre enti fondatori (Sacco, Besta e Tumori). “Si tratta, ha detto Formigoni, del più grande progetto sanitario del nostro Paese, in grado di unire, secondo le visioni più avanzate, le funzioni di salute, ricerca, didattica, assistenza e cura. Non si tratta di un semplice trasferimento di sede o della sommatoria di tre istituti, ma di tre eccellenze che si mettono insieme, esaltando i valori di sinergia e collaborazione, pur mantenendo, ciascuna, le proprie peculiarità. Le eccellenze di ogni istituto saranno valorizzate e si creerà un’eccellenza di livello superiore”. Formigoni ha ricordato come la Città della Salute e della Ricerca sarà “un nuovo polo sanitario pubblico” dedicato alla ricerca e cura su malattie infettive, neurologiche e oncologiche, che realizzerà una “fortissima sinergia tra i tre Istituti e anche l’Università”, grazie alla presenza, già ben consolidata al Sacco, del terzo polo universitario della Facoltà di Medicina di Milano. I numeri. Il complesso occuperà 220.000 metri quadri di superficie per le funzioni di ricerca, di cura, per le strutture di ospitalità e per i servizi. Altri 70.000 metri quadri di superficie saranno dedicati a parcheggi, impianti tecnologici e all’asilo nido aziendale. I posti letto complessivi saranno 1.405 (Besta 250, Tumori 505, Sacco 650), quasi un centinaio in più degli attuali (Besta 223, Tumori 482 e Sacco 604). Gli organici dei tre Istituti saranno mantenuti ai livelli attuali. Tempi e finanziamenti. È stato da poco concluso e approvato il Documento Preliminare alla Progettazione (DPP) ed è in corso di elaborazione lo Studio di fattibilità del progetto, per il quale a brevissimo verrà indetta la gara. Confermati i tempi di realizzazione della struttura con l’inizio dei lavori nel 2012 e il completamento entro il 2015. Confermate anche le cifre dell’investimento e il grande impegno finanziario di Regione Lombardia. Su un costo totale di 520 milioni, 230 milioni vengono stanziati da Regione Lombardia, 40 sono a carico dello Stato e 250 verranno da investimenti privati.

