La Repubblica 3 gennaio 2013, Milano

L'esercito dei senza lavoro nel 2013 crescerà ancora

LA RADIOGRAFIA della Regione, messa alla luce di datie statistiche, non lascia spazio a dubbi: la Lombardia ha un'emorragia che non riesce ad arginare, quella dei posti di lavoro. Sono i numeri aggregati a fare più impressione. Nel 2012 in tutta la Regione sono state 65.639 le persone che hanno perso il posto, il 23,5 per cento in più rispetto all'anno precedente.

IN TOTALE, negli ultimi quattro anni, sono stati 224.217 gli iscritti alle liste di mobilità: come una città più grande di Brescia abitata soltanto da cittadini disoccupati. Sotto i colpi di queste statistiche impietose, il mito della Lombardia locomotiva del paese - lentamente ma inesorabilmente - si sgretola. E anche la diagnosi per il 2013 è di quelle impietose: «Senza investimenti pubblici e una politica industriale vera - spiegano i sindacati - la situazione resterà uguale, se non peggiorerà». Una sensazione confermata dalla stima del tasso di disoccupazione per il prossimo anno: secondo lo studio "Scenari di sviluppo delle economie locali italiane" di Unioncamere e Prometeia, nella nostra regione passerà dal 7,8 per cento all'8,3. LICENZIAMENTI L'elenco dei nuovi disoccupati che nel corso del 2012 si sono aggiunti all'esercito dei senza lavoro attinge da due liste, quella dei licenziamenti collettivi - ovvero quelli che provengono da aziende sopra i 15 dipendenti - e quelli individuali, a cui fanno ricorso principalmente le piccole imprese (sotto i 15 dipendenti). Osservando le statistiche, è proprio questa categoria ad aver registrato l'incremento maggiore nel corso dell'anno: in tutta la Lombardia i licenziamenti individuali (legge 236) sono passati dai 34227 del 2011, a 45218. Segno che a soffrire è proprio il tessuto delle piccole e medie imprese. Numeri così alti, inoltre, sono l'effetto della crisi che ha visto, negli anni passati, l'attivazione della cassa integrazione per molte realtà: cassa che nel 2012 si è risolta con la fine del rapporto di lavoro.

A conferma del fatto che le aziende non sono uscite dal tunnel.

CASSA INTEGRAZIONE A questo fenomeno si aggiunge anche l'aumento del ricorso alla cassa integrazione. Il confronto dei primi undici mesi dell'anno con lo stesso periodo del 2011 è impietoso: le ore di cassa autorizzate sono state 222.583.734, l'8,65% in più. «Il fatto che questa percentuale cresca - spiega Nino Baseotto, della Cgil Lombardia - ci dice che molte altre aziende stanno entrando in crisi. La cosa più preoccupante riguarda la cassa integrazione in deroga, le cui risorse sono state tagliate: se le cose continueranno ad andare così male, i fondi a disposizione basteranno soltanto per i prossimi sei mesi». Una preoccupazione non da poco, se si considera che a fine 2012 sono state calcolate in 90mila le persone che hanno usufruito di questo ammortizzatore sociale: «Si parla per oltre il 70 per cento di lavoratori presso artigiani e piccole imprese - prosegue Baseotto - che se sono in difficoltà, senza cassa in deroga, licenziano e chiud ono». METALMECCANICI Uno degli ambiti industriali più in sofferenza è quello della metalmeccanica.

Secondo i dati delle liste di mobilità, il mese scorso a Milano in questo settore sono stati licenziati 236 lavoratori, pari a circa il 20 per cento dei licenziamenti totali nella regione (895). «Numeri che riconfermano la gravità della situazione- sottolinea Mirco Rota, segretario generale Fiom Cgil Lombardia - . In particolare per zone come Legnano, Como e Pavia, dove sono aperte trattative in diverse aziende che riguardano riorganizzazioni e che paventano nuovi esuberi». Osservare questo settore aiuta a capire cosa non funziona. Tra le aziende metalmeccaniche, infatti, ci sono anche quelle che si occupano di telecomunicazione e informatica, ovvero gli ambiti industriali più innovativi. «Dovrebbe essere un settore che fa da traino - sottolinea Rota - e invece porta licenziamenti». Perché? Sostanzialmente perché non esistono politiche industrialia livello nazionalee regionale: «Ad esempio, si fa un gran parlare di agenda digitale - prosegue Baseotto - eppure non si vedono interventi concreti. Bisogna dare un po' di sostanza a queste parole. Tra Milano e la Brianza abbiamo uno dei settori più strategici per l'economia nazionale e lombarda, quello dell'hi-tech: vogliamo forse assistere senza iniziative alla crisi di questo settore, con conseguente perdita di lavoro e know-how tecnologico?».

FUTURO La sfida per il 2013, quindi, sembra passare necessariamente dalla politica. E i prossimi due mesi, con l'appuntamento delle elezioni nazionali e regionali, sono cruciali da questo punto di vista: «Aver messo in campo ammortizzatori sociali negli ultimi anni è stato utile e indispensabile, - spiega Gigi Petteni della Cisl Lombardia - questi però a un certo punto finiscono. Adesso occorre mettere in campo uno sforzo per salvare almeno i settori chiave, come le Tlc e l'energia. Anche con investimenti pubblici, perché no». Una stampella che aiuti le aziende a stare sul mercato, ma non solo. «Le istituzioni adesso devono farsi carico di due cose: - conclude Petteni - del futuro di alcune imprese strategiche e di rendere competitive le persone che sono uscite dal mercato del lavoro»

LUCA DE VITO
03 gennaio 2013 1 sez. MILANO

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