Lombardia: sindacati e imprese, impegno comune contro l'illegalità

Convegno alla Bocconi di Milano per definire i contenuti di un impegno comune di sindacati, associazioni imprenditoriali e istituzioni per combattere l’illegalità, “zavorra” per il mercato, e ostacolo allo sviluppo e all'occupazione. Il resoconto


14 novembre 2014 - Convegno oggi all’Università Bocconi di Milano per definire i contenuti di un impegno comune di sindacati, associazioni imprenditoriali e istituzioni per combattere l’illegalità, “zavorra” per il mercato, e ostacolo allo sviluppo e all’occupazione.

Dopo un breve saluto del Prof. Alberto Alessandri dell’Università Bocconi, che ha sottolineato l’impegno di quella che è una delle istituzioni culturali più prestigiose del Paese, Giovanni Minali, della CGIL Lombardia ha fornito in apertura alcuni dati appena pubblicati sulla perdita degli investimenti esteri, determinata dal malaffare, e sul peso che esso va assumendo nell’economia italiana. 

Qualsiasi ragionamento sulla legalità non può prescindere dal contesto economico. Le ultime stime dell'Fmi presentano per il nostro paese una decrescita sul 2014 rispetto al 2013 di un meno 4% della produzione industriale e un meno 4,9 % degli ordinativi dell’industria. La crescita cumulata dal 2002 al 2007 era del 7% per l’Italia, mentre la crescita cumulata dal 2008 al 2013 segna un dato negativo del -8,9.%.

Dobbiamo accettare il fatto di trovarci di fronte ad una crisi di domanda aggregata e che la politica monetaria sta esaurendo tutti gli strumenti a sua disposizione. La Lombardia tra il 2008 e il 2012 segna uno spread di crescita sulla media europea del 5,7%. Gli investimenti esteri sul flusso Lombardia/estero segnano un dato negativo di 5,5 miliardi con un deflusso di 1,3 miliardi. Siamo quindi di fronte ad una contrazione di capitali esteri legata ad operatori europei solo in parte compensati da flussi asiatici e americani.

Purtroppo il nostro paese produce anche un tasso elevatissimo di corruzione e di malaffare. Prende sempre più forma anche in Lombardia "un'area grigia" tra lecito ed illecito, complicità e collusione tra mafiosi, imprenditori, politici, professionisti e funzionari pubblici. Il radicamento delle mafie in tempi di crisi può realizzarsi per via imprenditoriale seguendo la logica degli affari, realizzando scambi corrotti e alleanze ombra. La Banca d'Italia in uno studio stima un ritardo di mancato sviluppo del 15 % del Pil nelle quattro regioni Sicilia, Calabria, Campania e Puglia. É possibile estendere, se non in misura superiore, costi economici analoghi nelle regioni settentrionali. 
Cosi come diceva Charles Bowen "piove sul giusto e anche sull’ingiusto, ma sul giusto di più, perché l’ingiusto gli ruba l'ombrello”.

Dati significativi anche nella relazione di Vincenzo Moriello, responsabile Legalità della CGIL Lombardia, che ha sottolineato che la Legalità è una leva strategica per il futuro del paese; per questo la CGIL ha lanciato nel 2011 la prima campagna nazionale “Legalità, la risposta per il lavoro e il futuro” e lo scorso ottobre una nuova campagna: “Legalità, una svolta per tutte”, centrata sulla lotta alla criminalità organizzata, sul sistema degli appalti e sul contrasto alla corruzione e all’evasione.

Ma quali sono le dimensioni economiche di questa zavorra? I dati parlano da soli:

L’Istat ha stimato l’economia sommersa (evasione fiscale e contributiva) in 187 miliardi pari all’11,5% del Pil, e la Banca d’Italia ha valutato nel 10,9% del Pil l’incidenza media dell’economia criminale. La quota di economia non osservata, (economia sommersa più economia criminale) risulterebbe quindi pari al 22,4% del Pil (circa 350 miliardi di euro). Secondo il Comando generale della Guardia di Finanza il valore dei beni sequestrati e confiscati, nel 2012 ammonta a 2.860.336.743, il 50% in più rispetto al 2010. Il valore complessivo dei patrimoni confiscati alle mafie ammonterebbe ad oggi in circa 20 miliardi di euro. Si consideri che la Lombardia è al quarto posto in Italia per numero complessivo di beni confiscati e al terzo per numero di aziende confiscate - 223 su 1707 - dopo Sicilia e Campania e quindi sempre di più si connota come regione ad intensa presenza mafiosa.
Quindi, stante l’ampio peso dell’economia illegale, il trasferimento di quote significative verso l’economia legale potrebbe rappresentare un contributo rilevante per il risanamento economico e per lo sviluppo del paese. Per la Corte dei Conti i costi della corruzione ammonterebbero a 60 miliardi di euro l’anno. 

