14 febbraio 2014

ATTIVO REGIONALE DELLE DELEGATE E DEI DELEGATI CGIL DEI SETTORI NON INDUSTRIALI OGGI AL TEATRO F. PARENTI DI MILANO PER CHIEDERE DI ESTENDERE GLI ACCORDI SULLA DEMOCRAZIA E LA RAPPRESENTANZA IN TUTTI I LUOGHI DI LAVORO. 

Le delegate e i delegati di Filcams, Filctem, Fillea, Filt, Flai, Funzione Pubblica, Slc, cioè di un gruppo di categorie che, alcune totalmente, altre in parte, non afferiscono a Confindustria, si sono incontrati oggi a Milano per chiedere di “estendere gli accordi su democrazia e rappresentanza a tutti i luoghi di lavoro”.

Questa iniziativa, realizzata in collaborazione con Cgil Lombardia, è stato un momento di confronto cui hanno partecipato i Segretari generali nazionali delle categorie: Massimo Cestaro (Slc), Stefania Crogi (Flai), Rossana Dettori (Funzione Pubblica), Franco Martini (Filcams), Emilio Miceli (Filctem), Franco Nasso (Filt), Walter Schiavella (Fillea), insieme al Segretario generale della Cgil Susanna Camusso che ha concluso l’attivo.
Dopo la recente firma del Testo Unico del 10 gennaio in applicazione degli accordi del 2011 e del 2013 su questa materia, si tratta ora di accendere i riflettori su quelle lavoratrici e quei lavoratori privi di regole di democrazia, con l’obiettivo di estendere gli accordi e garantire anche a loro uguali diritti ed opportunità. Al tempo stesso l’obiettivo è quello di rendere più forte la prospettiva di una legge sulla rappresentanza.
Qualche dato: in Italia, su 22 milioni di lavoratori, due milioni e mezzo (secondo i dati Aran) appartengono al pubblico impiego e hanno dunque una legge, sei milioni e mezzosono afferenti a Confindustria. Restano tredici milioni di lavoratrici e lavoratori senza regole.
La Cgil, ha 5.712.000 iscritti, 2.716.000 dei quali attivi (una percentuale del 47,5%).
Nel settore industria/costruzioni gli iscritti alla Cgil sono 944.000 (il 35%), e sono distribuiti in sei diverse categorie.

Ciò rende evidente che per essere all’altezza della situazione, non ci si può fermare all’esistente, non si può guardare solo al proprio insediamento più tradizionale, ma occorre prendersi cura di quella grande massa di lavoratori che oggi non dispongono di regole esigibili in materia.
Da questo intento inclusivo è nato il confronto di oggi.

E proprio oggi un gruppo di delegate e delegati lancia la raccolta di firme a sostegno di un appello rivolto a Cgil Cisl Uil e alle diverse associazioni datoriali, per estendere a tutti i luoghi di lavoro le regole su democrazia e rappresentanza.

La relazione all'attivo di oggi e' stata affidata a Franco Martini, Segretario generale della Filcams Cgil, che a nome degli organizzatori ha sottolineato:
"Con l’iniziativa di oggi vorremmo dare voce a quella parte del mondo del lavoro che ancora convive con un sistema di relazioni sindacali fortemente caratterizzato, oltre che dalla precarietà, dalla discrezionalità delle scelte, un sistema nel quale democrazia e partecipazione costituiscono non la regola, ma l’eccezione.
Il messaggio che vogliamo fare uscire da questa iniziativa è forte e chiaro: questo è un mondo del lavoro che necessità di affrontare la crisi e di sviluppare la contrattazione dentro il contesto della crisi, potendo esercitare pienamente il nuovo sistema di regole che, nella storia delle relazioni sindacali nel nostro Paese, ha proseguito Martini, ha vissuto una svolta radicale con l’accordo raggiunto tra sindacati confederali e Confindustria lo scorso 31 maggio. Quell’accordo ha inaugurato una fase nuova nella vita sindacale del Paese e si può ben dire che se esso fosse già esistito ed esteso a tutti i settori produttivi negli anni più recenti, la storia contrattuale degli ultimi anni, per alcune delle categorie qui presenti, sarebbe stata scritta diversamente, a partire dalla prassi per lungo tempo seguita degli accordi separati, sempre contro o per isolare la Cgil".

