Base vicenza: riaprire il dialogo


BASE VICENZA: RIAPRIRE IL DIALOGO

L’annuncio della decisione del Governo Italiano di confermare gli impegni assunti dal governo Berlusconi per l’ampliamento della base di Vicenza suscita vari elementi di perplessità e contrarietà di merito e di metodo.

Pesano ovviamente la responsabilità primaria del governo di centrodestra e la modalità con la quale l’amministrazione della città di Vicenza ha concesso il proprio parere favorevole.

Ma una decisione, presentata come una presa d’atto dovuta, non produce la necessaria trasparenza sui termini dell’intesa sottoscritta e non determina il necessario confronto con la richiesta dell’amministrazione statunitense, che, nel quadro degli impegni internazionali dell’Italia, permetta di valutarne il significato in rapporto alle strategie e agli interessi dell’Italia e dell’Europa, in particolare nello scacchiere mediterraneo e mediorientale. Proprio in quest’area il governo ha finora improntato la propria politica alla ricerca della cooperazione e del dialogo per la pace e la soluzione dei conflitti e al rifiuto di approcci unilaterali fondati sulla forza. La scelta relativa alla base di Vicenza segnerebbe invece solamente un puro aumento nell’impegno del territorio italiano per usi militari.

Inoltre, proprio perché si tratta di materia che fa capo alle sue primarie prerogative, il governo non può non assumere, per la sua parte, la responsabilità del confronto con la diffusa ostilità della popolazione a questa decisione, espressa dalla richiesta referendaria e da numerose mobilitazioni, alle quali anche le strutture della CGIL di Vicenza e della regione hanno partecipato.

E’ evidente infatti che la decisione sulla base di Vicenza non è semplicemente una questione urbanistica (che pure merita ogni considerazione visto l’indiscutibile pesante impatto sul territorio), ma interpella l’esercizio della sovranità e la coerenza della politica estera del Paese, e le conseguenza economiche, ambientali e di sicurezza del territorio e della regione interessata dal progetto, che devono fare parte in modo esplicito e trasparente del processo decisionale che il governo dovrebbe realizzare. Tale processo non può eludere una fase di dialogo e di confronto che risponda alla molteplicità dei problemi sollevati nel territorio e l’avvio ravvicinato della riflessione sull’insieme delle servitù militari del Paese, peraltro già previsto dal programma di governo.


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