Block Notes n. 3, febbraio 2012

 
Dipartimento Welfare e nuovi diritti della Cgil Lombardia
A cura di E. Lattuada, E. Naldi, G. Roversi e M. Vespa

In questo numero:
1. Dalla stampa di settore
I numeri dell’Alzheimer nel Rapporto mondiale 2011
Lombardia. Accordo sui medici di base, ma firma solo la Fimmg
Mmg. Il gruppo? E’ più virtuale che reale
La bomba del turismo sanitario 
Emilia Romagna. Case della salute a rapporto
MMG verso il ricambio totale
Programma nazionale esiti. Ospedali, ricoveri sotto esame

2. Dalle Agenzie di stampa regionali
Politiche sociali, debutta il Fattore Famiglia
Area ex Falck a Sesto possibile per Città della salute
No delle opposizioni al “Fattore Famiglia” che peserà sui cittadini lombardi
Passa in aula il Fattore Famiglia: peserà sulle spalle dei cittadini e dei comuni
Le mani della Regione sulle Asp lombarde
Ragioneria generale dello Stato. Il Ssn perde 5.210 operatori

3.Links
UniBocconi.it

1. Dalla stampa di settore
Da “Il Sole 24ore Sanità” n. 35, del 20-26 settembre 2011
I numeri dell’Alzheimer nel Rapporto mondiale 2011.
Secondo il Rapporto mondiale 2011, dedicato a “I benefici di diagnosi e interventi tempestivi”, i tre quarti dei 36 milioni di malati di Alzheimer non hanno ricevuto una diagnosi e non possono quindi beneficiare di trattamenti, informazioni e cure. Nei Paesi ad alto reddito la % di casi di demenza riconosciuti e documentati è pari al 20-25%, mentre nei Paesi a reddito basso o medio la % è solo del 10%. La mancata diagnosi deriva spesso dalla convinzione che la demenza sia parte del normale invecchiamento e che non ci sia nulla da fare, mentre il rapporto 2011 dimostra che trattamenti mirati possono fare la differenza, anche nello stadio iniziale della malattia. Il rapporto stima che nei Paesi ad alto reddito, realizzando una serie di interventi, sarebbe possibile risparmiare 10.000 dollari per malato. L’Alzheimer Disease International raccomanda una strategia fondata su cinque azioni: 1. promuovere tra gli operatori competenze di base per una diagnosi tempestiva, 2. creare network di centri diagnostici specialistici per confermare la diagnosi di demenza allo stadio iniziale e creare piani di cura, 3. utilizzare, se necessario, le linee guida Oms per le diagnosi dirette a operatori non specializzati, 4. informare sugli interventi Ebm (medicina dell’evidenza), 5. aumentare gli investimenti per la ricerca.

Da “Il Sole 24ore Sanità” n. 36, del 27 settembre-3 ottobre 2011
Lombardia. Accordo sui medici di base, ma firma solo la Fimmg.
Scompare in Lombardia l’associazionismo semplice tra medici di famiglia e la quota riconosciuta per l’adesione al Siss, con l’obbligo di effettuare l’85% delle prestazioni tramite il sistema informativo regionale, passa da 3 a 1,25 euro l’anno per assistito. Cambia il rapporto ottimale, che diventa di un Mmg ogni 1.300 abitanti, con la possibilità, per i medici con meno di 1.200 scelte, di continuare a fare un turno di guardia medica di 12 ore settimanali (24 ore se le scelte sono meno di 900). Sono le principali novità dell’accordo regionale per la medicina generale 2011-2012, siglata il 13 settembre 2011 tra Regione e Fimmg, unico sindacato che ha accettato di firmare. Le altre sigle: Smi, Umi, Intesa Sindacale (Cisl medici, FP Cgil medici, Simet, Sumai) e Snami denunciano che con l’accordo viene pesantemente disincentivato l’utilizzo del Siss sia negli aspetti economici che nella prospettiva di integrazione del percorso assistenziale. Se la Fimmg minimizza il superamento dell’associazionismo semplice (650 medici, collocati soprattutto in area metropolitana), le altre sigle denunciano che “la cancellazione delle forme associative semplici, anche di quelle già costituite, e del relativo riconoscimento economico crea un precedente inquietante: la Regione decide in maniera autonoma di cancellare norme contenute nell’Accordo nazionale”, come succede anche nel caso dell’organizzazione della reperibilità e del rapporto ottimale. I sindacati non firmatari chiedono ora la riapertura del tavolo con la Regione.