"Qui sta il primo contenuto del nostro messaggio, ha proseguito il segretario generale della Filcams, che vuole uscire con forza e chiarezza da questa iniziativa: quell’accordo, che le confederazioni hanno raggiunto con la Confindustria e che apre la strada ad una nuova concezione della democrazia sindacale nel nostro Paese è stata una grande vittoria della Cgil! Il coronamento di una battaglia condotta per decenni, contro chi si opponeva ad una concezione della democrazia sindacale che anteponeva la rappresentanza generale del lavoro ad una visione più chiusa e monopolistica.

Ebbene, l’accordo del 31 maggio 2013 con la Confindustria ed il suo regolamento attuativo definito col Testo Unico del 10 gennaio 2014, ribalta lo schema nel quale per decenni si sono sviluppate le relazioni sindacali ed afferma con chiarezza che da oggi in poi non potranno più esistere accordi separati, poiché, ogni intesa dovrà essere sottoposta al voto delle lavoratrici e dei lavoratori e quando diciamo che non potranno più esserci accordi separati non parliamo solo della prevalente propensione ad escludere la Cgil, quanto, di una scelta sempre in capo alla parte datoriale, perchèsappiamo che gli accordi separati sono la conseguenza di una scelta fatta sempre dai “padroni”, che individuano gli interlocutori di comodo per definire le soluzioni più congeniali agli interessi unilaterali delle imprese. E questa è la prima grande vittoria della Cgil, il voto dei lavoratori. Con quell’accordo finalmente ci contiamo!!
Ma in questi giorni si e' piuttosto dato risalto alle divisioni che hanno seguito l’accordo. Crediamo sia nell’interesse di tutta la Cgil, di tutte le categorie, di tutte le strutture territoriali far si che questa verità torni a galla, torni ad essere la vera, importante notizia in grado di dominare la cronaca politica e sindacale.
Chi ha subito quel nostro successo - ha proseguito Martini, non si è mai rassegnato, ha cercato di vanificarne il risultato, provando ad insabbiarlo. Sono occorsi più di sette mesi per arrivare al regolamento attuativo, con l’accordo del 10 gennaio e tutto questo tempo non è trascorso per pigrizia delle parti sociali o per loro distrazione.
Ciò nonostante, dopo sette mesi di confronto complicato, siamo riusciti a definire un regolamento attuativo che rende esigibili le nuove norme contenute nell’accordo sulla rappresentanza e la rappresentatività. Naturalmente, come tutti gli accordi sofferti, quell’intesa contiene certamente mediazioni tra posizioni anche distanti. Nel lavorare alle necessarie mediazioni la Cgil ha cercato fin dal primo momento di salvaguardare il valore innovativo del nuovo sistema di regole democratiche e lo ha fatto innanzitutto investendo le categorie delle giuste titolarità nella definizione dei criteri e delle modalità attraverso le quali attuare le nuove norme sulle regole. La fonte dei criteri attuativi è il contratto nazionale di categoria e questa rappresenta una grande assunzione di responsabilità da parte delle categorie.
Aver definito con chiarezza che il Ccnl è la sede nella quale definire i criteri attuativi dell’accordo sulle regole esalta l’autonomia delle categorie e assegna carattere puramente transitorio all’arbitrato affidato alle confederazioni. Così come aver definito un impianto sanzionatorio che non scarichi sui lavoratori, ma sulle loro organizzazioni, le eventuali sanzioni e che preveda, grazie alla Cgil, sanzioni anche per le aziende non rispettose degli accordi sottoscritti, colloca questa criticità in un contesto in ogni caso innovativo, poiché è la prima volta che nel sistema di relazioni viene introdotta la sanzionabilità anche per le aziende.
Sono due esempi per dire che, senza negare le possibili criticità di un accordo così complesso, la Cgil si è mossa seguendo coerentemente un tracciato di rotta che non confondesse la gerarchia dei valori contenuti in tutta questa operazione.
Per queste ragioni non possiamo accettare che venga ribaltata la verità e intendiamo ribadire che le difficoltà che pure abbiamo incontrato nel definire un regolamento attuativo non sono minimamente paragonabili all’importanza davvero storica di ciò che è contenuto nell’accordo sulle nuove regole. Quell’accordo rappresenta un vero esempio di riforma strutturale ed è importante che le parti sociali dimostrino ad una politica sempre più smarrita e confusa, per non dire attardata sulle riforme strutturali, che queste si possono fare.

