il Manifesto, 18 novembre 2009

LA CGIL E I GIOVANI
La mozione «uno» non ama le quote

 di Francesca Seghezzi*

Ho letto con interesse i contributi alla discussione congressuale della Cgil sul manifesto degli scorsi giorni in merito alle cosiddette «quote verdi» per i giovani. Ho 34 anni e sono componente della segreteria della Camera del lavoro di Bergamo.
La mia è una Camera del lavoro che sui giovani ha investito molto prima in formazione e poi inserendo nella segreteria confederale due under 35; abbiamo più di quindici dirigenti giovani a vari livelli, nelle categorie e nei servizi; ma non solo: appartengo anche a un Direttivo regionale, quello della Cgil Lombardia, che già qualche mese fa ha apportato le integrazioni di undici nuovi componenti, tutti under 35, proprio per assumere gli impegni che la Conferenza di organizzazione della Cgil ha preso nei confronti dei giovani.
Tengo a precisare che i giovani che animano la mia struttura, nel dibattito che ha preceduto la Conferenza di organizzazione, avevano espresso a più livelli la loro contrarietà alle «quote giovani» ( quote verdi nel territorio in cui lavoro richiamano sensibilità politiche, quelle padane, che ovviamente non ci appartengono), perché intravedevano il rischio che la Cgil «liquidasse» il problema del ringiovanimento forzando gli organismi dirigenti ma rimandando invece le elaborazioni di politiche giovanili. Poi la Conferenza d'organizzazione ha deliberato le quote, e a queste, le strutture alle quali appartengo si sono adeguate applicandole puntualmente.
Resto fermamente convinta che la via del ringiovanimento passi dalla capacità che la Cgil ha e avrà nell'elaborare politiche giovanili, molto infatti si può fare nella contrattazione per rispondere a istanze provenienti dal mondo giovanile. Fondamentale è cosa inseriamo nella contrattazione nazionale e aziendale, e una buona opportunità è anche la negoziazione sociale territoriale, ed è questa una delle strade che abbiamo deciso di percorrere, affiancando un percorso di ascolto dei giovani e di animazione del dibattito pubblico attraverso la promozione di un Forum che vede coinvolte tutte le realtà giovanili che operano sul territorio.
E proprio dall'intreccio con le organizzazioni giovanili abbiamo avuto la conferma che il tema «quote» non appassiona i giovani, che anzi le vivono come burocratizzazioni distanti dal loro modo di comunicare e di aggregare coscienze collettive, mentre si ritrovano al nostro fianco se ragioniamo di proposte per risolvere alcuni dei problemi reali, come quello del caro affitti, dell'accesso al credito o del diritto allo studio.
Proprio perché credo con forza che nell'ambito delle politiche giovanili la Cgil debba percorrere molta strada, mi amareggia vederne banalizzato il significato nel dibattito congressuale, riducendo la discussione alla percentuale di quote dedicate, strumentalizzando così quello che invece rappresenta uno dei punti più delicati ma al contempo più importanti per la nostra organizzazione.
Al contrario, noi giovani ci batteremo per fare in modo che il congresso diventi lo strumento per riuscire a elaborare una strada condivisa per introdurre reali risposte alla questione giovanile, per accorciare l'ampio divario tra generazioni che viviamo nel nostro Paese: è una responsabilità che ogni dirigente di questa organizzazione dovrebbe assumersi proprio nei confronti di una delle fasce sofferenti del Paese.
*Segretario confederale Camera del lavoro di Bergamo - aderente mozione Epifani
 

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