Secondo la Relazione sulla corruzione della Commissione UE (febbraio 2014) in Europa, la corruzione e i costi indiretti, per le grandi opere pubbliche, sono stimati in Italia oltre il 40% del valore totale dell'appalto. In Italia il costo medio a Km per l’alta velocità, supera i 61 milioni di euro, mentre in Europa e nel mondo si attesta intorno ai 10 milioni di euro.

Secondo il rapporto sulla corruzione in Italia del 2012 i contratti pubblici per opere, forniture e servizi, che rappresentano il 16% del Pil, costituiscono un settore particolarmente esposto al rischio di corruzione. In Italia il ricorso a procedure negoziate (soprattutto senza pubblicazione del bando) è pari al 14% del valore dei contratti, contro il 6% della media dell’Unione. Questo fattore aumenta il rischio di condotte corrotte e fraudolente. 
Ma cosa pensano gli italiani e le imprese della corruzione? 

Secondo il sondaggio Eurobarometro del 2013 sulla corruzione, il 97% degli italiani ritiene che la corruzione sia un fenomeno dilagante in Italia (media europea è al 76%). Il 92% delle imprese italiane ritiene che nel mondo imprenditoriale favoritismi e corruzione impediscano la concorrenza commerciale in Italia (la media europea è del 73%). Il Rapporto sulla corruzione in Italia presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri agli inizi del 2013 ha rilevato una relazione inversamente proporzionale tra diffusione della corruzione e crescita economica, perché la corruzione altera la concorrenza, favorendo la concentrazione della ricchezza in favore di coloro che accettano e beneficiano del mercato della tangente.

A confermare questi dati la Banca mondiale, nelle ultime rilevazioni sulla valutazione della corruzione colloca l’Italia agli ultimi posti evidenziando che:

- Nella classifica stilata ogni anno da Transparency International, sulla percezione della corruzione nel settore pubblico e politico a livello globale, l'Italia si colloca nel 2013 al 69° posto. 
- Nella speciale classifica pubblicata il 1° dicembre 2011, che si sviluppa secondo l’indice CPI (Corruption Perception Index) su una scala da 1 a 10, dove 10 individua l’assenza di corruzione, su 182 Paesi, l’Italia si è attestata a 3.9 punti contro il 6.9 della media OCSE. Ogni punto di discesa in questa classifica provoca la perdita del 16% - sedici per cento - degli investimenti dall’estero. 

Anche il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco ha di recente sottolineato che l’Italia ha perso tra il 2006 e il 2012 quasi 16 miliardi di euro di investimenti esteri a causa della penetrazione criminale nel territorio. 
Questo sintetico quadro conferma che per l’Italia la rimozione della zavorra dell’illegalità è una priorità da assumere senza ritardi ed incertezze. 

Una conferma indiretta al rapporto tra sviluppo economico e legalità dall’elaborazione ci viene dai dati forniti da Eurostat sul rapporto tra gli investimenti in ricerca e sviluppo, l’economia e le attività illegali. 
I Paesi che investono di più in Ricerca e Sviluppo in percentuale rispetto al Pil, tra cui ci sono Germania e Francia, registrano una minore incidenza del peso delle attività illegali e dell’economia sommersa.
L’Italia che ha un peso dell’economia sommersa pari all’11,5% del Pil, il più alto tra i paesi considerati, ha la più bassa percentuale di investimenti in ricerca e sviluppo rispetto al Pil.

L’impresa mafiosa investe soprattutto, come emerge da una ricerca di Transcrime del 2013, in:

-territori contrassegnati da un’intensa presenza mafiosa;
- territori con scarsa dotazione infrastrutturali e bassi livelli di sviluppo economico e bancario/finanziario;
- settori ad alta intensità di manodopera e bassa produttività del lavoro;
- settori caratterizzati da imprese medio-piccole;

Appare dunque molto netta la frontiera tra modelli di sviluppo che favoriscono l’insediamento dell’impresa mafiosa, e modelli che, promuovendo l’impresa legale, investono sull’innovazione e la qualità delle condizioni di lavoro, su buone relazioni industriali, sulla salvaguardia dell’ambiente, rappresentando così una barriera alla penetrazione delle mafie.

