Decreto flussi: le aziende entrano in crisi senza manodopera straniera, e si alimenta il lavoro nero e illegale. dichiarazione di giacinto botti della segreteria della cgil lombardia


COMUNICATO STAMPA


DECRETO FLUSSI: LE AZIENDE ENTRANO IN CRISI SENZA MANODOPERA STRANIERA, E SI ALIMENTA IL LAVORO NERO E ILLEGALE. DICHIARAZIONE DI GIACINTO BOTTI DELLA SEGRETERIA DELLA CGIL LOMBARDIA



Giacinto Botti, della segreteria della CGIL Lombardia, a proposito delle dichiarazioni stampa dell’Unione Artigiani che parlano di una disponibilità ad assumere 35mila “clandestini” ha detto: “occorre mettere in regola chi lavora, intervenendo con un’impostazione politica e sociale diversa da quella decisa dal Governo attraverso un decreto flussi che, negando la realtà, crea tensione sociale e pesanti ricadute sul tessuto produttivo della regione Lombardia e del territorio milanese in particolare.

La CGIL ha denunciato l’incoerenza e la pericolosità del decreto flussi, con il relativo reato di clandestinità, varato dal Governo.

La nostra critica viene confermata dal Segretario generale dell’Unione Artigiani di Milano, che denuncia una situazione grave e inaccettabile: molti imprenditori lombardi, in particolare del settore artigiano, saranno messi nella condizione di scegliere tra chiudere la propria attività o continuare a far lavorare in nero i dipendenti clandestini. Con il rischio di incorrere in un reato punito oltre che un’ammenda con la detenzione.

Si tratta di un’assurdità.

Solo a Milano le richieste di regolarizzazione sono circa 80mila delle quali oltre 35mila riguardano lavoratori nella condizione di clandestini, mentre i posti a disposizione sono solo 6.412. Significa che l’80% delle domanda sarà rigettata.

Il dato ufficiale delle richieste di regolarizzazione è solo la punta d’iceberg di una realtà sociale che da tempo il sindacato denuncia e che vorrebbe affrontare insieme alle istituzioni e alle associazioni imprenditoriali.

Rimuovere questo impegno significa accettare che una parte consistente di lavoratori, nella nostra realtà, continueranno a vivere in condizioni di clandestinità, mentre quegli imprenditori che vorrebbero regolarizzare e rendere stabili i propri dipendenti, continueranno a farli lavorare in nero, eludendo il fisco e le tasse e sottraendo risorse non solo allo Stato, ma attraverso il mancato versamento dell’addizionale Irpef, anche alla Regione e ai Comuni.

Una politica culturalmente arretrata e socialmente e politicamente insensata - ha proseguito il sindacalista - di certe forze politiche provoca danni; si continua ad alimentare la contraddizione ipocrita per la quale gli immigrati che lavorano sono fantasmi nella società ma braccia necessarie nei luoghi di lavoro, per la nostra economia e per il nostro benessere sociale.

La legge sui flussi è insensata, figlia di una visione populista e razzista. Si nega il ruolo e la funzione degli immigrati rispetto ad un’economia globale e a un mercato del lavoro interno che ha bisogno dei cittadini immigrati anche per coprire mansioni importanti per il progresso del paese.



Per la CGIL una giusta, coraggiosa politica di integrazione significa costruire le condizioni per una procedura veloce delle pratiche di cittadinanza come fattore fondamentale per la stessa sicurezza dei cittadini.

Nella nostra ricca regione stanno affiorando le contraddizioni di un sistema sociale e anche industriale che lascia dietro di sé la qualità produttiva, le eccellenze storiche, per dare spazio alle nuove povertà, alla solitudine, a troppe morti sul lavoro e a tanto lavoro nero, precario e senza diritti.

I dati delle ispezioni Inps in Lombardia indicano una forte presenza nel lavoro di irregolarità e caporalato, di un diffuso non rispetto delle leggi e dei contratti che alimenta clandestinità e illegalità, sviluppando insicurezza e criminalità. Alle associazioni industriali, all’Unione Artigiani, agli imprenditori propensi a regolarizzare i clandestini, come CGIL chiediamo di guardare oltre al loro bisogno di manodopera, all'esigenza di riconoscimento dei migranti come persone,e di garantire a tutti i lavoratori e le lavoratrici i diritti contrattuali e quelli sanciti dalla Costituzione, assumendo appieno la responsabilità sociale, per un reale sviluppo economico, sociale, per la convivenza civile e l’integrazione, superando pregiudizi e regressione culturale.

Chiediamo di affrontare i limiti del nostro sistema industriale, della sua arretratezza e della sua mancata qualità e far fronte a una fase difficile di crisi recessiva, tenendo presente che siamo in un paese dove redditi di lavoro troppo bassi e prezzi al rialzo stanno determinando un’ulteriore contrazione dei consumi interni che produrrà difficoltà al nostro sistema produttivo e industriale”.



Sesto san Giovanni 4/8/2008

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