Conclusioni di fulvio fammoni della segreteria nazionale della cgil al comitato direttivo della cgil lombardia


COMUNICATO STAMPA



CONCLUSIONI DI FULVIO FAMMONI DELLA SEGRETERIA NAZIONALE DELLA CGIL AL COMITATO DIRETTIVO DELLA CGIL LOMBARDIA


Al termine dei lavori del Comitato Direttivo della Cgil Lombardia che ha votato un documento unitario, Fulvio Fammoni, della Segreteria nazionale della Cgil ha detto:
“ E’ proprio un confronto “anomalo” quello che si è appena concluso, in particolare nel rapporto tra rappresentanza sociale e rappresentanza politica. Abbiamo assistito a scelte che contrastavano col programma di governo, e con posizioni diverse tra loro. Ancora ieri la Ministra Bonino si rammaricava sulla stampa del fatto che non si sia innalzata l’età pensionabile delle donne.
Il tutto condito da una campagna evidente contro il sindacato e la Cgil, la cui parte più visibile è stata la polemica sui giovani”. A questo proposito Fammoni ha ricordato la famosa manifestazione indetta da Giachetti che, pur contando poche decine di partecipanti, ha avuto lo spazio di un’intera pagina sul Corriere.
“In questa trattativa abbiamo registrato elementi di divisione anche sui punti più positivi: sulle pensioni basse, ad esempio, c’era un decreto che prevedeva lo stanziamento dei fondi ma non si capiva per indirizzarli a chi.
Tuttavia – ha detto Fammoni – questa anomalia non può oscurare i risultati che abbiamo ottenuto.
Non è verso che abbiamo portato a casa una trattativa a costo zero: i 2,5 miliardi diventano 25 nel corso dei dieci anni che sono stati definiti. Ed è inutile polemizzare sui 7,5 miliardi dell’extragettito che sono andati a ripianare il disavanzo, perché questo avrà degli effetti sulla prossima finanziaria. Il punto è un altro, che il 2,5 miliardi che erano alla base di questa trattativa e che sarebbero dovuti andare per il 66% ai pensionati e ai lavoratori e per un terzo alle imprese, non hanno rispettato queste percentuali e ben più alta è la quota che è andata alla nostra rappresentanza.
Per i pensionati abbiamo ottenuto l’indicizzazione da 3 a 5 volte del minimo ed è importante, ma il loro potere d’acquisto e le loro condizioni di vita risultano difese anche da altri elementi.
“Da quanti anni – si è chiesto il segretario nazionale della Cgil – chiedevamo la totalizzazione? Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, è vero che non aumenta di moltissimo l’indennità di disoccupazione, ma è prevista la piena copertura previdenziale che per molte delle persone che rappresentiamo incide molto.
Il testo che riguarda la prospettiva di riforma degli ammortizzatori, nonostante le difficoltà che incontreremo per la resistenza da parte delle imprese a destinare risorse, tuttavia cancella definitivamente quella 848 bis che diversificava per categorie il diritto agli ammortizzatori sociali producendo gravi disuguaglianze.
Sul capitolo delle pensioni, l’aver riportato a 4 le finestre per i 40 anni è positivo: inutile ricordare che altrimenti dal 1° gennaio del prossimo anno si sarebbero attesi fino ad 18 mesi per andare in pensione.
La certezza dei 40 anni, il non aver ceduto sui 60 anni per le donne sono dati importanti.
E sui lavori usuranti, la differenza rispetto al passato è che stavolta ci sono i finanziamenti.
Tuttavia il problema veramente grande che avevamo di fronte non era tanto lo scalone ma la questione dei coefficienti: Intervenire sui coefficienti, lo sappiamo, vuol dire toccare il futuro pensionistico della grande maggioranza di coloro che lavorano oggi, e stava per entrare in vigore una tabella che li avrebbe ridotti drasticamente.
Ora abbiamo almeno guadagnato tre anni.
E ancora, - ha proseguito il sindacalista - è importante o no che per i giovani il valore delle pensioni non possa essere inferiore al 60% della loro retribuzione?