Da “Il Sole 24ore Sanità” n. 37, del 4-10 ottobre 2011
Studio Fimmg. Mmg. Il gruppo? E’ più virtuale che reale.
Le aggregazioni funzionali dei MMG, più virtuali che reali, sono presenti in circa la metà del Paese. A dispetto delle convenzioni e degli accordi locali, i modelli strutturali delle cure territoriali stentano a decollare. E’ quanto risulta da un’indagine del Centro studi Fimmg, che ha raccolto i dati da 76 sezioni provinciali su 110 (70% del territorio nazionale). Le aggregazioni funzionali (o équipe territoriali o Unità o Nuclei o Gruppi di cure primarie) risultano implementate in metà delle sezioni, con marcate differenze: se il Nord è in linea col dato nazionale, il Centro registra l’en plein (aggregazioni presenti nell’89% dei casi), mentre il Sud segnala una vistosa mancanza (attivazione nel 21% dei casi). Molto meno diffusi altri modelli come le Uccp: il 76% delle sezioni ne è sprovvisto (92% al Sud, ma il 37% al Centro). Le attività su cui sia le aggregazioni funzionali, sia le Uccp sono prevalentemente orientate sono: l’organizzazione, l’accessibilità e la medicina di iniziativa. Per il 71% delle aggregazioni funzionali e per il 62% delle Uccp esistono accordi finanziati. Qualora sia prevista l’applicazione di percorsi diagnostico terapeutici (Pdta) le malattie più frequentemente interessate sono il diabete, Bpco e scompenso cardiaco. Nell’Uccp è sempre coinvolto personale di segreteria, molto meno frequente l’utilizzo di infermieri e specialisti. Due i medici “leader”: oltre al “coordinatore delle aggregazioni funzionali”, esiste nel 56% dei casi una figura di Mmg “referente distrettuale”.

Da “Il Sole 24ore Sanità” n. 38, dell’11-17 ottobre 2011
La bomba del turismo sanitario.
Le stime più prudenti parlano di 30 milioni di turisti della salute all’anno, ma potrebbero essere anche il doppio, e sono in costante crescita. Lo dice anche un recente rapporto dell’Ocse, che stima un giro d’affari di 60 miliardi l’anno. Alla base del fenomeno diversi elementi: internet che è una miniera di informazioni, i viaggi low cost, i prezzi delle cure più accessibili in alcuni Paesi emergenti e soprattutto il marketing dell’industria della sanità, che ha fiutato il business, cui si aggiunge l’interesse di alcuni governi ad inviare all’estero i propri pazienti per risparmiare e tagliare le liste d’attesa. In Italia per ora il turismo sanitario è poco sviluppato, ma è probabile un boom nel futuro, stimato in 207 milioni di euro di fatturato all’anno. Alcune Asl venete hanno sottoscritto accordi con l’assicurazione privata americana Hth e le mutue più importanti in Germania (Aok e Tk). Negli Usa il turismo sanitario è già una realtà: 750mila americani nel 2007 si sono curati all’estero e nel 2012 aumenteranno del 35%. Le destinazioni preferite sono India, Thailandia, Singapore, Brasile, Messico, Dubai e alcuni Paesi dell’Est Europa. Secondo l’Ocse c’è la possibilità di risparmiare fino al 90% per lo stesso intervento, se fatto in India piuttosto che negli Usa. Il servizio sanitario inglese sta seriamente pensando alla possibilità di spedire i propri assistiti all’estero, in particolare in India, per alcune patologie con lunghi tempi di attesa, risparmiando anche sui costi. Nell’Ue la spesa per cure transfrontaliere raggiungerebbe i 10 mld. di euro, con una prospettiva di aumento. Dal 2013 cadrà l’ultima frontiera: a seguito della direttiva Ue sulle cure transfrontaliere, ogni cittadino potrà farsi curare in qualsiasi Paese Ue, secondo precise regole, facendosi rimborsare dal proprio Paese. Le regole prevedono che per le cure extra-ospedaliere non sarà necessaria alcuna autorizzazione, mentre per le cure ospedaliere i Paesi potranno introdurre l’obbligo di autorizzazione preventiva per il ricorso all’estero.