3. Dalle Agenzie di stampa nazionali
Dalla Conferenza delle Regioni: http://www.regioni.it/newsletter
Regioni.it n. 1669 del 20 ottobre 2010
Censis: 4,1 milioni i disabili in Italia
Sono 4,1 milioni le persone disabili che vivono in Italia, secondo le stime del Censis e della Fondazione Cesare Serono, pari al 6,7% della popolazione. Il Centro studi investimenti sociali lo rende noto e il dato è frutto della rilevazione a campione effettuata telefonicamente su 1500 persone. Un dato che supera non di poco quello diffuso dall’Istat a maggio scorso: secondo l’Istituto di statistica i disabili in Italia sono 2,6 milioni, pari al 4,8 % della popolazione, numero riferito al 2004, in base all’analisi multiscopo sulle “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari”, integrata con i dati dell’indagine sui “Presidi residenziali socio-assistenziali”, che fa riferimento alle persone di età superiore ai 6 anni. “Le disabilità tra immagini, esperienze e emotività” è il titolo del primo rapporto di ricerca che il Censis dedica all’argomento. Prese a riferimento le conoscenze su quattro tipologie di disabilità collegate a sindrome di Down, malattia di Parkinson, sclerosi multipla e autismo. Il primo pensiero di fronte a una persona, giovane o adulta, con disabilità motoria? Potrebbe aver avuto un incidente per il 68,7% del campione, una malattia dalla nascita per il 14,2%, potrebbe aver contratto una malattia neurologica in età adulta per l’11,1%. Una percezione lacunosa e distorta, avverte il Censis. “Sebbene gli incidenti rappresentino una causa frequente di disabilità, il fatto che solo un italiano su dieci pensa a patologie neurologiche (come la sclerosi multipla, l’ictus o la malattia di Parkinson), che invece hanno un peso rilevante nel determinare la disabilità nelle fasce d’età giovanili e adulte, è sintomo di una percezione riduttiva e deformata”. La maggioranza degli italiani ha una immagine della disabilità esclusivamente in termini di limitazione del movimento (62,9%), il 15,9% pensa a una disabilità intellettiva (il ritardo mentale o la demenza), il 2,9% a una disabilità sensoriale (sordità o cecità), mentre il 18,4% associa il concetto a un deficit plurimo, combinazione di due o più disabilità. Le persone disabili suscitano in gran parte degli italiani sentimenti positivi, solidarietà (per il 91,3%), ammirazione per la loro forza di volontà e la determinazione che comunicano (85,9%), desiderio di rendersi utili (82,7%). La metà del campione (50,8%) afferma di provare tranquillità, di fronte a una situazione ritenuta ‘normale’. Ma sono diffusi anche sentimenti controversi, imbarazzo e disagio. Il 54,6% degli italiani prova paura, per l’eventualità di potersi trovare un giorno a dover sperimentare la disabilità in prima persona o nella propria famiglia. Poi c’è il timore di poter involontariamente offendere o ferire la persona disabile con parole e comportamenti inopportuni (34,6%). Il 14,2% degli italiani afferma di provare indifferenza, perché il problema della disabilità non li tocca minimamente. “L’accettazione sociale della disabilità è legata alla capacità di presa in carico da parte delle istituzioni”. Livia Turco, della commissione Sanità della Camera dei deputati, é intervenuta così, a Roma, alla presentazione del rapporto Censis sulla disabilità. “Sul tema della disabilità ho vissuto in prima persona la lontananza della politica dalle famiglie, ha proseguito Turco, e oggi la situazione è peggiorata perché siamo di fronte alla drammaticità di una totale cancellazione delle politiche sociali, della mancata applicazione della legge quadro 328, dell’assenza di livelli essenziali di assistenza sociale. Nonostante la presenza di un panorama di grande esperienza territoriale, io credo sia aumentata la solitudine delle persone e delle famiglie che vivono una disabilità, specialmente se si tratta di disabilità intellettiva”. “Il sociale continua ad essere una Cenerentola” ha sottolineato Lorena Rambaudi, coordinatrice della commissione Affari sociali alla Conferenza delle regioni e delle province autonome, indicando l’assenza di risorse come il problema principale all’attuazione di progetti per sopperire ai bisogni delle persona con disabilità. ‘‘La maggiore criticità - ha precisato - è costituita dalla compartecipazione alla spesa su cui Governo e Regioni dovrebbero riflettere e fare sistema”.
Link: http://www.regioni.it/mhonarc/details_news.aspx?id=193971

