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NOTA STAMPA

CRISI E CASSA INTEGRAZIONE GENNAIO-NOVEMBRE 2011

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I dati sulla cassa integrazione di novembre segnano un meno su tutte le tipologie, ma i problemi legati alla ripresa, alla struttura produttiva e all’occupazione permangono. La produzione industriale subisce una frenata. Non si fermano i licenziamenti e le crisi aziendali, e aumentano disoccupazione e lavoro precario. Aumentano vistosamente anche le domande di disoccupazione ( oltre 200.000).

I dati dell’Inps sulla cassa integrazione di novembre 2011 confermano il trend di una parziale ma costante discesa, anche se occorre considerare l’eccezionalità del 2009 e soprattutto dei numeri del 2010, anno che si era chiuso con 314.277.391 ore di cassa integrazione, il 16% in più sul già pesantissimo dato del 2009.
Complessivamente le ore di cassa registrate al mese di novembre 2011 sono 199.747.541 (- 33% rispetto allo stesso periodo del 2010): un dato che rimane elevatissimo nel confronto storico.
I dati sulla cassa però, non essendo in presenza di una reale e consolidata ripresa produttiva, segnalano un’evoluzione della crisi.
Una parte del processo di riorganizzazione è avvenuto con l’espulsione del personale (oltre 170 mila sono i numeri ufficiali dei licenziati negli ultimi tre anni), mentre una parte delle aziende che ricorrevano alla cassa hanno chiuso l’attività. Inoltre sono intervenuti cambiamenti nella composizione della forza lavoro, in aumento sono le assunzioni (circa il 70%) a tempo determinato, parziale o ridotto, e per la prima volta si registra un aumento significativo dell’utilizzo “forzato” del part-time anche per le figure maschili, come risposta alla riduzione delle commesse.
I problemi di struttura rimangono gli stessi, sebbene diluiti dalla parziale e altalenante ripresa, come si evidenzia dal rallentamento: nel periodo luglio-settembre 2011 la produzione industriale in Lombardia ha subito una brusca frenata, (+0,1% contro il +8,2% di inizio anno), e un calo degli ordini interni (-1,7%) e di quelli esterni (-3,4%), che in passato avevano rappresentato un elemento positivo nella capacità competitiva delle imprese e dei loro prodotti sul mercato estero (dati Unioncamere e Confindustria).
Questi dati preoccupanti e altalenanti, a livello regionale come a livello nazionale, confermano la profondità e le caratteristiche inedite della crisi.
La difficile situazione per il nostro sistema industriale e produttivo è purtroppo evidente, infatti nella nostra regione nel 2010 il tasso di disoccupazione è salito a il 5,6 - 6% e gli occupati sono diminuiti di oltre lo 0,6%. Mentre gli occupati dell’industria in senso stretto sono scesi del 4,5% rispetto al 2009.
Sostanzialmente la crisi economica, purtroppo, non è conclusa, e viene confermata da Confindustria che prevede un calo di circa 1,6% del Pil a livello nazionale, con conseguenze ulteriori sull’occupazione.


Siamo in presenza di previsioni preoccupanti che potrebbero pericolosamente confermarsi nei primi mesi del 2012, il che rimanda alle responsabilità del governo precedente - che non ha prodotto iniziative e politiche mirate alla crescita e alla valorizzazione del lavoro e del tessuto produttivo del Paese - e a quello appena insediato, che non ha dato la discontinuità necessaria, proponendo una finanziaria recessiva e iniqua che colpisce i soliti noti. Continuano a mancare risposte adeguate, politiche e risorse nei confronti dei problemi reali e strutturali del Paese e del mondo delle imprese. Mancano adeguate politiche di investimento e di indirizzo pubblico in economia finalizzate a favorire innovazione, ricerca, sviluppo e crescita.
Tutto questo mentre la crisi, con le sue pesanti conseguenze sull’occupazione e sulle condizioni dei lavoratori, dei pensionati e dei cittadini, continua implacabilmente a farsi sentire.