Da “Il Sole 24ore Sanità” n. 40, del 25-31 ottobre 2011
Emilia Romagna. Case della salute a rapporto.
Con 42 strutture delle 102 progettate, a 18 mesi dalla delibera di linee di indirizzo, che ne ha previsto funzionamento ed organizzazione, l’Emilia Romagna può dirsi a metà dell’opera, guadagnandosi il titolo di fucina regionale del riordino delle cure primarie. La regione ha sviluppato strategie e programmi innovativi mirati a semplificare l’accesso ai cittadini e a garantire una presa in carico dei pazienti senza soluzione di continuità, a partire dai nuclei di cure primarie, che riuniscono tutti i professionisti che operano sul territorio e che saranno progressivamente integrati nelle Case della Salute. Qui il cittadino troverà servizi di base offerti dai Mmg, Pediatri di libera scelta, consultori, assistenza infermieristica, punto di accesso per l’assistenza domiciliare, Cup per la prenotazione di visite ed esami e per pagare il ticket, assistenza sociale. Potrà inoltre essere prevista la presenza di specialisti ambulatoriali, medici di continuità assistenziale, ambulatori per la vaccinazione, servizi per la salute mentale. Al 31.12.2010 le Asl avevano progettato la realizzazione di almeno una casa della salute nel proprio territorio, per un totale di 30. Tre le dimensioni possibili per la casa della salute: grande (presenza di tutte le funzioni relative al nucleo di cure primarie e di tutti i servizi più importanti), media (tutte le funzioni di nucleo di cure primarie e alcuni servizi sanitari) e piccola (funzioni del nucleo di cure primarie e punto prelievi).

Da “Il Sole 24ore Sanità” n. 41, dell’1-7 novembre 2011
MMG verso il ricambio totale.
Nei prossimi 20 anni la medicina generale cambierà radicalmente: da una ricerca della Fimmg risulta che ci saranno più donne (diventeranno al maggioranza; già oggi nelle scuole di formazione in medicina generale le donne sono il 69% del totale) e più giovani e saranno in servizio solo il 12% dei medici di famiglia oggi attivi. Al 2010 i Mmg in servizio erano 43.932, di cui 31.795 uomini, pari al 72%. La Lombardia è la regione con il maggior numero di medici di famiglia: 6.727, seguita da Lazio e Sicilia., con oltre 4 mila professionisti. Il numero di pazienti per medico è molto variabile ed è legato alle politiche regionali sul rapporto ottimale (fissato dalla convenzione nazionale a un medico ogni mille abitanti) ed è aumentato nella media nazionale dai 1.092 del 2000 ai 1.124 del 2008. In media il 64% dei generalisti percepisce indennità per l’adesione a forme associative , con forti differenze territoriali: si va dal 33% della Calabria all’82,5% del Piemonte.

