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INFORTUNI MORTALI IN LOMBARDIA: NEL PRIMO QUADRIMESTRE ANCORA 20 MORTI SUL LAVORO.
Nella nostra regione il primo quadrimestre 2011, pur con timidi miglioramenti, si chiude con un tasso di infortuni mortali sempre troppo alto per un Paese civile e una regione come la nostra.
Alla fine del mese di aprile i dati ufficiali confermano 20 incidenti mortali, senza contare quelli mortali accaduti sulle strade ed “in itinere”, vale a dire nel tragitto casa - lavoro.
Vite cancellate non dalla fatalità, ma dall’eccessiva superficialità, dalla disattenzione e dalla mancata prevenzione nell’affrontare le questioni della sicurezza nei luoghi di lavoro da parte di chi ha la responsabilità di tutelarla.
In troppe situazioni lavorative, come confermano le ispezioni realizzate, ci sono inadempienze e non vengono pienamente applicate le leggi e le regole sulla sicurezza e la prevenzione.
C’è un “registro regionale infortuni mortali” regolarmente aggiornato e alimentato dal flusso informativo proveniente dalle ASL regionali. I dati vengono raccolti, ordinati, classificati ed elaborati dall’unità operativa dell’Assessorato competente della Regione Lombardia.
Il territorio dove si sono verificati in numero maggiore gli incidenti è quello della provincia di Milano, con 8 morti sul lavoro; seguono la provincia di Como con 3, di Bergamo, Brescia e Mantova con 2 e infine le province di Lecco, Pavia e Cremona con 1 incidente mortale.
I settori maggiormente interessati da incidenti sul lavoro sono le costruzioni, l’agricoltura, l’industria e la movimentazione merci e magazzinaggio.
I morti sono quasi tutti di sesso maschile e di nazionalità italiana, con due sole eccezioni: un cittadino albanese e uno rumeno. L’ultimo decesso riguarda però una donna italiana, dipendente di un’impresa di pulizia.
La causa principale di queste morti è lo schiacciamento (12) ad opera di masse in lavorazione o di automezzi in movimento. Seguono: la caduta dall’alto (5), l’ustione (2) e il soffocamento (1).
Non c’è una fascia d’età particolarmente colpita: muoiono i giovani come i lavoratori più anziani.
Quasi la metà degli incidenti riguarda lavoratori con un rapporto di lavoro dipendente non ben precisato; solo uno dei lavoratori deceduti era assunto a tempo indeterminato, mentre un altro era irregolare. In due casi l’infortunio mortale ha colpito il titolare dell’impresa che stava operando nella fornitura di prestazioni esterne o in lavorazioni interne all’azienda
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Il quadro rimane desolante.
Il ripetersi di infortuni mortali, cui si aggiungono quelli comunque molto gravi e le malattie professionali, devono vedere tutti, imprese, sindacati, Regione, Comuni, enti ispettivi, fare di più e meglio per intervenire in questa drammatica situazione.
Con questa consapevolezza la CGIL, con CISL e UIL, ha portato un contributo alla stesura del piano regionale 2011-2013 per la promozione della sicurezza e della salute negli ambienti di lavoro, e alle stesse linee guida “Sicurezza e prevenzione EXPO 2015”. I contenuti positivi e avanzati del Piano triennale e delle linee guida EXPO, devono essere concretamente e coerentemente applicati a tutti i livelli.
Non si può continuare a morire nei luoghi del lavoro.
Non si possono mettere a rischio vite umane in nome del profitto, abbassando le condizioni di sicurezza. Come conferma la storica sentenza sulla Thyssen Krupp, le responsabilità della sicurezza sono in capo all’impresa, non al lavoratore.
Per noi è inderogabile ed essenziale un intervento a tutto campo sull’educazione al rischio correlato al lavoro, la diffusione di una cultura della prevenzione che veda l’imprenditore e il lavoratore consapevoli del valore della sicurezza e della vita, in una regione con un tessuto economico fatto di centinaia di migliaia di piccole e piccolissime unità produttive e di molte cooperative, nelle quali spesso i RLS (rappresentanti lavoratori della sicurezza) sono solo sulla carta, o non hanno ricevuto la formazione prevista dalla legge.
Occorre investire in cultura e formazione fin dall’istruzione di base, nelle scuole primarie e nelle università, per affinare e consolidare la conoscenza e la cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro e una politica a sostegno, sul piano qualitativo e quantitativo, delle attività ispettive e di controllo.
Occorre investire in macchinari, in tecnologie, fare rete e intervenire sui modelli organizzativi affinché il sistema delle imprese si innovi in qualità e in sicurezza, fattori questi necessari anche per affrontare la crisi, al fine di rilanciare il sistema produttivo e l’occupazione sul piano della qualità e della sicurezza.
Giacinto Botti Segretario CGIL Lombardia , Nando Di Lauro Dip. Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro
Sesto San Giovanni, 2 maggio 2011
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