Regioni.it n. 1670 del 21 ottobre 2010
Sanità: In Italia si spende il 9% del PIL, in Germania e Francia l’11%.
Investire nel Centro-sud sulle infrastrutture, puntando al project financing per gli ospedali, in tecnologie hi-tech e nell’informatizzazione: è questa la strada maestra se si vuole puntare a un modello federalista di sanità, che mira a risanare il servizio, generando allo stesso tempo buona occupazione. La ricetta è contenuta nel rapporto “Il mondo della salute tra governance federale e fabbisogni infrastrutturali”, realizzato dal gruppo bancario Intesa San Paolo e Cerm e presentato il 20 ottobre a Roma. Secondo lo studio, che analizza il sistema di salute italiano evidenziandone le criticità, per vincere la sfida del federalismo bisogna pensare “a un percorso transitorio di perequazione per il sud per le infrastrutture sanitarie”. Perché “investire in sanità conviene per l’economia: ogni euro speso ne genera 1,70”. Ma per farlo, prima, “è necessario fissare i costi standard e un sistema di benchmarking tra Regioni che, una volta perfezionato, possa sostenere un sistema di perequazione basato sulla riduzione delle differenze di Pil pro-capite”. Il rapporto, quindi, ricalca in parte quanto previsto in uno dei decreti sul federalismo fiscale, quello sui costi standard della sanità, su cui la Conferenza delle Regioni sta discutendo. Al centro del dibattito la scelta delle regioni benchmark. Nella tabella contenuta nello studio di Intesa San Paolo, secondo quanto riportato dalla agenzia Dire, le più efficienti sono Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Umbria, Piemonte, Marche e Toscana, a cui si aggiungono Emilia Romagna e Veneto. Le peggiori, invece, sono Campania, Sicilia, Puglia, Calabria e Lazio. La Basilicata, indicata come possibile regione benchmark del Sud, si colloca a metà tra questi due schieramenti. In ogni caso una scelta andrà fatta, anche perchè si parla di un settore da 142 miliardi di euro di spesa pubblica e privata, 1,65 milioni di occupati, come valore il 12% del pil nazionale, considerando anche l’indotto. “Nei prossimi decenni tutti i Paesi a economia e welfare sviluppati dovranno fronteggiare costi per la sanità fortemente crescenti, con trend potenziali che nel lungo periodo, 2050-2060, in Italia potrebbero giungere a raddoppiare l’incidenza della componente pubblica sul Pil”. Nello stesso rapporto Intesa San Paolo emergerebbe che nel giro di 50 anni “il peso della spesa sanitaria si avvicinerebbe a quello della spesa pensionistica, che si dovrebbe stabilizzare al 14% del Pil”. “Nel 2008, si legge nel rapporto, la spesa sanitaria complessiva è stata in Italia pari al 9% del Pil, meno di quanto speso da Germania e Francia (entrambe all’11%) e dagli Stati Uniti (16%)”, mentre per quanto riguarda la scomposizione tra spesa pubblica e privata, il nostro Paese risulta in linea con i principali Paesi europei: “in Italia nel 2009 l’incidenza è stata pari al 77,3%, in Francia al 77,8% e in Germania al 76,8%”.
Link al Rapporto “Salute 2010”: http://www.regioni.it/mhonarc/details_misc.aspx?id=71357

Regioni.it n. 1673 del 26 ottobre 2010
Colozzi: riforma federalista bisogna farla partire con il piede giusto.
Da almeno 10 anni la Conferenza delle Regioni lavora e promuove il federalismo. Che il federalismo sia la riforma più importante “è chiarissimo”, afferma il coordinatore della Commissione Affari finanziari della Conferenza delle regioni, Romano Colozzi. Ma il rischio è che “quella che doveva essere la madre di tutte le riforme diventi un guscio vuoto”, per il discostarsi dalla delega del testo del decreto legislativo sul federalismo fiscale. Colozzi sottolinea: “vogliamo evitare errori che possano compromettere fondamenti della riforma”, che possano provocare “facili ricorsi” davanti alla Corte Costituzionale. Ciò è possibile perché il “decreto legislativo incorpora i tagli previsti dalla manovra”. In questo senso va letta la richiesta di un incontro urgente con il Governo: “lo spirito è assolutamente collaborativi, sottolinea Colozzi, perché da nessuna regione ho sentito la volontà di rallentare o di boicottare la riforma federalista. Anzi bisogna farla partire con il piede giusto e senza intoppi”. Quindi la bozza di decreto sul federalismo fiscale differisce dalla legge delega su un punto fondamentale. “Nella legge delega venivano individuate due tipi di spesa per il bilancio delle Regioni, spiega Colozzi, la sanità, l’assistenza, l’istruzione e il trasporto pubblico locale, per i quali si prevedeva una perequazione al 100%. Per le restanti materie era prevista la trasformazione dei trasferimenti in percentuali di tributi da attribuire alle Regioni senza perequazione”. Il decreto legislativo rendendo esplicito che incorpora i tagli previsti dalla manovra, ribadisce Colozzi, rende evidente, in sostanza, che non ci siano più risorse sufficienti per queste materie.