Da “Il Sole 24ore Sanità” n. 42, dell’8-14 novembre 2011 
Programma nazionale esiti. Ospedali, ricoveri sotto esame.
Il “Programma nazionale di valutazione degli esiti” elaborato dall’Agenas sulla base delle Sdo 2009 in riferimento a 45 indicatori, ha fotografato una forte variabilità territoriale di risultati e di “rischi” negli ospedali. I risultati per ora sono solo ad uso interno delle Regioni, che dovrebbero mettere mano all’organizzazione dei ricoveri ospedalieri, eliminando le inefficienze, partendo dalla variabilità riscontrata tra strutture che operano a poca distanza tra di loro. Se si considerano gli indicatori maggiormente consolidati tra i 32 riferiti alle prestazioni che fanno parte dei controlli di appropriatezza a livello nazionale, i risultati sono sorprendenti per l’enorme variabilità. Ad esempio, in Piemonte il rischio di mortalità a 30 giorni per un bypass aortocoronarico è 16 volte maggiore da una struttura all’altra, in Puglia diventa anche 35 volte più alto; se al Centro Nord quasi tutti gli interventi sono sotto la media nazionale del 2,5%, nel Sud si arriva quasi all11% in Campania. Distantissimi i risultati sul parto cesareo: si va dal 97,1% di cesarei primari della casa di cura Sedes Sapientiae di Torino (seguita da strutture tutte al Sud) ad appena il 3,8% del Vittorio Emanuele II di Milano, ma tra le prime cinque migliori strutture c’è anche l’ospedale San Leonardo di Napoli, con solo il 4,2% di cesarei. La variabilità non riguarda solo le regioni, ma le strutture di una stessa Asl. Ad es. per una frattura del collo del femore operata entro 48 ore risulta che la struttura peggiore sia in Calabria, mentre la peggiore Asl è in Sardegna; viceversa, la migliore struttura è a Brescia, e la migliore Asl in Toscana. Così per la mortalità a 30 giorni per lo stesso intervento: la struttura peggiore è nel Lazio, l’Asl peggiore in Veneto, l’ospedale migliore in Lombardia e l’Asl che eccelle in Friuli. In genere i risultati peggiori si concentrano nelle strutture che eseguono meno interventi. Si sta ora valutando la possibilità di mettere i risultati della ricerca, una volta resi di più facile lettura, a disposizione dei cittadini, che potrebbero trarne indicazioni utili per le loro scelte di cura.

Da “Il Sole 24ore Sanità” n. 43, del 15-21 novembre 2011
Ragioneria generale dello Stato. Il Ssn perde 5.210 operatori.
Dal Conto annuale 2010 della ragioneria generale dello Stato risulta che nel 2010 il Ssn ha perso oltre 5.200 unità di personale, pari ad un calo dello 0,75% rispetto al 2009: a ridursi drasticamente sono soprattutto i medici ed i dirigenti non medici, che perdono rispettivamente l’1,3% e l’1,7% degli organici (soprattutto maschili, mentre le donne aumentano). Forte calo anche per i direttori generali, che nel 2010 sono 57 in meno del 2009. Nonostante il calo, alcune categorie di personale sono più numerose di quelle in servizio nel 2004, anno di riferimento per il contenimento della spesa previsto nelle varie manovre estive, che dettano un tetto pari alla spesa di ridotta dell’1,4%. Il personale in generale è solo lo 0,14% in più del 2004, ma mentre tutte le categorie sono in calo, i medici aumentano dell’1,92%. Il Ssn è in testa per il numero di operatori stabilizzati: 4.892 su un totale nel 2010 di circa 10.000. Ma il Ssn ha anche un altro primato: quello delle assenze, con 26,5 giornate medie tra retribuite e non retribuite. Il costo del personale è stato di 41,3 mld.: il Ssn è il secondo comparto della Pa, dopo la scuola, per numerosità del personale e per costi delle retribuzioni. La retribuzione media annua del settore sanitario non è però tra le più alte: 38.773 euro, contro gli oltre 43.000 degli enti pubblici non economici o i 42.000 degli enti di ricerca.

