Lombardia - La crisi non si ferma. Più cassa integrazione meno posti di lavoro

di Alessandra Coppola da il Corriere della sera 18 dicembre 2013

La ripresa deve attendere. Non è arrivata quest’anno, non si prevede neanche per l’anno prossimo. Gli ultimi dati Inps rielaborati dalla Cgil hanno ancora i segni meno e più dove non dovrebbero stare. In Lombardia aumentano i licenziamenti (+48%) e pure la cassa integrazione (+5%). A partire dalla provincia di Milano che con un +18,81% è in cima alle città della regione per crescita di ore di Cig. Nell’industria il saldo occupazionale è -2%: nell’ultimo anno si sono persi 75.000 posti. E a guardare indietro di cinque anni (al principio della recessione) la produzione è scesa del 14%. Per la crisi del settore manifatturiero, certo, ma ormai per una sofferenza che si estende ad ampio raggio: i settori più colpiti dall’aumento della cassa sono adesso quello dell’energia , il commercio al minuto, l’artigianato edile, l’estrazione dei metalli. Brutti segnali, che sul territorio si traducono in migliaia di lavoratori (tanti giovani e donne) dal futuro incerto.

C’entrano la difficoltà delle aziende a far quadrare i conti, la contrazione spaventosa dei consumi. Ma anche la ricerca di maggiori profitti altrove, l’incapacità del Paese di restare competitivo o di scoraggiare le delocalizzazioni. Se l’Invatec di Roncadelle, Brescia, all’avanguardia nella fabbricazione di cateteri, riduce lasciando a casa 300 operai (su 600), è per spostare l’impianto dove il lavoro costa meno e non ha regole: in Messico. Se la Candy sta investendo in Cina e non ha intenzione di tenere aperto l’impianto di Santa Maria Hoè, Lecco, neanche per la costruzione degli oblò delle lavatrici, mettendo in mobilità gli ultimi 60 lavoratori rimasti, è perché non lo ritiene più conveniente. Diventa vitale, allora, un intervento che tenga insieme più livelli. «Senza una politica industriale all’altezza—avverte Giacinto Botti, segretario della Cgil Lombardia — non si esce dalla crisi profonda che ha investito il mercato interno, al quale si rivolge il 90% del nostro sistema produttivo industriale»

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