Alcuni dati

I dati ufficiali lombardi sui licenziamenti, ancora elevati rispetto al 2010, sono la spia di un fenomeno ancor più preoccupante. (Novembre 2011, 49.284).
Questi dati allarmanti si affiancano a quelli dell’aumento delle domande ufficiali di mobilità e di disoccupazione. I dati dei nostri patronati, confrontati con quelli complessivi dell’Inps, danno una proiezione per fine anno di circa 200 mila domande, ovvero un aumento di oltre il 20% rispetto all’anno 2010.
Sono dati cresciuti notevolmente a causa della crisi, sono numeri dietro ai quali ci sono persone, lavoratori in difficoltà per la perdita del posto di lavoro.
Non si può generare ricchezza senza produzione.
Questa realtà del Paese, spesso rimossa, viene evidenziata correttamente dall’Istat, che conferma che, accanto ai 2.102.000 di senza lavoro “ufficiali”, nel nostro Paese c’è un esercito di 2 milioni e 764.000 “inattivi”, cioè persone spesso segnate dallo scoraggiamento.
Questi numeri, insieme, costituiscono l’11% della forza lavoro, tre volte la media europea (3,5%). Una platea nella quale le donne e i giovani sono le figure che emergono con maggiore evidenza.
Una percentuale lontanissima dall’1,1% della Francia, dall’1,3% della Germania o dal 2,7% del Regno Unito.
Questi sono i problemi strutturali del paese reale che, insieme alla grande evasione, alla corruzione devastante e alle infiltrazioni mafiose, devono essere affrontati e risolti per dare al Paese e alle nuove generazioni un futuro.

I dati complessivi novembre 2011

La cassa in deroga rappresenta, ormai stabilmente, qualcosa come il 25 % del totale, con una significativa inversione di tendenza rispetto al periodo gennaio-novembre del 2010 del meno 42,89%.
Complessivamente la cassa integrazione, nel rapporto tra il 2011 e il 2010, è calata del 32,69% (199.747.541ore).
La cassa ordinaria diminuisce del 44,67% (58.051.632 ore), quella straordinaria dell’13,19% (93.928.878), quella in deroga si comprime del 42,89 (47.767.031) (vedi tabella generale ndr).
I settori dell’artigianato, dell’industria e del commercio sono quelli che più hanno beneficiato del rimbalzo tecnico.
La cassa per l’artigianato è pari a meno 60,25%, per l’industria meno 30,89% e per il commercio meno 29,01%.
Il settore dell’edilizia (15,01%) rimane in sofferenza. La variazione della cassa integrazione tendenziale è pari a meno 22,80%, mentre la variazione congiunturale, cioè la variazione sul mese precedente, è pari a meno 3,78%.

I settori meno beneficiati dalla parziale inversione di tendenza della cassa integrazione, cioè quelli che si trovano sopra la linea della media regionale (meno 32,69%) sono: estrazione minerali metalliferi 10,71%, legno -16,59%, tessili -19,39%, abbigliamento -20,60%, pelli e cuoio 4,23%, lavorazione minerali non metalliferi -15,12%, carta-stampa editoria -11,73%, servizi
-22,29%, commercio al minuto 18,73%, con una punta dell’industria lapidei del +75,07%.
A livello provinciale si confermano sostanzialmente alcune tendenze storiche.
Sopra la linea di demarcazione della crescita della cassa integrazione della Lombardia troviamo: Brescia (-25,65%), Lecco (-26,44%), Lodi (-13,01%), Milano (-31,90%), Mantova (-21,35%), Pavia (-17,99%), Sondrio (-3,61%). Al di sotto della linea regionale troviamo: Bergamo (-41,42%), Como (-39,70%), Cremona (-44,44%), Varese (-38,42%).
Se invece consideriamo il numero equivalente delle ore in cassa integrazione per occupato, cioè il numero “aggiuntivo” di persone senza lavoro, troviamo: Bergamo al 3,84%, Brescia al 6,36%, Como al 4,97%, Cremona al 3,03%, Lecco al 6,90%, Lodi al 2,56%, Milano al 2,31%, Mantova al 2,80%, Pavia al 3,15%, Sondrio al 1,48%, Varese al 5,97%. La media regionale si colloca al 3,72%.

I licenziamenti
I dati relativi ai licenziamenti e agli inserimenti nelle liste di mobilità ufficiali, nei primi 11 mesi 2011 sullo stesso periodo del 2010, confermano ancora un preoccupante numero elevato
(-0,8%), con un totale di 49.284 lavoratrici e lavoratori interessati.
Di questi, 17.000 (-6%) con la legge 223/91 (mobilità), 31.496 (+2,59%) con la legge 236/93 (disoccupazione) e 88 frontalieri.

Non ci può essere reale ripresa senza investimenti in settori innovativi, senza un rilancio della domanda interna e senza un aumento della buona occupazione, senza disperdere professionalità e saperi acquisiti e senza che si rilancino i consumi attraverso politiche salariali e fiscali in favore del lavoro dipendente e dei pensionati.

Dicembre 2011


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