2. Dalle Agenzie di stampa regionali
Da “Lombardia notizie”, Notiziario della giunta regionale del 15 febbraio 2012
Politiche sociali, debutta il Fattore Famiglia.
Prima in Italia, la Lombardia vara il Fattore Famiglia. Si tratta di un indicatore per le politiche sociali, che non solo tiene conto delle situazioni reddituali e patrimoniali, ma contempla anche a pieno titolo il numero di figli e i carichi di cura, ad esempio la presenza nel nucleo familiare di anziani non autosufficienti o di disabili. Il Fattore Famiglia sarà ora sperimentato per un anno in alcuni Comuni del territorio lombardo. A livello regionale ha già trovato applicazione per quanto riguarda la Dote scuola 2012-2013, misura che interessa un terzo degli studenti lombardi (circa 300.000) con uno stanziamento di 81 milioni e che, con i nuovi parametri applicati, darà diritto alla Dote a 8.000 famiglie in più dello scorso anno. Riforma del welfare. “Il Fattore Famiglia, ha dichiarato Boscagli, si inserisce nel più generale quadro di riforma del sistema di welfare lombardo, rappresentando un’importante anticipazione sul piano nazionale. É un indicatore più equo, che corregge le distorsioni dell’Isee. Infatti fare parti uguali tra diversi non sarebbe equità”. Sperimentazione. Parte ora un periodo di sperimentazione su tutte le unità d’offerta sociali e socio sanitarie “che consenta di valutare, ha aggiunto Boscagli, con grande attenzione, l’appropriatezza degli indicatori individuati, l’impatto sulle famiglie lombarde e la sua sostenibilità”. Solo dopo questa fase, i cui risultati saranno resi noti e valutati dal Consiglio regionale, la Giunta regionale sarà investita del compito di definire i criteri attuativi. “L’eredità del paradigma “tutto a tutti” e in maniera indifferenziata, ha notato ancora Boscagli, ha consegnato una situazione divenuta insostenibile e profondamente iniqua. Molti cittadini in stato di bisogno sono oggi fuori dal sistema di assistenza e solo grazie al sistema di protezione familiare possono ricevere assistenza quotidiana senza gravare sulle risorse pubbliche”. Rispetto dei Lea. La misura lombarda non tocca in nulla i Livelli essenziali di assistenza (Lea), che sono di competenza nazionale. In altri termini, il provvedimento lombardo non si colloca minimamente in contrasto con la disciplina nazionale dei Lea e la sua legittimità è supportata sia dalla giurisprudenza costituzionale sia dal recente parere della Corte dei Conti sul nostro sistema socio-sanitario. I principi cardine della legge regionale sul Fattore Famiglia si collocano, infatti, nel pieno rispetto dei Livelli essenziali di assistenza e sono volti a riconoscere un ruolo centrale alla famiglia, commisurando lo strumento di valutazione della situazione economica agli effettivi carichi di cura e sono diretti a garantire il rispetto del principio di uguaglianza sostanziale attraverso l’aumento dell’offerta dei servizi su base regionale. Carichi di cura. Il Fattore Famiglia lombardo, declinato nella scala di equivalenza con i correttivi riguardanti i carichi di cura, diventa quindi lo strumento attraverso cui Regione, Province e Comuni determineranno, ciascuno nel rispetto delle rispettive competenze, il valore dei voucher sociali e sociosanitari, gli altri benefici economici e la compartecipazione economica ai costi delle prestazioni sociosanitarie e sociali. Per esempio la retta di una casa di riposo potrà essere rimodulata e differenziata appunto in base al Fattore Famiglia, favorendo ulteriormente i nuclei con maggiori carichi.

Da “Lombardia notizie”, Notiziario della giunta regionale del 21 febbraio 2012
Area ex Falck a Sesto possibile per Città della salute.
Dopo l’incontro dei giorni scorsi tra il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni e il sindaco di Sesto San Giovanni, Giorgio Oldrini, il sindaco ha comunicato al presidente Formigoni l’interesse e la disponibilità a che Regione Lombardia insedi sull’area ex Falck la nuova Città della Salute, potendo contare sul fatto che tale iniziativa incontri il favore della Sesto Immobiliare SpA, la società che si sta occupando della riqualificazione immobiliare dell’area e che da tempo, insieme all’architetto Renzo Piano, sta studiando l’inserimento nel progetto di centri di eccellenza. Il sindaco sottolinea come sia possibile valutare insieme la disponibilità a concedere come standard l’area, che verrebbe assegnata già bonificata senza costi per la Regione Lombardia.