Ma difendere questa riforma è ancor più importante per il mondo del lavoro che qui è rappresentato.
Adesso è il nostro turno, adesso è il momento di estendere quelle regole a tutto il mondo del lavoro e in questo mondo lo è ancor più importante almeno per la precarietà, la debolezza, la solitudine del lavoro, che lo caratterizza.
Definire regole giuste e farle applicare in questo mondo non è altrettanto facile come nel mondo confindustriale.
Ma proprio per questa ragione vogliamo che questa iniziativa solleciti la coesione e l’impegno di tutta la confederazione, di tutta l’organizzazione, perché se ognuno si preoccupasse solo del proprio orticello noi non riusciremmo ad esportare qui la nuova civiltà delle relazioni sindacali di cui hanno bisogno queste lavoratrici e questi lavoratori. E siccome non possiamo esportare automaticamente quanto fatto con Confindustria, qui dobbiamo inventarci qualcosa, dobbiamo sperimentare forme inedite di partecipazione, qui non basta dire “votiamo gli accordi”, dobbiamo capire come rendere fruibile questo diritto dove è difficile raggiungere il posto di lavoro.
Completare la riforma della democrazia sindacale, una riforma che comprenda anche questi nostri mondi, è possibile se tutta la Cgil lavora per questo obiettivo, se facciamo di questa battaglia, quella della estensione delle regole a tutti i settori, una battaglia di tutta la Cgil. E la ragione è abbastanza chiara, perché è soprattutto la Cgil a volere questa democrazia.
Ed anche perché la Cgil non rinuncia ad arrivare alla legge dopo aver esteso gli accordi a tutti i settori, di modo che l’intervento legislativo tenga conto dei principi unificanti e lasci all’autonomia delle parti la regolamentazione e per sancire la piena esigibilità dell’esercizio di democrazia su accordi e contratti e di libertà sindacale nella rappresentanza.
Per questo non possiamo apparire come un esercito che deve guardarsi più dal fuoco amico che da quello nemico, o che non sa gioire delle importanti battaglie vinte, traendo da questi successi lo spirito e le energie per vincere la guerra, che nonabbiamo ancora vinto. Non possiamo sentirci dire dalle altre organizzazioni che siamo gente strana, perché anche quando abbiamo stravinto non sappiamo fare altro che dilaniarci!

Allora, da questo attivo vogliamo dire forte e chiaro che qui dentro non c’è nessuno che vuol dilaniare qualcun’altro, siamo tutti dirigenti di una organizzazione che ha piena consapevolezza dell’importanza della vittoria che abbiamo ottenuto sulla democrazia; che ha piena consapevolezza che la partita non è ancora finita. Che essa dovrà essere giocata in campo avverso, come i settori che noi rappresentiamo. Ma siamo altrettanto consapevoli che su questa battaglia noi non potremo che esaltare il valore confederale e unitario della Cgil. Se c’è qualcuno fuori dalla Cgil che ci vuole divisi è perché ci vuole sconfitti. Ma chi ci vuole sconfitti è perché intende nuovamente negare che le ragioni del lavoro rappresentino il vero punto di riferimento nella ricostruzione del Paese, disastrato dalla crisi, per rompere il nesso tra lavoro e futuro, che la Cgil ha voluto rilanciare con il proprio congresso.
Noi difenderemo la Cgil per difendere quello che forse rappresenta oggi il vero punto di riferimento per il mondo del lavoro che vuole cambiare. E da questo attivo vogliamo dire forte e chiaro che la nostra battaglia per l’estensione delle regole a chi ancora non le ha è perché, se è vero che i mondi del lavoro sono tanti, tantissimi, il valore del lavoro, però, è uno solo. Ed è per questo che non esistono per la Cgil lavoratori di serie A e lavoratori di serie B. La Cgil sarà impegnata, assieme a tutte le sue categorie, ha concluso Martini, per portare la nuova democrazia e la nuova civiltà del lavoro in tutti i luoghi di lavoro, perché da qui potrà nascere la speranza di un vero cambiamento che il Paese attende da anni".
Sono poi intervenuti delegate e delegati delle aziende delle categorie che hanno indetto l'assemblea, e prima di tutto Susanna Borghetti, delegata FP dell'Ospedale Maggiore di Cremona ha letto l'appello sul quale si sono già raccolte stamattina centinaia di firme.

