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Ddl lavoro: Giuristi e sindacalisti a confronto, ‘collegato’ calpesta diritto del lavoro
 

Iniziativa CGIL a Milano sul provvedimento respinto dal Capo dello Stato. Altre in programma fino al presidio al Parlamento il prossimo 26 aprile
 

13/04/2010 | Giuridica
Norme che contravvengono al diritto al giudice che rientra tra i diritti fondamentali dell’uomo (Valerio Onida) e che rendono il diritto del lavoro come un qualsiasi diritto commerciale (Tiziano Treu). Sono estratti delle dure critiche che eminenti giuristi ed esperti, di estrazione politica e culturale diversa, hanno lanciato oggi da un convegno promosso dalla CGIL a Milano sul tema “A 40 anni dallo statuto dei lavoratori: no alla deregolazione del diritto del lavoro” nel giorno dell’audizione alla Commissione Lavoro della Camera della CGIL sul ddl lavoro. Quella di Milano è stata la prima di diverse iniziative che la Confederazione di Corso d’Italia promuoverà in questi giorni per denunciare gli aspetti gravi e controriformatori contenuti nel ‘collegato lavoro’ e che culmineranno con un presidio davanti al Parlamento in programma il 26 aprile, il giorno in cui il ddl sarà in Aula.

Secondo Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale, l'arbitrato previsto dal collegato lavoro può essere oggetto di “appello alla Corte costituzionale e anche alla Corte europea dei diritti dell'uomo”. Secondo Onida l'aspetto per il quale è possibile ricorrere alla Consulta e alla Corte europea deriva dal fatto che con l'arbitrato “i contravviene al diritto al giudice”che rientra fra i diritti fondamentali dell'uomo. Mentre per Treu l'arbitrato - definito “una fissa di Sacconi” - costituisce “l'aspetto più grave del provvedimento” in quanto “il diritto del lavoro diventa come un qualsiasi diritto commerciale, alla stregua di un contratto privato, con regole che si possono cambiare in qualsiasi momento”. Secondo Treu, invece, ''lo Statuto dei Lavoratori introduce diritti a cui non si può rinunciare”.

Critiche trasversali ad un provvedimento e dalle quali il Segretario Generale della CGIL Lombardia lancia un appello alle parti sociali: “Chiediamo di riflettere se assecondare le spinte verso la preminenza del contratto individuale rispetto a quello collettivo” prevista dal ddl lavoro. Quanto all’avviso comune, ha aggiunto Baseotto, “chiedo agli amici e compagni della CISL e della UIL, precipitosamente accorsi a firmare ciò che sarebbe stato saggio non firmare, se la contrattazione collettiva è anche per loro una ragione fondante della forza e della stessa esistenza del sindacato confederale”. Secondo Baseotto, infatti, “continuare a scegliere di indebolirla in cambio di una legittimazione strettamente connessa alle fortune politiche di un governo o di qualche ministro a me pare una operazione priva di respiro e di lungimiranza”.

Il segretario confederale della CGIL Nazionale, Agostino Megale, ha invitato gli organi della comunicazione a porre al centro dell’agenda mediatica il tema del lavoro perché la vicenda del collegato, e il silenzio che lo ha accompagnato nel suo lungo percorso, è lì a dimostrarlo. “E’ stato discusso per sedici mesi e mezzo prima di essere approvato in quarta lettura - ha fatto sapere Megale -. Lo scorso ottobre la CGIL organizzò un convegno con i magistrati ma purtroppo il giorno dopo i giornali non scrissero neanche una riga”. Replicando al relatore della legge alla Camera, Giuliano Cazzola, che sosteneva che sull'arbitrato ‘si sono svegliati tutti all'ultimo momento’, Megale ha affermato che ''i rischi di quella legge erano stati già annunciati, ma nessuno dei mezzi di comunicazione se ne era occupato”. Secondo Megale “il lavoro avrebbe bisogno di una sua visibilità, senza obbligare i lavoratori che hanno dei problemi a salire sui tetti e sulle gru per poter finire sui giornali e in televisione”. Per il Segretario Confederale ''servono inchieste, comunicazione e diffusione di un linguaggio sul lavoro che, prima ancora che una merce, rappresenta - ha concluso - la dignità stessa delle persone che lo svolgono”.


 

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