Da “Settegiorni PD”, Notiziario del gruppo PD in Consiglio regionale
È uscito il n. 171, del 10 febbraio 2012.
Passa la legge sulla compartecipazione ai servizi sociosanitari. No delle opposizioni al “Fattore Famiglia” che peserà sui cittadini lombardi. La legge sulla compartecipazione degli utenti ai costi dei servizi sociosanitari è stata approvata in commissione Sanità dopo un lungo e travagliato iter durato nove mesi. Tutte le opposizioni (Pd, Udc, Idv, Sel) hanno espresso voto contrario. “Il centrodestra afferma di aver approvato il cosiddetto Fattore Famiglia: in realtà il minor costo dei servizi sarà sopportato da alcune famiglie con disagio socioeconomico ma sarà caricato sulle spalle delle altre famiglie lombarde. I dati regionali di cui disponiamo indicano che l’obiettivo della maggior equità nella distribuzione dei costi sociosanitari non sarà ottenuto con questa legge che, oltretutto, dovrà essere rivista fra tre mesi quando il Governo avrà approvato, come previsto dal decreto “Salva Italia”, la riforma dell’Isee, cioè dell’indicatore nazionale che determina la compartecipazione”, ha spiegato il consigliere del Pd Carlo Borghetti. La legge che prevede una sperimentazione di un anno per un costo di 1,5 milioni di euro, sarà attuata presso 15 comuni lombardi, mentre per tutti gli altri 1500 si dovrà attendere un anno prima dell’applicazione di nuovi criteri: “E’ la prima volta che si approva una legge prima di conoscere gli esiti di una sperimentazione concepita per definirne i contenuti, ha detto Borghetti. Senza contare che Regione Lombardia ha commissionato uno studio di oltre 4 milioni di euro per la definizione di un nuovo modello di welfare lombardo: perché allora tutta questa fretta per approvare una legge dagli esiti dubbi, forse per avere una bandiera da sventolare per l’incontro del Papa con le famiglie previsto a fine maggio?”. Il testo che sarà portato martedì prossimo in Consiglio, ha visto ancora oggi in Commissione molte perplessità all’interno della stessa maggioranza, in particolare per la parte relativa alla compartecipazione nella spesa sanitaria dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA): “Qui si sancisce il principio che i lombardi pagheranno anche le prestazioni sanitarie che dovrebbero essere garantite universalmente: viene da chiedersi se l’Assessorato alla Sanità ne sia al corrente”. Restano forti dubbi sulla legittimità del provvedimento. “Restiamo convinti, conclude Borghetti, che sia necessario aiutare le famiglie lombarde, soprattutto in un momento di crisi come l’attuale, ma questo non può essere fatto senza apporre nuove risorse, come stanno dimostrando per altro, altre Regioni: perciò torniamo a chiedere il finanziamento del Fondo regionale per la Non Autosufficienza”.