Da queste considerazioni - ha concluso Moriello - nasce la proposta di un decalogo di regole finalizzato all’integrità della gestione dell’impresa e alla legalità come fattore di successo, che la CGIL pone al centro del confronto tra gli attori sociali, economici ed istituzionali presenti, per condividere una visione dei problemi e la volontà di proseguire un lavoro comune.

Per il Professor Michele Polo, eni Chair in Energy Markets dell’Università Bocconi, i numeri non colgono un fattore preoccupante ma di difficile quantificazione: la contaminazione dell'economia legale. Si allentano le modalità di adesione alla legalità, e questo si lega ad altri fattori paralleli come l'evasione fiscale e la corruzione nell'interlocuzione con i poteri pubblici, che contribuiscono a contaminare l'economia legale. C'è una diffusa area grigia, costituita da una sorta di cerchi concentrici, che impedisce all’economia di svilupparsi.

Con una sottolineatura da parte di Giovanni Minali, che ha coordinato il dibattito, del ruolo delle istituzioni nella lotta all'illegalità, ha preso la parola il Sindaco Giuliano Pisapia, che ha detto: "“Nella nostra città c’è un impegno diffuso e condiviso nel contrasto alle organizzazioni criminali. In questa lotta per la legalità ci sono in prima fila il Comune, le istituzioni, ma anche le imprese e il mondo produttivo: i sindacati e le organizzazioni industriali. Questo lavoro si traduce in atti concreti, penso allo sforzo che stiamo facendo insieme sul fronte dei beni confiscati. A Milano, tra aziende e immobili, sono stati complessivamente più di 450 i beni sequestrati. In cinque anni il Comune ha ricevuto dallo Stato e messo a bando 161 unità immobiliari. Di queste 138 sono state assegnate tramite bando e 14 sono in fase di assegnazione (per altre 9 c’è già stata formale manifestazione di interesse). In questi anni - ha proseguito il sindaco - abbiamo fatto rinascere a nuova vita queste strutture, le abbiamo restituite alla collettività. E anche la scelta del Comune di istituire un Festival dei Beni Confiscati serve a tenere alta l’attenzione su questo fenomeno. Per quanto riguarda le inchieste, ha concluso, ribadisco che sarei più preoccupato se non si scoprisse nulla, significherebbe che le azioni di contrasto sono inefficaci. I protocolli di collaborazione tra le istituzioni sono importanti, è però fondamentale che ci sia un livello adeguato di controlli”, ha detto infine il Sindaco di Milano.

L'assessore regionale alle Attività Produttive Mario Melazzini ha detto: Occorre “investire sulla cultura perché "nessuna legge esterna può cambiare in profondità i comportamenti delle persone", lavorare in squadra tra Istituzioni, "in maniera da rendere patrimonio comune le azioni positive che ciascuno fa", costruire le strade per dare risposte concrete e sostenere le imprese, "perché in questo modo si riducono le spinte verso l'illegalità". Sono queste le misure indicate dall'assessore alle Attività produttive, della Regione Lombardia, Mario Melazzini, per "creare sviluppo e occupazione attraverso la legalità. Compito nostro - ha aggiunto l'assessore - è garantire strumenti concretamente applicabili, nel rispetto delle regole, per impedire che la situazione attuale di crisi apra le porte all'illegalità. E’ necessario dare una spinta alla crescita. Una economia legale è una economia in cui si investe in ricerca, innovazione e sviluppo e si crea una cultura favorevole all'impresa è una contesto in cui le aziende possono crescere". 

