Rassegna Sindacale n. 9 del 7-13 marzo 2013 www.rassegnasindacale.it

DOPO LE ELEZIONI

Sottovalutate la protesta e la delusione

Lombardia, Veneto, Toscana, Marche e Puglia: cinque realtà diverse, ma le analisi convergono

Intervista a Nino Baseotto, Segretario generale CGIL Lombardia

Con il 42,8 per cento dei voti, Roberto Maroni è diventato presidente della Lombardia. Per Nino Baseotto, segretario generale dellaCgil regionale, le previsioni circa il futuro governo della Regione hanno numerosi elementi d’incertezza. “Il timore è che il nuovo governatore scelga una linea di continuità con la precedente giunta, opaca e poco attenta alle politiche strutturali necessarie a uscire dalla crisi –dice –. Non vorremmo, come accaduto con Formigoni, che il rapporto con le parti sociali fosse privo di un vero confronto. C’è urgente bisogno d’individuare e mettere in pratica strumenti anticiclici”. L’altra grande preoccupazione è, per il segretario della Cgil lombarda, che Maroni insista con l’idea di realizzare la cosiddetta macroregione. “Ciò porrebbe la Lombardia in una condizione di ostilità rispetto al resto del paese. A parte l’assurda e impraticabile intenzione di trattenere il 75 per cento delle tasse nel territorio, non dimentichiamo che gran parte del Pil lombardo è determinato da relazioni di carattere nazionale. Solo una Lombardia capace di stare pienamente in Italia può sperare di risollevarsi”.

Maroni ha ottenuto questo risultato nel momento in cui il suo partito ha subìto un crollo delle preferenze. “Le strade che può percorrere sono due –prosegue Baseotto –. Maroni può tentare di sostituirsi a Formigoni, diventando il perno di un sistema di potere che prosegue senza inversioni di rotta. Sarebbe estremamente negativo, sia per la Lombardia che per la stessa Lega Nord. Oppure introdurre elementi d’innovazione, a cominciare da una gestione trasparente del territorio”.

Non meno cruciale è la questione del tipo di relazione che si instaurerà con le parti sociali. “Pur sottolineando una netta differenza di opinioni, riconosco a Maroni di aver assolto i suoi incarichi nazionali nel pieno rispetto delle istituzioni e del ruolo che ricopriva. Mi auguro che ciò non venga smentito”, puntualizza Baseotto. Non solo.

Maroni ha ottenuto più voti in provincia, Ambrosoli nelle città. Come si spiega questa diversa distribuzione delle preferenze? “Per capirlo – argomenta il numero uno della Cgil regionale –,bisogna partire da un problema dicarattere generale. La crisi ha prodottoincertezza per il futuro, paure, egoismi.La somma di questi sentimentiavvantaggia chi rappresenta l’ipotesi piùconservatrice. In una condizione diprecarietà come la nostra, il cambiamentopuò spaventare. Per quanto riguarda laLombardia, il problema è che la questioneetica che ha travolto la Regione non hapesato per nulla. Questi due anni discandali hanno rafforzato l’idea che ipolitici sono tutti uguali. Nemmeno Grilloha ottenuto i risultati eccezionali raccoltiin altre parti d’Italia. Il Movimento 5 Stelleha in sé pulsioni positive e, insieme,insopportabili spinte autoritarie ereazionarie. Ricorda un po’ la Lega degliinizi. Con la differenza che oggi siamo difronte a una nuova realtà politicanazionale, mentre la Lega non è mai riuscitaad andare oltre il Nord. Nei grandi centriurbani della Lombardia l’idea di unadiscontinuità rispetto al passato si èrivelata più credibile. Altrove non trovasimpatie. In 18 anni di Formigoni è statocostruito un sistema di potere che haveicolato un forte consenso tra le persone”.

Chiara Cristilli

 

 

 

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