CGIL LOMBARDIA: PER I MORTI SUL LAVORO NON ESISTE LA CRISI. GIA’ 46 DALL’INIZIO DELL’ANNO NELLA NOSTRA REGIONE CONTRO I 38 DELLO SCORSO ANNO.

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Per le morti sul lavoro non esiste la crisi: aumentano sia a livello nazionale (7,4% in più) che in Lombardia (oltre il 20% in più). Il totale “ufficiale” degli incidenti mortali denunciati e inseriti nel registro infortuni redatto dalla Regione è, ad oggi, di 46.
A questi si aggiungono gli infortuni comunque molto gravi e invalidanti, e le malattie professionali.

Il territorio più colpito è quello della provincia di Milano (12 incidenti mortali), seguito da Bergamo, Brescia (7 incidenti mortali in entrambi i casi), Mantova 5, Como 4, Varese 3, Cremona e Lecco 2. Le province di Monza Brianza, Lodi, Pavia e il territorio Vallecamonica-Sebino hanno fatto registrare un solo incidente.

I settori produttivi maggiormente coinvolti sono i soliti noti: le costruzioni, l’agricoltura, l’industria e la movimentazione merci e magazzinaggio.

I morti sono quasi esclusivamente di sesso maschile, fatta eccezione per una lavoratrice della provincia di Mantova, investita da un carrello elevatore guidato da un suo collega.

Pur registrando, tra le vittime, un alto numero di lavoratori di nazionalità italiana, aumenta in modo considerevole il tasso di mortalità di lavoratori stranieri: molti i lavoratori europei, comunitari e non, con una piccola presenza di lavoratori sudamericani.

Lo schiacciamento rimane la principale causa di morte (15 casi su 19), soprattutto ad opera di masse in lavorazione o di automezzi in movimento. Seguono altre cause: la caduta dall’alto (2), la grave contusione e la folgorazione.

Gli incidenti colpiscono giovani e anziani. Si rileva una prevalenza di lavoratori oltre i quarant’anni e di due lavoratori giovanissimi (anno di nascita 1986).

In più della metà degli incidenti, il rapporto di lavoro è dipendente non ben precisato; solo in alcuni casi si precisa che il lavoratore era assunto a tempo indeterminato. In un caso era irregolare e in due casi era anche il titolare dell’impresa.

Le responsabilità di un quadro che permane mestamente desolante non possono essere attribuite a fatalità, ma all'eccessiva superficialità nell'affrontare le questioni della sicurezza nei luoghi di lavoro da parte di chi ha la responsabilità di tutelarla. Manca ancora una seria cultura della prevenzione e del valore della vita di chi lavora. In troppe situazioni lavorative, come confermano le ispezioni realizzate, ci sono inadempienze e non vengono pienamente applicate le leggi e le regole sulla sicurezza e sulla prevenzione. Ci sono luoghi di lavoro nei quali i rappresentanti dei lavoratori per la sicureza (Rls) sono solo sulla carta, o non hanno ricevuto la formazione prevista per legge. Anche le ultime sentenze del resto hanno riaffermato che la responsabilità della sicurezza è in capo all'impresa e non al lavoratore. Qualcosa si può fare per consolidare il lento processo avviato, ma occorre dare segnali immediati e concreti, e in questo senso vanno le proposte della CGIL.

Occorre rafforzare un intervento a tutto campo, consolidare una politica a sostegno, sul piano quantitativo e qualitativo, delle attività ispettive e di controllo, già ridotte dai tagli precedenti sul piano del personale e dell'azione concreta.

Occorre investire in macchinari, in tecnologie, fare rete e intervenire sui modelli organizzativi affinché il sistema delle imprese si innovi in qualità e in sicurezza, fattori questi necessari anche per affrontare la crisi, al fine di rilanciare il sistema produttivo e l'occupazione sul piano della qualità e della sicurezza.

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