il Prof Alberto Alessandri ha ricordando quanto gli ultimi dieci anni di lotta alle infiltrazioni al Nord siano stati complicati. Un fenomeno sommerso, sul quale è difficile avere dati, anche se la percezione diffusa tra la cittadinanza è che questo fenomeno sia pesante e faccia sentire il fiato sul collo soprattutto nell'hinterland milanese. Nelle iniziative dei vari governi che si sono succeduti, non ci sono effettivi interventi di contrasto. Il peso della legislazione e delle regole è diminuito, ma ad esempio su Expo ce ne sono talmente tante, e c'è una tale confusione che si rischia di disorientare i cittadini. La nostra pubblica amministrazione a tutti i livelli è gravemente inefficiente, e non possiamo pensare che la Magistratura ci metta una pezza. Non si incide così sulla realtà dei fenomeni, e quel legame perverso che si va estendendo tra corruzione e criminalità organizzata. La gestione delle aziende confiscate è fallimentare, ha detto Polo, al Sud ma anche al Nord. Solo con un'azione comune, ha concluso, è possibile combattere efficacemente la criminalità organizzata. Bisogna rimboccarsi le maniche con urgenza perché la casa brucia, e chi tiene a questa casa deve fare fronte comune perché l’Italia sia un paese vivibile per noi e per i nostri figli. Consideriamo quello di oggi un inizio, ha aggiunto, e propone che la Bocconi si impegni a costituire un gruppo di lavoro che coinvolga i vari soggetti per dar seguito alla proposta del decalogo.

Antonio Calabrò, in rappresentanza di Assolombarda, ha detto che il mercato non può essere considerato il far west ma dev’essere una struttura ben regolata nella quale il rispetto delle regole è fondamentale per l'esistenza del sistema stesso. Per le imprese e per Assolombarda non siamo al calcio d'inizio, perché si è già fatto molto, e nemmeno per il sindacato, che ha pagato al Sud anche un tributo in vite umane. La legalità è un asset fondamentale per la competitività in questo paese, anche se le politiche pubbliche sono insufficienti. Bisogna lavorare su due versanti: una comprensione esatta dei canali di infiltrazione della mafia nell'economia, sapendo che ci sono settori di particolare debolezza, come il credito; in tempi di crisi si tende a cercare scorciatoie. Prima erano l’edilizia, il movimento terra, i trasporti, i rifiuti, ora ci si sposta sull'uso delle imprese come canali di riciclaggio. C’è un allarme credito e un allarme recupero crediti, per via dell'affidarsi a mediatori di forte potere persuasivo. Assolombarda sta anche lavorando con i propri iscritti soprattutto in provincia per dire che il rapporto con la mafia non è un rapporto con un'agenzia che fornisce servizi, ma è un rapporto per sempre.
Per questo bisogna continuare a lavorare insieme per questa grande battaglia di civiltà e di democrazia, individuando strumenti concreti. C'è poi il tema importante delle aziende confiscate, che hanno bisogno della figura di un manager sotto il controllo della magistratura.

Elena Lattuada, Segretario generale della CGIL Lombardia ha detto: “Userò il termine coraggio per parlare di tante compagne e compagni che ogni giorno, facendo il loro lavoro, rischiano, non solo al Sud ma anche qui da noi. Noi non arriviamo qui dal nulla, ma con una proposta che parte da un lavoro fatto con grande fatica soprattutto in alcuni settori come l'edilizia, la cooperazione, la logistica. E' lì che si è soprattutto concentrato il rischio, e i vari protocolli firmati mostrano un punto di debolezza: troppo spesso gli accordi che si fanno vengono dimenticati, e la gestione di quegli accordi, il fatto di farli vivere nella vita quotidiana delle persone è il punto di debolezza. Per questo vorremmo che tutti quelli che hanno preso parte alla discussione di oggi se ne facciano carico.

Come costruiamo, in un rapporto di collaborazione tra soggetti, l'idea che tra sviluppo e legalità c’è un nesso imprescindibile. Il lavoro e lo sviluppo devono passare da un confronto che sia quotidiano e che ogni giorno faccia dei temi della trasparenza e della qualità dell'impresa e del lavoro temi centrali. C'è un lavoro buono e meno buono, e quello buono è fatto di rispetto delle regole, di diritti e di doveri.
Il tema è se troviamo dei punti comuni per costruire un protocollo d'intesa con le associazioni imprenditoriali, a partire da Assolombarda ma anche con Confcommercio e il mondo cooperativo, per dare concreta applicazione a questi impegni anche nel rapporto con le singole imprese. 
Dunque ripartiamo con l'iniziativa facendole fare un salto di qualità, riportando in superficie, dando valore e dignità al lavoro "povero", ma anche a quello dei livelli più alti di qualità' del lavoro, perché anche lì si annidano i rischi per la legalità. E' così che si da' un segnale di cambiamento, anche se non basta, bisogna indirizzare i finanziamenti pubblici verso quelle aziende che sostengano e utilizzano lavoro buono, innovazione e ricerca.
Il decalogo è un canovaccio di buone regole su cui vogliamo confrontarci con tutti soggetti in campo e con tutte le associazioni di impresa.