Hanno poi parlato Pierluigi Corsini Rsu azienda ospedaliera di Melegnano, Antonio Troia, Rsu Per la grande Milano Portello, Paola Tomasetti delegata Flai del settore agro-industriale, Fulvio Matarrese Rsu Corriere della sera di Milano, Mario Velli, Rsu Federutility, Renata Mazzola Rsu Casa di cura Fondazione Castellini di Milano, Maurizio Spoldi Rsu Salini, azienda edile, Luisella Gagno, Rsu Auchan Bergamo, Luigi Ciraci Ferroviere di Trenord Brescia, Mohamed Ben Halla Funzionario Cooperative Milano.
Vittorio Angiolini, Docente universitario e avvocato costituzionalista, Componente della Consulta Giuridica nazionale della Cgil ha approfondito il merito dell'accordo.

Nelle conclusioni il Segretario generale della Cgil Susanna Camusso, riferendosi alle recenti polemiche sull'accordo del 10 gennaio, ha detto che "non e' la prima volta che la Cgil vive momenti difficili, ma una grande organizzazione come la nostra ha sempre saputo discutere, anche duramente, su opzioni diverse. ogni accordo importante trova sempre posizioni differenti, ma stavolta e' diverso: non ci si ascolta,non si discute nel merito, e siccome per alcuni questo accordo non va bene, non e' possibile che qualcuno lo valuti e lo discuta.
Per cui, singolarmente, a fronte di decenni di impegno per avere delle regole di democrazia e di rappresentanza, oggi si vuol far passare che sia quasi una sconfitta. Ma noi siamo qui oggi per capire come facciamo ad avere regole di rappresentanza e di democrazia anche per i settori che non fanno capo a Confindustria.
Da qualche anno diciamo che i governi che si sono succeduti in questi anni il lavoro non e' mai stato un tema centrale. Il tempo pero' non e' una variabile indipendente, le condizioni peggiorano rapidamente. E' da tempo che continuiamo a dire a chi crede di vedere la luce alla fine del tunnel, che i numeri che descrivono la realtà dicono chiaramente che non siamo prossimi alla fine della crisi, che bisognava e bisogna decidere in fretta, fare scelte.
Ora, nella politica italiana stanno succedendo cose che noi che potrebbero determinare dei cambiamenti, che noi vorremmo che determinassero dei cambiamenti. E noi verificheremo se il centro del programma del governo sara' il lavoro, ma non in termini astratti: come si crea lavoro, come si investe per rilanciarlo, per poter dire a chi e' stato espulso dal mondo del lavoro, come ai giovani che hanno una prospettiva futura. E per fare questo bisogna ridurre la precarieta'.
Non sara' una stagione breve, ecco perché bisogna smettere di parlare in astratto di tutela del reddito e creare un sistema di regole generali per gli ammortizzatori sociali. Ma ci dev'essere anche la decisione che finalmente si mettano delle risorse per tutelare e rilanciare il lavoro.
Valuteremo, in ragione di questo, se il governo segnerà quella discontinuità necessaria o se si tratterà solo di un cambio di chi lo dirige.
Ma il Paese ha bisogno di questa discontinuità, non di un cambio di chi lo dirige.
Molti sottolineano in questi giorni la necessita' di una legge sulla rappresentanza, ma la condizione e' che le parti sociali trovino le regole per fare quella legge.
Il tema della rappresentanza e della legge non e' un'astratta esigenza dei gruppi dirigenti, ma e' qualcosa di necessario per restituire il proprio ruolo alla contrattazione. Non c'e', in questo accordo, solo il fatto che e' finita la fase dell'esclusione della Cgil, ma anche che i Ccnl devono e possono tornare ad essere uno strumento di miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro di migliaia di lavoratrici e di lavoratori". Parlando del Congresso della Cgil, Camusso ha sottolineato la volontà della Cgil di ascoltare gli orientamenti dei lavoratori. il tema del Testo Unico ha fatto irruzione e si e' inserito nel confronto congressuale". La Cgil ne sta già discutendo con i propri iscritti e lo rifaremo in tutti i luoghi di lavoro. Ma alla fine del percorso di discussione, il piu' ampio possibile, bisogna scegliere, e le scelte saranno di tutta l'organizzazione. Perché non ci sono tante Cgil, la Cgil e' una. Noi ci impegnamo innanzitutto ad evitare che qualcuno si senta escluso, ma una cosa e' fondamentale: quando ci sono delle regole, per stare insieme bisogna rispettarle. E un dirigente, quando parlano delle lavoratrici e dei lavoratori, prima ascolta e poi dice ciò' che ha da dire. 

Sesto San Giovanni 14 febbraio 2014

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