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Articolo 18 campagna referendariaASSEMBLEA DEI QUADRI E DEI DELEGATI DELLA CGIL LOMBARDIA CON GUGLIELMO EPIFANI OGGI AL TEATRO NUOVO DI MILANO, A CHIUSURA DELLA CAMPAGNA REFERENDARIA PER IL SI SULL’ARTICOLO 18.
Con un’assemblea dei delegati partecipata e affollatissima nonostante il caldo, la Cgil Lombardia ha chiuso stamattina al teatro Nuovo di Milano la campagna per il Si al referendum sull’art.18.
Si tratta-hanno sottolineato con forza sia Susanna Camusso Seg. Gen. della Cgil Lombardia, sia Guglielmo Epifani e i numerosi interventi dei delegati- di un referendum che la Cgil non ha promosso, ma che chiede di estendere gli effetti dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori a coloro che sono occupati nelle imprese più piccole e che, di fatto, impedirebbe di modificare, per almeno cinque anni, l'articolo 18 e le tutele già acquisite.
Per questo la Cgil sostiene la partecipazione al voto e si esprime per il “SI” al quesito referendario: un “SI” sulla strada delle riforme.
Centinaia sono state nelle scorse settimane, nei luoghi di lavoro su tutto il territorio regionale, le iniziative per spiegare le ragioni della Cgil a sostegno del Si al referendum e delle proposte di legge di iniziativa popolare che verranno presentate e che hanno già raccolto oltre 5 milioni di consensi.
L'assemblea, presieduta da Nicola Nicolosi e conclusa da Guglielmo Epifani, è stata aperta da una relazione di Susanna Camusso che dopo aver sottolineato la necessità che la diplomazia torni a dispiegarsi e a prevalere in Medio Oriente, ha ricordato il percorso di discussione che ha portato la Cgil a decidere per il Si. Certo, " i limiti di questo referendum verso le lavoratrici e i lavoratori cosiddetti atipici ci sembravano troppo forti; i rischi di riduzione, di divisione di un movimento ampio e combattivo che si raccoglieva sotto le bandiere della cgil s’intrecciavano nella nostra discussione con gli argomenti della coerenza sulle parole d’ordine sui diritti e l’art.18, con l’urgenza di non trascurare l’attacco del governo che continuava sotto la forma delle deleghe 848 e 848bis originate dal libro bianco.
Abbiamo rimesso al centro il lavoro e i diritti-ha detto Camusso- abbiamo riproposto, raccogliendo consenso e comprensione, l’idea forte che i diritti del lavoro fanno parte dei diritti delle persone, quei diritti che sono indisponibili alla mercificazione,
allo scambio, allo snaturamento.
La centralità del lavoro e della cittadinanza nelle politiche di un paese non è data e acquisita una volta per sempre, è un terreno da riconquistare quotidianamente e da coltivare con la coerenza degli obiettivi e delle iniziative.
Abbiamo contrastato un' idea di libertà di scelta che si traduce in subalternità al potere del più forte, perché di questo si tratta quando non si mette al riparo il lavoro dagli arbitri degli imprenditori, piccoli o grandi che siano, perché la qualità e il simbolo è che non vi deve essere arbitrio.
Abbiamo contrastato l’idea che i diritti sono una coperta piccola e la loro estensione passa attraverso la riduzione della qualità del diritto stesso.
Quando si dice che garantire i diritti per i lavoratori delle piccole imprese significa diminuire l’occupazione- slogan che a firma delle imprese abbiamo visto su tutti i muri delle nostre città-si afferma un modello di società, di vita, di lavoro che supera l’antica categoria marxista della forza lavoro come merce, per tradurre in merce il lavoratore.
Si dice che con l’estensione del 18 le piccole imprese vedranno messa in discussione la loro competitività; non ci stancheremo mai di ripetere che la competitività di un’ impresa, la sua capacità di stare sul mercato, è data dalle politiche di prodotto, dalla capacità di innovare e di fare ricerca e che tutto ciò viene rafforzato da una dignità più forte del lavoratore: sicurezza, dignità, visibilità, riconoscimento del valore del proprio lavoro sono parametri decisivi di competitività di ricchezza di un impresa e, mi si permetta di dire, elementi di civiltà questi sì esportabili nel mondo.
di tutto possiamo venir accusati, ma non di sottovalutare che gran parte del tessuto produttivo è fatto di piccole e piccolissime imprese. Sono 700.000 le imprese lombarde, più di tre milioni i lavoratori, ma vorremmo una discussione vera su ciò che serve alle imprese. Provo a dire: credito, commercio estero , incentivi alla ricerca e all’innovazione, strumenti per affrontare crisi e difficoltà del mercato.
Possiamo allora con qualche forza dire-e su questo proporre politiche di alleanza-che mentre le grandi imprese vanno alla ricerca della mobilità lunga dando fondo alle scarse risorse previste dallo stesso patto per l’Italia, solo la cgil ha messo in campo una proposta di legge che affronta il tema degli ammortizzatori sociali,
che li considera un obiettivo primario
Perché non abbiamo dubbi che molta legislazione ha penalizzato i settori più frantumati le imprese piccole, basti pensare al divario tra commercio, turismo e grande distribuzione.
Per questo noi consideriamo-e l’abbiamo praticato raccogliendo più di 5 milioni di firme e mettendo in campo proposte di legge di estensione dei diritti e politiche degli ammortizzatori sociali -che sono aspetti che devono viaggiare insieme e fanno parte delle politiche di sviluppo di cui ha un disperato bisogno il nostro paese.
Abbiamo detto, quando era in voga definirci catastrofisti perché vedevamo i segni di crisi del e nel paese e il governo annunciava il nuovo miracolo economico, che non ci faceva piacere indicare problemi che si sarebbero inevitabilmente tradotti in difficoltà e sacrifici per i nostri rappresentati, ma lo facevamo, rompevamo il cortese consenso silenzioso di Banca d’Italia, confindustria, associazioni datoriali, dichiarando la verità che oggi riconoscono tutti, perché vogliamo bene a questo paese, perché non sappiamo e non vogliamo rassegnarci all’imbarbarimento delle relazioni sociali che deriva dalla negazione del lavoro, dalla negazione dello stato sociale, dalla negazione dei diritti e della dignità.
Tutto questo, non solo l’attacco forsennato del governo, ci ha portato a definire delle proposte di legge, ad accompagnare la protesta contro l’attacco al diritto del lavoro con le nostre proposte.
Tutto questo ci porta a continuare il confronto con confindustria per indicare scelte utili allo sviluppo del nostro paese.
Tutto questo ci porta ad una stagione contrattuale faticosa, con tensioni unitarie inedite, dove alle rivendicazioni contrattuali si aggiunge la difesa dai gravi ed ingiusti provvedimenti sul lavoro introdotti dalla legge 30.
Tutto questo sta all’origine del no della fiom ad un contratto che cancellava le norme contrattuali per far prevalere l’applicazione della legge 30.
Invitare a votare Sì vuol dire fare sintesi di ciò che ci ha impegnato in una lunga campagna che ha suscitato intorno alla nostra confederazione grandi aspettative e speranze."
www.lomb.cgil.it/art18/art18.php
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