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Pensioni adeguate e sostenibili: risoluzione assunta dal parlamento europeo il 24 settembre 2003Pensioni adeguate e sostenibili: risoluzione assunta dal Parlamento europeo il 24 settembre 2003
Il Parlamento europeo il 24 settembre scorso ha approvato una risoluzione “sulle pensioni adeguate e sostenibili” che, se ce ne fosse ancora bisogno, fa definitivamente chiarezza in merito a ciò che ci chiede l’Europa sulle pensioni: potremmo anche chiamarla operazione verità, contro le bugie che da mesi a questa parte ci propina il Governo Berlusconi.
Il Parlamento europeo parte, infatti, dalla considerazione che alcuni Stati membri (l’Italia è tra questi) hanno già intrapreso riforme che vanno nella giusta direzione, specificando ancora una volta che “ la responsabilità fondamentale della politica e del finanziamento in materia previdenziale incombe, e deve continuare ad incombere, agli Stati membri, conformemente al principio di sussidiarietà.” Secondo il Parlamento europeo, inoltre, la collaborazione tra gli stati membri è importante e si realizza per mezzo del coordinamento aperto.
Il Parlamento europeo evidenzia che i regimi pensionistici rappresentano uno strumento per il benessere sociale e un elemento importante per promuovere la coesione sociale.
Il finanziamento dei sistemi pensionistici pubblici deve, secondo il Parlamento europeo, costituire una priorità nei bilanci degli Stati membri e dei paesi candidati, anche se il Parlamento ribadisce che”qualsiasi analisi dei sistemi pensionistici attuali e futuri debba non soltanto includere una dimensione finanziaria ma anche tenere in debito conto gli aspetti sociali e assistenziali, nonché focalizzarsi sulla misura in cui un sistema pensionistico possa contribuire alla solidarietà intra e inter- generazionale.” La migliore garanzia di sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici è data dalla crescita economica e dalla piena occupazione, con posti di lavoro di qualità in ambiente di lavoro salubre e sicuro.
Secondo il Parlamento Europeo i regimi pensionistici pubblici,
dati gli inerenti forti effetti redistributivi, hanno un’importanza vitale per un’attribuzione e una distribuzione socialmente accettabile del reddito dei pensionati e per lottare efficacemente contro la povertà.
La flessibilizzazione dell’età pensionabile e del passaggio dalla vita attiva alla pensione sono, per il Parlamento europeo, gli elementi determinanti per garantire l’adeguatezza delle pensioni: a questo fine il Parlamento si pronuncia in maniera chiara ed inequivocabile contro qualsiasi aumento obbligatorio dell’età pensionabile, manifestando invece la propria approvazione “per un innalzamento dell’età effettiva di pensionamento, che venga realizzato con incentivi e non con disincentivi quali la drastica riduzione dell’entità della pensione. “Tutto ciò significa – dice il Parlamento europeo - che i Governi devono saper coniugare politiche di sviluppo economico e di innovazione, con la capacità di aumentare l’occupazione mediante la promozione attiva delle opportunità di formazione permanente, del miglioramento della qualità del lavoro e di un ambiente lavorativo salubre e sicuro.”
Questo in estrema sintesi quanto è stato approvato dal Parlamento Europeo.
L’Europa, quindi, non ci chiede alcuna riforma delle pensioni, anzi l’Europa riconosce all’Italia, insieme alla Svezia, il merito di aver fatto delle riforme draconiane. Dalla lettura del testo della relazione congiunta della Commissione e del Consiglio europeo emergono, infatti, per il nostro Paese le seguenti indicazioni: lotta al lavoro nero e alle evasioni contributive, necessità di eliminare o di ridurre drasticamente i prepensionamenti, necessità di aumentare l’occupazione per i giovani, ma soprattutto per le donne e i cosiddetti “lavoratori anziani”, necessità di sviluppare la previdenza complementare, necessità di garantire pensioni adeguate e dignitose ai giovani che svolgono le nuove forme di lavoro.
Certo la Commissione nelle tre pagine dedicate all’Italia fa riferimento anche al nostro pesante debito pubblico e non sarebbe corretto da parte nostra far finta di ignorare che politica macroeconomia,
politica occupazionale e politica sociale sono strettamente interconnesse:ciò che non possiamo accettare è che in assenza di una politica economica credibile, tutto si riduca a tagli alla spesa sociale e alla spesa previdenziale.
Il problema del nostro Governo, infatti, non è quello di fare una nuova riforma strutturale delle pensioni, ma di mettere fine ai tanti guasti provocati al nostro sistema economico proprio dalla totale inadeguatezza di tutte le misure di carattere economico-finanziarie che sono state fin qui varate o che il Governo si accinge a varare (vedi vacuità e disonestà dei nuovi provvedimenti annunciati per la finanziaria 2004).
Molti ci dicono che come Sindacati stiamo troppo sulla difensiva, che altri Paesi europei (Francia, Germania, Austria) stanno procedendo a riforme difficili, che anche noi dovremmo avere il coraggio di guardare avanti: a tutti questi rispondiamo che il coraggio di guardare avanti e di fare riforme “drammatiche” noi lo abbiamo già avuto,e lo abbiamo fatto con il consenso dei lavoratori, ora dobbiamo rispettare i patti.
Non si può discutere con chi vuole distruggere il nostro sistema previdenziale pubblico: non si tratta di stare sulla difensiva, si tratta di applicare correttamente le riforme già fatte, di procedere nell’opera di armonizzazione delle normative, di continuare ad eliminare i privilegi ancora esistenti, di verificare e di migliorare in corso d’opera i trattamenti pensionistici per i giovani, di garantire il potere d’acquisto delle pensioni, di creare una normativa chiara che permetta a tutti i lavoratori la possibilità di cumulare i vari spezzoni di vita lavorativa, di dare finalmente risposta a tutti coloro che svolgono mansioni usuranti.
No, non stiamo sulla difensiva, ma si può discutere solo se l’interlocutore è credibile e se vuole veramente parlare del nostro sistema previdenziale e non di come fare cassa con le pensioni per convincere Bruxelles ad accettare una finanziaria colabrodo.
www.cgil.it/welfare/
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