La negoziazione collettiva in Europa

(Zefiro, novembre 2009)

Per una analisi dell’articolazione della negoziazione collettiva negli stati dell'Unione Europea è importante sottolineare che essa non prescinde mai dalla storia sociale e dall’evoluzione delle relazioni industriali di ciascun paese. Ad esso si aggiunge ovviamente che determinante sono il peso e il ruolo giocato dai partner sociali e il modo di organizzarsi dei rispettivi affiliati.
Il movimento sindacale europeo è estremamente articolato, per quanto la maggior parte dei sindacati nazionali sia collegato alla Confederazione Sindacale Europea che affilia in modo indiretto più di 60 milioni di lavoratori.
La situazione degli stati membri presenta una vasta gamma di casi. In alcuni paesi, come la Germania, il quadro è relativamente semplificato dall'esistenza di una singola confederazione, è questo il caso anche del Regno Unito, benché i due modelli sindacali differiscano notevolmente.
Confederazioni molteplici e sorte su differenze di carattere politico e religioso sono la caratteristica di paesi come Italia, Francia o Belgio. Altro tipo di differenziazione sussiste nei sindacati dei paesi scandinavi, in cui i lavoratori sono organizzati per categorie professionali, operai, colletti bianchi e accademici.
Per gli divenuti membri con l’allargamento dell’Unione Europea si può schematizzare tra stati che vedono una Confederazione dominante e piccole organizzazioni concorrenti. È questo il caso dell'Estonia. In altri stati la caratteristica del movimento sindacale è la molteplicità di organizzazioni divise anch'esse per ragioni politiche o professionali. Il numero delle centrali sindacali è varia, in paesi come Malta o la Polonia le confederazioni sono due, in altri molte di più, in Ungheria le confederazioni sono sei.
Caratteristica specifica degli stati dell'est Europa è che la divisione si articola tra sindacati sorti tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90, con la caduta dei regimi totalitari, e i sindacati legati a quei sistemi. Questi ultimi con la caduta dei regimi non democratici hanno spesso messo in discussione se stessi, producendo un’autoriforma delle proprie organizzazioni. Uno di questi binomi è presente in Bulgaria dove convivono Podkrepa, sindacato sorto con la fine del regime, e CITUB la confederazione autoriformatasi.
Alcuni elementi pesano molto sui modelli e le pratiche esistenti nei diversi stati. Basti considerare la densità dell'affiliazione sindacale e alla sua natura. La natura delle relazioni industriali di ciascun paese è inoltre condizionata dalla cultura politica e finanche dalla cultura religiosa di un paese.
La situazione degli stati membri è forse anche più varia per quanto riguarda le organizzazioni padronali. La maggior parte degli stati dell'EU a 15, prima dell'allargamento, vede le associazioni degli imprenditori organizzate sotto strutture “ombrello” che raccolgono associazioni settoriali e imprenditori dei diversi settori. È il caso, tra altri, dei Paesi Bassi, della Spagna, della Svezia. Negli stati di più recente ingresso distinguiamo paesi come Cipro e Malta che hanno organizzazioni imprenditoriali di lungo corso e i paesi ex socialisti, oggi membri UE, le cui organizzazioni imprenditoriali si sono costituite solo in seguito al cambio di regime, rappresentando inizialmente imprese pubbliche, in seguito privatizzate. La mancanza di una forte e rappresentativa organizzazione di datori lavoro a livello nazionale e settoriale resta però un fattore frequente in molti paesi dell'Europa centro orientale.
La negoziazione collettiva nei diversi stati membri viene attuata dunque da soggetti sociali che presentano differenze da stato a stato. Il ruolo giocato dal processo di contrattazione è fondamentale in tutti i contesti nazionali, vi sono però sostanziali differenze per quanto riguarda i livelli, la copertura, i contenuti e la natura stessa della negoziazione. Negli stati entrati nell'UE dopo il 2006 la negoziazione collettiva rimane un processo piuttosto debole, anche se vi sono alcune eccezioni.
Il livello di copertura della negoziazione collettiva varia molto da stato membro a stato membro, si oscilla dal 90% al 10%. I paesi con una maggiore copertura sono anche i paesi con maggiore sindacalizzazione o quelli che hanno un struttura legale che estende la copertura della contrattazione collettiva.
La questione della copertura che hanno i contratti non è l’unico elemento di valutazione, i livelli della negoziazione e il modo in cui questi livelli interagiscono sono altrettanto importanti.
In Belgio la negoziazione collettiva avviene a livello nazionale generale e non per categorie e settori, da questa negoziazione deriva la struttura entro la quale viene realizzata la negoziazione collettiva successiva di settore e aziendale. In Irlanda si negozia a livello aziendale, ma a seguito di una negoziazione collettiva a livello nazionale. Più marcato ancora è il raccordo tra livelli in Finlandia, quanto stabilito a livello nazionale pesa molto sugli altri livelli.
Vi sono paesi in cui prevale la negoziazione di categoria settoriale, questo è lo schema attuato in Italia, ma anche in Svezia e Danimarca. In questi ultimi due paesi la contrattazione di settore fornisce i parametri su cui si articola in seguito la negoziazione collettiva aziendale. Elemento che traccia una forte linea di demarcazione tra gli stati nordeuropei e l’Italia è il fatto che in Danimarca e Svezia, rispettivamente solo il 17 e il 7% dei lavoratori hanno il salario interamente determinato dalla negoziazione collettiva di settore, mentre in Italia le contrattazione integrativa aziendale coinvolge decisamente meno lavoratori.

Fabio Ghelfi – fabio.ghelfi@cgil.lombardia.it
Responsabile Politiche Internazionali CGIL Lombardia

 

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