Flavio Valeri dell’Abi ha riportato alcune cose che l'Associazione Bancaria italiana sta facendo, focalizzandosi su tre aree, quella del rapporto di collaborazione con le autorità, quella del rating di legalità per la concessione del credito, quella della modernizzazione e razionalizzazione dei procedimenti giudiziari. Grande importanza ha il monitoraggio delle attività finanziarie, mentre sui beni sequestrati, c'è' un protocollo d'intesa con l'autorità pubblica. Ha poi parlato dell'archivio unico informatizzato dei rapporti finanziari, finalizzato alle indagini di primo livello sui rapporti finanziari delle persone indagate. 
Ha infine auspicato un sempre maggiore supporto allo sviluppo del processo civile telematico che fa parte del programma di ammodernamento del paese cui l'Abi ha contribuito. 

Concludendo il convegno Gianna Fracassi della Segreteria confederale della CGIL ha ricordato i punti fondamentali che favoriscono il diffondersi dell'economia illegale, sottolineando il legame che questo ha con il lavoro. Fracassi ha individuato nella mancanza di regole di contrasto all’illegalità uno dei limiti della riforma della PA in discussione in questi giorni. Una riforma che non basta, non serve e dovrebbe andare in un’altra direzione. C'è un elemento che riguarda la riforma della giustizia, rispetto alla quale è fondamentale l’introduzione del reato di autoriciclaggio. Ad oggi c'è' un compromesso che non ci soddisfa, e chiediamo che in fase di discussione parlamentare quell'elemento sia rafforzato. Com'è importante il provvedimento sul falso in bilancio, di cui si è persa traccia, e la revisione dei termini di prescrizione per il processo penale, perché tanti processi hanno una chiara connessione con i temi al centro di questo convegno. Crediamo ci sia da mettere in campo anche un'azione come organizzazioni sindacali. La CGIL ha lanciato una nuova campagna sulla legalità “Una svolta per tutte”, centrata sulla corruzione, sul sistema degli appalti e sulla lotta all’evasione fiscale e alla criminalità organizzata, perché c’è bisogno di tenere insieme richieste di carattere generale con pratiche di legalità. Per questo abbiamo pensato ad un viaggio che è iniziato a Milano con al centro il tema dell’Expo e sta proseguendo in tutto il paese.

Un'organizzazione come la nostra può fare molto. Sul versante corruzione, abbiamo lanciato una raccolta di firme per una proposta di legge di iniziativa popolare sugli appalti, perché è lì che si annidano i rischi più alti perché i massimi ribassi nuocciono alle aziende che agiscono nella legalità, con effetti che si scaricano sui lavoratori. Per questo il rispetto dei CCNL è fondamentale anche nella battaglia per la legalità. Sull’evasione fiscale Gianna Fracassi ha sottolineato che bisogna rendere esigibili i provvedimenti che ci sono. Vanno stimolati i patti antievasione per recuperare risorse che, rimanendo in mano agli enti locali, possono supportare i servizi.
Sul tema delle aziende confiscate ha ricordato che il 90% delle aziende fallisce. Per questo abbiamo promosso, insieme ad altri soggetti come Libera e Avviso Pubblico una proposta di legge per il recupero produttivo e la salvaguardia dell’occupazione, affinché non accada più di sentir dire che con la mafia si lavora, con lo stato no.
E’ stato approvato già un testo base in Commissione giustizia, ma lì ci siamo fermati. 

Abbiamo chiesto alla politica di accelerare perché nel frattempo le aziende muoiono e chiediamo che sia rapidamente nominato il comitato direttivo dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati, affinché ritorni alla piena funzionalità. Abbiamo bisogno di dare segnali chiari su questi temi anche sul versante europeo. Perché il Presidente del Consiglio non si sta facendo portatore, in questi sei mesi di mandato, dell’esigenza di intervenire su questi temi? Non riscontriamo risposte, al di là delle operazioni di riduzione dei diritti, ma è così che si da' un segnale di cambiamento, e si contribuisce ad una grande opera di riunificazione del Paese”. E mentre sul megaschermo del convegno passavano le immagini della manifestazione dei metalmeccanici in Piazza del Duomo, Gianna Fracassi ha concluso dicendo: “ Noi oggi abbiamo incrociato protesta e proposta perché vogliamo veramente cambiare l'Italia”.

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