La segreteria della cgil lombardia a proposito di eta' pensionabile per le donne
COMUNICATO STAMPA
LA SEGRETERIA DELLA CGIL LOMBARDIA A PROPOSITO DI ETA' PENSIONABILE PER LE DONNE
Abbiamo ascoltato in questi giorni solerti esponenti politici ed istituzionali farsi paladini della carriera e della possibilità di guadagno delle donne che lavorano, che secondo loro sarebbero pregiudicate dal limite a 60 anni dell’età prevista per accedere alla pensione di vecchiaia. Limite che nell’orizzonte di una sostanziale parità con gli uomini dovrebbe, secondo loro, essere innalzato a 65 anni.
Tanta solerzia nell’accodarsi a discutibili raccomandazioni europee in fatto di accesso alla pensione, nasconde il vero tentativo di produrre ulteriori tagli alla spesa previdenziale che verrebbero fatti ricadere, in caso di innalzamento del limite a 65 anni, proprio sulle spalle di quelle donne che si finge di voler favorire.
Che in Italia le donne ancora accedano in maggioranza alla pensione di vecchiaia è risaputo. La ragione è molto semplice: sono donne che, alle prese con la necessità di realizzare un equilibrio fra lavoro fuori e dentro casa o per mancanza di proposte di lavoro praticabili, non sono riuscite a garantirsi i 40 anni di contributi versati. Condizione tuttora in essere per molte delle cui difficoltà di equilibrio o della cui fatica non si sono mai sentite alte voci a sostegno.
Sul piano squisitamente previdenziale poi, le donne che hanno versato meno del requisito minimo concorrono, come gli immigrati e le immigrate, all’equilibrio dei conti dell’Inps senza alcun ritorno per sé.
La Riforma previdenziale, sulla base di un accordo Governo e Parti sociali, è già stata fatta: con il sistema contributivo sono state parificate le condizioni di uomini e donne, di privati e pubblici, persino ravvicinate quelle fra autonomi e dipendenti.
Cancellare la diversità del limite di età a 60 anni per la pensione di vecchiaia significherebbe esclusivamente un furto di cinque anni di pagamento di pensione a donne che hanno abbandonato il lavoro o non l’hanno retto per le troppe incombenze.
Ammesso e non concesso che il desiderio prevalente fra le donne sia quello della parità con gli uomini, non serve certo alle donne il misconoscimento delle loro fatiche concrete o delle differenze sociali esistenti.