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Lavoratori frontalieri, i sindacati lanciano l’allarme

La conferenza stampa questa mattina alla Camera del lavoro di Varese
 

Dopo le polemiche contro i frontalieri in terra ticinese, prima definiti “ratt” dall’Udc svizzero, e poi attaccati dalla Lega dei Ticinesi di Bignasca, ora i sindacati dicono basta. Questa mattina i vertici sindacali italiani dei frontalieri, Paolo Lenna per la Cgil, Osvaldo Caro per la Cisl e Marco Molteni per la Uil, hanno fatto il punto della situazione e hanno cercato di fare ordine in una materia molto complessa. I frontalieri italiani che lavorano nel Cantone sono circa 50 mila, e di questi ben 16 mila arrivano dal Varesotto. “I sindacati italiani – dicono i vertici riuniti alla Camera del lavoro di Varese – intendono difendere e tutelare i lavoratori e le lavoratrici che rischiano, se non si pone un freno alla campagna xenofoba alimentata oltre confine, di dover subire vessazioni e ingiustizie, oltre quelle che già subiscono”.
Una situazione grave, quella dei frontalieri, sui quali i sindacati Cgil, Cisl e Uil intendono lanciare un allarme. E lo faranno in un incontro con il Prefetto di Varese, Simonetta Vicari, alla quale hanno chiesto di essere ricevuti per sollecitare una diversa attenzione nei confrinti di lavoratori che, a sentire l’Associazione degli Industriali Ticinesi, sono indipensabili all’economia del Cantone e non pesano sulle istituzioni dato che rientrano in Italia al termine della giornata di lavoro.
A convincere i sindacati a lanciare l’allarme, le polemiche sollevate da Bignasca rispetto alla Convenzione tra Italia e Svizzera che prevede una serie di regole in matreria di lavoro, fisco, compensazione tributaria ed altro. Una Convenzione in base alla quale lo Stato elvetico ristorna allo Stato Italiuano il 38-40% delle imposte versate che vanno in gran parte ai Comuni nella fascia di 20 chilometri dal confine con più del 4% di residenti frontalieri.

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