ASSOCIAZIONE CULTURALE SECONDO MAGGIO
ATELIER MUSICALE XVI STAGIONE
SABATO 27 Marzo 2010 ore 17,30
AUDITORIUM DI VITTORIO CAMERA DEL LAVORO
Corso di Porta Vittoria 43 Milano
DI TORO AL QUADRATO
MICHELE DI TORO pianoforte
Programma
T. Monk
Eronel / Straight No Chaser / Blue Monk / Ruby, My Dear
D. Ellington/B. Strayhorn
Prelude To A Kiss / Caravan / Take The “A” Train / Solitude
M. Di Toro
Ginastera’s Up And Down
Echolocation
Intra’s Song
Bartok And Messiaen Moods
Improvisations From Schoenberg Klavierstucke
Conduce Maurizio Franco
Il titolo di questo concerto, che ha come protagonista uno dei più brillanti pianisti europei delle ultime generazioni, parafrasa il termine ormai storicizzato di “musica al quadrato”, con il quale si identificavano quelle composizioni che tematizzavano il loro rapporto con il passato e lo elaboravano costruendo una sorta di musica sulla musica. Nelle libere improvvisazioni che presenta oggi all’Atelier, il musicista abruzzese proporrà infatti un percorso nella sua personale storia artistica, caratterizzata da una vasta formazione musicale, nella quale lo studio del pianoforte accademico, giunto ai più alti livelli di specializzazione, si è unito a quello del ragtime e del jazz. Strumentista dalla tecnica prodigiosa, Di Toro ha inizialmente coniugato nella sua musica due aspetti quasi inconciliabili, cioè l’amore per Keith Jarrett con quello per lo Stride piano degli anni 20’, senza dimenticarsi delle sue origini “classiche”, trovando tra l’altro un terreno di fertile ricezione nelle stagioni di musica euro colta.
Nel corso del tempo, ha costruito una propria originale strada espressiva, dai tratti marcatamente europei, contraddistinta da incisioni in solo e in trio nel quale è emerso il funzionale legame con il contrabbassista Yuri Goloubev e il batterista Mario Zanoli. Un work in progress nel quale la scelta di campo jazzistica non gli ha fatto perdere i legami con il repertorio del concertismo accademico, centrato però sugli autori del ‘900. L’interesse crescente per il timbro,
le rifrazioni sonore, la dimensione percussiva del suo strumento, unite alla pratica dell’improvvisazione vista sotto diversi aspetti e procedure, ha contribuito a fare della sua musica un campo aperto di possibilità espressive. Lo evidenzia anche il programma scelto per l’Atelier, basato sull’improvvisazione legata a tematiche e spunti precisi, ma al tempo stesso libera di muoversi senza condizionamenti e quindi lasciando piena libertà all’estro del momento, alle idee che sempre, nei processi di creazione estemporanea, nascono nel corso stesso della performance.
Dei due autori scelti per l’apertura, Monk ed Ellington, vengono infatti proposte due medley di brani che non verranno eseguiti in forma completa e canonica, ma emergeranno come echi attraverso le pieghe del percorso improvvisativo. Più sfumato e indiretto è invece l’omaggio al particolare mondo di Enrico Intra, che nel suo guardare all’Europa mantenendo viva la prassi jazzistica del fare musica è sicuramente una fonte di ispirazione per Di Toro, mentre l’Afroamerica del grande compositore argentino Alberto Ginastera viene evocata in un brano dal sapore espressionista. Difficile poi immaginare la congiunzione di due moods così lontani tra loro come quelli di Bartok e Messiaen, se non pensando al modalismo presente nelle loro musiche e alla sua trasposizione jazzistica, mentre Schoenberg può rappresentare la parte più astratta e indefinita del pensiero di Michele Di Toro.
Il percorso possiede quindi un’insolita articolazione, di natura eminentemente colta, che riflette un possibile ambito per l’agire contemporaneo di un musicista europeo di jazz delle ultime generazioni, cioè la trasformazione della tradizione in un fondo culturale, in un bagaglio di conoscenze che trascende la riproposizione dei suoi stili storicizzati. Analogamente, anche la musica europea diventa in questa situazione una cultura sedimentata, una memoria che agisce come insieme di materiali in grado di ispirare, influenzare, offrire possibilità espressive originali e come tale viene utilizzata, contribuendo alla formazione di un linguaggio che in questa ricchezza di riferimenti trova la sua essenza più profonda.
Maurizio Franco