È uscito il n. 172, del 17 febbraio 2012.
Passa in aula il Fattore Famiglia: peserà sulle spalle dei cittadini e dei comuni. Il Pd e le opposizioni contrari lasciano l’Aula.
Dopo una seduta fiume, durata circa 14 ore, con in palio la Legge Harlem (voluta dalla Lega) e il Fattore Famiglia (voluto dal Pdl) è stata approvata anche la legge sulla compartecipazione degli utenti ai costi dei servizi sociosanitari (appunto il cosiddetto Fattore Famiglia). Quest’ultima è passata con una palese forzatura del regolamento, ossia dopo la mezzanotte (orario sino al quale era convocata la seduta) e senza la presenza dell’opposizione, che aveva presentato una pregiudiziale, in Aula. “Una regione che dichiara di avere i conti della sanità in pareggio chiede per prima nel Paese una compartecipazione delle famiglie e dei cittadini alla spesa sanitaria e proprio in un momento di crisi come questo - ha spiegato il consigliere del Pd Carlo Borghetti - . Di fatto nella legge approvata si sancisce il principio che i lombardi pagheranno anche le prestazioni sanitarie che dovrebbero essere garantite universalmente (LEA). Un simile provvedimento regionale presenta diversi aspetti di illegittimità andando a interferire con competenze esclusive dello Stato”. Il Fattore Famiglia peserà, infatti, secondo le opposizioni, sulle spalle delle famiglie lombarde e sugli enti locali, che hanno infatti espresso un parere fortemente negativo così come le parti sociali e il Terzo Settore. “L’obiettivo della maggior equità nella distribuzione dei costi sociosanitari non sarà ottenuto con questa legge che, oltretutto, dovrà essere rivista fra tre mesi quando il Governo avrà approvato, come previsto dal decreto “Salva Italia”, la riforma dell’Isee, cioè dell’indicatore nazionale che determina la compartecipazione”. La legge prevede una sperimentazione di un anno (del costo di 1,5 milioni di euro), che sarà attuata presso solo 15 comuni lombardi, mentre per tutti gli altri 1500 comuni si dovrà attendere un altro anno prima dell’applicazione di nuovi criteri: “E’ la prima volta che si approva una legge prima di conoscere gli esiti di una sperimentazione concepita per definirne i contenuti - ha detto Girelli, responsabile Sanità del Pd lombardo - Restiamo convinti che sia necessario aiutare le famiglie lombarde, soprattutto in un momento di crisi come l’attuale, ma questo non può essere fatto a costo zero per la Regione e scaricando i costi sui cittadini e gli enti locali. Perciò torniamo a chiedere il finanziamento del Fondo regionale per la Non Autosufficienza”.

Le mani della Regione sulle Asp lombarde. Salve solo le sei Asp più piccole grazie alle proteste di sindaci e Pd.
La legge sulla compartecipazione degli utenti ai servizi sociosanitari, nasconde, tra le sue pieghe, anche altre importanti novità, tanto da aver fatto gridare l’opposizione ad un decreto omnibus che non rispetta nessun tipo di interlocuzione con il territorio. In un articolo ad hoc, infatti, il provvedimento, tra l’altro, modifica l’organizzazione delle ASP lombarde, con l’eccezione, e questo è l’unico frutto delle forti contestazioni fatte dai sindaci e dai consiglieri di opposizione, delle 6 strutture più piccole. Alla scadenza del mandato i consigli di amministrazione saranno sostituiti da un consiglio di indirizzo, che avrà poteri fortemente ridotti. Il potere gestionale non sarà più del presidente e del consiglio di amministrazione ma passerà nelle mani del direttore generale indicato dalla Regione, seppure “d’intesa con il comune”. Proprio per questa ragione il Pd ha parlato di accentramento da parte della Regione di un patrimonio, come quello delle ASP, che è storicamente legato ai territori di appartenenza.

3. Links
Università Bocconi
Più salute per tutti. Anche così si supera la crisi, di Elio Borgonovi e Amelia Compagni.
Garantire l’accesso alle cure non solo è al primo posto dei Millennium development goal, ma sostiene la crescita economica dei paesi emergenti e delle economie occidentali. Elio Borgonovi (docente Bocconi di Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche) e Amelia Compagni (Cergas Bocconi) ricordano quanto sia importante investire sulla sanità anche in tempo di crisi.
Leggi l’articolo: http://www.viasarfatti25.unibocconi.it/stampa.php?idArt=9416

Login
Webmaster CGIL Lombardia: Via Palmanova 22 - 20132 Milano | e-mail: cgil_lombardia@cgil.lombardia.it | telefono 39 02 262541 | fax 39 02 2480944 | CGIL LOMBARDIA Codice Fiscale : 94554190150 Web Privacy Policy e Cookies