Rassegna Sindacale  n.5 / 2010

LOMBARDIA/LA RICERCA CGIL SUI BILANCI MUNICIPALI

Federalismo, prime prove
I tassi di variabilità della spesa,comunque diminuita,  non sembrano dipendere dal colore politico delle giunte

Si arricchisce di un nuovo capitolo la ricerca che la Cgil Lombardia sta conducendo sul federalismo (vedi Rassegna, n. 35, 2009).
Questa volta, con il fascicolo “I conti del signor Procapite”, si procede a dividere le voci di bilancio dei principali comuni lombardi per la popolazione ivi residente, neonati e ultracentenari compresi.
L’obiettivo è misurare le differenze, anche significative, che emergono tra i diversi territori rendendo immediatamente evidenti le politiche adottate dalle varie municipalità sia in termini di scelte sulle entrate proprie, che sulla spesa. In altre parole, si evidenzia ad esempio quanto costa a ciascun cittadino il funzionamento del Comune di Monza rispetto a quello di Bergamo che ha più o meno lo stesso numero di residenti.
Quante tasse locali paga mediamente chi abita a Como, a Lecco o a Legnano, città che hanno una base imponibile assai simile, come anche il tipo di servizi pubblici che esse offrono assieme al loro costo.
Il confronto non ha significato solo per le politiche passate (la ricerca si colloca nell’arco temporale 2000-2007), ma anche per le scelte che in futuro verranno prese a livello nazionale in tema di federalismo.
Gli interrogativi riguardano in che misura le leggi delega intendono valorizzare la fiscalità locale; quali meccanismi di perequazione si vogliono stabilire tra i diversi enti locali; a quali soggetti istituzionali, Regione o Comuni, vengono destinati gli attuali trasferimenti statali; in che modo sono presi in considerazione i costi di produzione dei servizi.
Ipotesi diverse che avranno conseguenze dirette sul reddito dei cittadini, in particolare lavoratori e pensionati, della regione e che verranno vagliate nella fase conclusiva della ricerca.
Nel corso degli ultimi anni le entrate dei Comuni si sono ridotte quasi ovunque in termini reali.
È meno risaputo invece, alla faccia degli slogan sbandierati dalla Lega Nord, che si è ridotta in parallelo anche l’autonomia finanziaria di questi enti che dunque sono divenuti maggiormente dipendenti dai trasferimenti statali: tra il 2000 e il 2007 le entrate tributarie proprie dei principali comuni lombardi passano dal 49,2 al 44,8 per cento delle entrate complessive (da notare che in queste percentuali non si tiene conto dell’abolizione dell’Ici sulla prima casa, intervenuta nel 2009, che ha drasticamente ridotto la principale fonte di entrata decisa in modo autonomo dai Comuni, pari nel 2007 al 61 per cento del rispettivo gettito tributario).
Dal canto loro i trasferimenti correnti provenienti dallo Stato e dalla compartecipazione all’Irpef registrano una forte variabilità tra un comune e l’altro, a volte difficilmente comprensibile, oltre che una variabilità temporale per il singolo comune.
Tuttavia si registra, in generale, una relazione diretta tra il loro importo e la corrispondente dimensione demografica (nell’intero periodo oscillano dai 384 euro medi annui per ciascun residente a Milano ai 145 euro per il residente a Darfo Boario Terme).
La ridotta autonomia fiscale non ha impedito che ciascun Comune cercasse la propria strada per coprire le spese in continua crescita (da 93 a 213 euro pro capite nell’insieme dei centri presi in considerazione, capoluoghi di provincia e sedi comprensoriali). Così le amministrazioni comunali sono intervenute sull’Ici, modificando aliquote, esenzioni e detrazioni per accrescerne il gettito.
Oppure hanno deciso (tranne Milano, Brescia, Lecco e Legnano) di imporre l’addizionale comunale Irpef ricavandone un gettito che rappresenta mediamente, nelle città in cui viene applicata, il 14 per cento delle entrate tributarie.
Inoltre hanno agito sugli oneri di urbanizzazione, il cui ammontare pro capite raddoppia passando dai 50 ai 105 euro. Infine hanno agito sul fronte dei proventi derivanti dai servizi pubblici, e in particolare da una voce che si fa una certa fatica a considerare servizio pubblico, vale a dire le infrazioni al codice della strada: a Milano e a Brescia ogni cittadino ha pagato nel 2007 più di 100 euro di multe, con un incremento da due a tre volte rispetto al 2000.
Un caso a parte è rappresentato da Brescia, il cui bilancio è positivamente condizionato dalla sua partecipazione azionaria nella società di servizi ambientali Asm, oggi confluita in A2A dopo la fusione con Aem di Milano.
Nel 2007 gli introiti derivanti dagli utili Asm ammontavano a 740 euro pro capite, per un importo complessivo superiore al 35 per cento di tutte le entrate comunali.
Tale flusso di risorse ha permesso a questo Comune di classificarsi al livello più basso in termini di imposizione fiscale autonomamente decisa: le entrate tributarie pro capite risultano pari a 332 euro, contro il massimo di Pavia di 570 euro. Caso analogo a Brescia è quello di Milano, dove però le risorse provenienti dalla partecipazione in Aem sono meno consistenti sia in termini assoluti (83,7 milioni di euro contro i 141 di Asm) che, ovviamente, relativi (64 euro pro capite).
Passando alle scelte sul capitolo delle spese, l’analisi dei bilanci dei comuni mette in luce che vi è scarsa correlazione tra l’entità delle loro entrate e le voci verso cui sono indirizzate le uscite.
Mantova, ad esempio, si colloca al primo posto per la quota di uscite in conto capitale (573 euro pro capite contro i 113 euro di Varese che risulta in fondo alla graduatoria) e ugualmente al primo posto compare questo Comune per le spese indirizzate verso cultura, sport e turismo.
Sesto San Giovanni, invece, impiega 303 euro pro capite per le spese dedicate al proprio funzionamento (servizi di anagrafe, statistica, organi istituzionali e ufficio tecnico) riuscendo a superare per questa voce comuni più complessi come Milano, Bergamo e Brescia.
Infine il capitolo della spesa sociale che, pur essendo ovunque in crescita, vede Lecco posizionarsi in testa, con 296 euro per cittadino contro, al limite inferiore, il dato di Sondrio di 114 euro e quello di Darfo Boario Terme di 97 euro.
Queste scelte, suggerisce la ricerca, non sono spiegabili con il colore politico di chi è stato alla guida del Comune e neppure risultano ovunque obbligate: il tasso di rigidità della spesa (costo del personale più rimborso dei prestiti, in rapporto alle entrate correnti) risulta variare da un massimo del 67 per cento di Brescia a un minimo del 30 per cento di Mantova.
 

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