Il vero limite è per esempio che sullo scalone la sostenibilità sia stata cercata solo all’interno del sistema previdenziale. Noi volevamo una soluzione più flessibile, però è altrettanto vero che rispetto alla situazione che si prospettava dopo il 1° gennaio 2008, la soluzione è comunque migliore.
E non è un caso che il giudizio delle controparti padronali sull’esito del confronto sia un giudizio negativo.
Ecco perché si tratta di risultati che non dobbiamo regalare a nessuno.
La mia preoccupazione, se l’accordo non fosse andato in porto, non riguardava le possibili ricadute su un governo che di fatto sta facendo della sua debolezza un punto di forza, ma il non portare a casa questi risultati. Qui sta la nostra responsabilità, a partire da quella verso i nostri rappresentati.
Ora, appena chiuso il capitolo pensioni, il clima è cambiato – ha aggiunto Fammoni – e a questo punto ogni ricerca di legittimazione da parte del governo è legittima, a patto che non avvenga contro di noi.
Il quadro attuale ci dice che manca un progetto di sviluppo del paese e le politiche economiche e sociali hanno al centro l’interesse dell’impresa e non il valore del lavoro.
E’ su questo che dobbiamo aprire una fase di conquista del consenso, la centralità e il valore del lavoro.
Nel merito delle questioni legate al lavoro e del capitoletto sulla competitività, va detto che le richieste di Confindustria erano di tutt’altro tenore rispetto a quello che è passato nell’accordo e riproponevano detassazione e decontribuzione.
Cosa diversa per gli straordinari: lì si è trattato di un episodio di pura e semplice “captatio benevolentia” - per essere gentili -, qualcosa da mettere sul tavolo all’ultimo momento”.
Sul lavoro Fammoni ha sottolineato elementi di disattenzione anche da parte dell'iniziativa sindacale degli ultimi mesi: “abbiamo parlato prevalentemente di pensioni e di scalone”ha detto.
Riconosciuto come positivo il ritorno del part time nella contrattazione., il segretario nazionale della Cgil ha ribadito il giudizio fortemente negativo su staff leasing e tempo determinato, sul quale non solo non si ottiene che venga spezzata la ripetitività, ma nemmeno si fa chiarezza su che cosa è escluso dalle percentuali fissate.
A questo si aggiunge la questione delle causali, sulla quale ancora una volta siamo stati da soli.
Dunque per la Cgil c’è un problema grande di merito sulle questioni del lavoro e una di merito che verrà posta al centro della lettera che la Cgil invierà al Governo nei prossimi giorni, nella quale si ribadisce che cambiare idea è legittimo, ma non è legittimo che lo si dica all’ultimo momento.
La Cgil sceglie di mantenere il suo ruolo di sindacato confederale con un’idea dell’autonomia che non può essere né subalternità né isolamento – ha aggiunto Fammoni -; siamo di fronte a scadenze e rimandi che sono parte integrante del confronto che c’è stato. Ci sono cose da cambiare e da interpretare, e c’è un punto che non può in alcun modo essere derubricato: dare certezza previdenziale a quei tre milioni di lavoratori immigrati che hanno contribuito anche a mantenere in attivo le casse dell’Inps.

Sul dibattito interno Fammoni ha chiesto di evitare di importante meccanismi distortivi della politica dentro alla Cgil e di lavorare tutti per l’unità interna, pur nella differenza delle posizioni.
“Ora la parola passa al rapporto con i lavoratori – ha concluso Fulvio Fammoni - un rapporto che non sarà semplice ma è essenziale.
Dobbiamo pensare – ha detto – ad un modello di consultazione certificata come avvenne per la riforma Dini – allora si votò in tre giorni, gli stessi su tutto il territorio nazionale.
Dobbiamo insistere per fare questo perché se non riusciamo ora a fare una consultazione unitaria certificata con queste caratteristiche, quando la si dovrebbe fare?
L’incontro di ieri con Cisl e Uil è stato un inizio, bisogna arrivare a settembre ad una riunione degli esecutivi unitari che sancisca l’avvio della consultazione unitaria.

Sesto San Giovanni 25 luglio 2007

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