Newsletter del “Centro Maderna” http://www.centromaderna.it/
Indice della Newsletter del 21.10.2010. Percorsi di formazione per il sostegno dei caregivers formali e informali. Quando Internet rivoluziona il welfare. Cellule più pulite contro Parkinson ed Alzheimer. L’evoluzione dei bisogni: quale welfare per il futuro?
L’evoluzione dei bisogni: quale welfare per il futuro? (Centro Maderna)
Il Rapporto Censis “Gli scenari del welfare. Tra nuovi bisogni e voglia di futuro” 2010, presenta i risultati finali del progetto “Vecchi e nuovi scenari del welfare: voglia di futuro”, commissionato al Censis dal Forum ANIA - Consumatori. Il documento si articola in tre parti, che corrispondono alle fasi principali in cui si è snodato il percorso di ricerca. Per ricostruire quali siano gli attuali scenari del welfare e per capire come questi possano evolvere sono stati studiati i tre soggetti principali del welfare: le persone, le imprese e gli enti che erogano servizi socio sanitari e i Comuni, che costituiscono la prima linea del versante pubblico nel rapporto con la grande utenza sociale. Scarica il Rapporto Censis “Gli scenari del welfare”: http://www.infohandicap.org/infohandicap-docs/contenuti/comune/2010/Gli_scenari_del_welfare300910.pdf

Da “Epicentro-Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute” dell’Istituto Superiore di Sanità: http://www.epicentro.iss.it/default.asp
Epicentro é uno strumento di lavoro per gli operatori di sanità pubblica, messo a punto dal Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Cnesps) dell’Istituto superiore di sanità, nell’ambito del progetto per un osservatorio epidemiologico nazionale. È un portale di epidemiologia che offre aggiornamenti rapidi su differenti argomenti di salute.
Sul numero 361 del 21 ottobre 2010. Influenza A/H1N1v. Notiziario del 21 ottobre 2010: dalla rivista PlosMedicine un articolo sulla risposta globale all’emergenza pandemica. Pandemia e misure di sanità pubblica: se ne parla in un workshop in Tunisia. Episouth plus al via. 15 ottobre: presentato il progetto EpiSouth Plus, che potenzia la rete degli epidemiologi EpiSouth per monitorare i rischi sanitari nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. All’Iss il coordinamento. Passi: rapporto nazionale 2009. Continua la pubblicazione del rapporto nazionale Passi 2009. Per la sezione “Guadagnare Salute”, è ora disponibile il capitolo dedicato all’attività fisica. Per i dettagli, consulta il sito Passi.
Influenza A/H1N1v. Un articolo sulla risposta globale all’emergenza pandemica
Pubblicato su PlosMedicine il 5 ottobre 2010 uno studio a cura di due ricercatori della Food and Health Bureau di Hong Kong e dell’Ecdc che presenta alcune riflessioni sulla pandemia di A/H1N1v e sulla risposta internazionale all’emergenza. Gli autori confermano l’importanza di puntare sulla comunicazione chiara di messaggi di salute pubblica e sulla raccolta e sulla condivisione dei dati epidemiologici e immunologici. Inoltre, è ribadita l’esigenza di basare le decisioni di carattere emergenziale sulle migliori evidenze disponibili al momento e di rendere l’accesso ad antivirali e vaccini contro l’influenza più esteso e tempestivo a livello globale.

4. Links
“SOS Sanità”, www.sossanita.it
Le news del 24 ottobre 2010.
Seminario di studio su: “Gli effetti in Sanità del decreto su Federalismo fiscale, costi e fabbisogni standard”, lunedì 22 novembre 2010. Interventi di: Aldo Ancona, Cesare Cislaghi, Nerina Dirindin, Stefano Cecconi.
 

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