Legge bossi-fini: appello della cgil lombardia
Per Maroni “la Bossi-Fini non si tocca”.
Intanto aumenta il rischio del ritorno alla clandestinita’.
La CGIL lancia un appello a realizzare presìdi davanti alle prefetture
in tutto il territorio lombardo.
La flessibilità sul lavoro è largamente diffusa tra le lavoratrici e i lavoratori immigrati.
Flessibilità che, se non governata, rischia di rigettare nella clandestinità migliaia di immigrate/i e di alimentare il lavoro nero
Lo stop del ministro Maroni all’accordo raggiunto a Milano tra il suo rappresentante periferico e la Prefettura, unitamente alle associazioni padronali , l’INPS e CGIL CISL e UIL penalizza gli sforzi di chi sul territorio sta cercando di costruire procedure snelle atte a garantire la tutela del lavoratore immigrato e a definire un rapporto di lavoro in regola con le normative di legge.
Lo stop contraddice gli assunti federalisti del ministro leghista, che con il suo gesto riafferma la centralità romana rispetto alle esigenze e ai bisogni locali.
Un atto che si colloca in un quadro in cui le 700.000 richieste di regolarizzazione hanno evidenziato che la presenza degli immigrati in Italia non era una presenza ai limiti della legalità, come il centro destra per mesi ha sostenuto, ma un contributo fondamentale per lo sviluppo del nostro paese.
Bloccare l’accordo a Milano significa non dare la possibilità al lavoratore immigrato licenziato di trovarsi un nuovo datore di lavoro.
Sarà dunque costretto ad entrare nel circuito del lavoro nero e, nel momento in cui sarà chiamato per la regolarizzazione, rischierà di essere espulso in quanto il nuovo datore di lavoro non ha avviato le procedure previste dalla Bossi Fini per la regolarizzazione.
Una decisione, quella del ministro Maroni, che evidenzia come la vera finalità della Bossi Fini fosse quella di aumentare le espulsioni dal nostro paese.
In Lombardia, per oltre 150.000 persone immigrate la possibilità di regolarizzazione è stata vista come una speranza; oggi, con lo stop del ministro del welfare basterà perdere il posto di lavoro per ripiombare nella precarietà e nella clandestinità.
Uno stop che fornirà mano d’opera a basso costo a chi fa del lavoro nero il punto di forza nella competizione tra aziende.
La CGIL Lombardia invita tutte le proprie strutture a organizzare presidi e a richiedere incontri ai prefetti per segnalare il profondo dissenso nei confronti delle decisioni assunte dal Ministero del Welfare.
La CGIL Lombardia esprime il proprio disappunto nel veder vanificato il lavoro compiuto dalla Direzione Regionale del Lavoro, improntato a garantire il rispetto delle normative esistenti attraverso procedure certe e snelle.