Eni abbandona il Paese, I riflessi sulla Lombardia

17 dicembre grande MANIFESTAZIONE a SAN DONATO MILANESE, in occasione della riunione del C.d.A del Gruppo Eni.

Obiettivo dell’Eni è quello di concentrare le sue attività solo su esplorazione ed estrazione di gas e petrolio riducendo a queste attività, peraltro sostanzialmente svolte fuori dall’Italia, un modello che è storicamente fondato sull’insieme della filiera, dalla esplorazione alla vendita di idrocarburi.
Ciò comporterà un ulteriore, radicale disimpegno dell’Eni dall’Italia, dove al momento investe una quota importante dei ricavi - circa 6 mld - insieme al rischio della scomparsa di due settori importanti per l’Eni e per l’industria di questo paese: la chimica e la raffinazione. Al momento il management Eni assicura il suo impegno
in tutte le raffinerie del gruppo ma la nettezza della premessa sulla riduzione secca del perimetro non lascia spazi a soluzioni diverse da un progressivo sganciamento dell’Eni da questi due settori.

L’Italia, rischia di vedere scomparire due settori che sorreggono l’industria del paese ed assisterà, questo è lecito aspettarsi, ad un progressivo ma irreversibile calo di investimenti a danno dei settori e della loro capacità competitiva e quindi dell’intero sistema industriale.
Del resto, l’esordio del management è chiaro. Il riassetto di Versalis e la ‘riscoperta’ della chimica tradizionale comporteranno l’abbandono della “chimica verde” e dunque degli interventi previsti a Porto Torres e Marghera, oltre a mettere sostanzialmente in discussione la credibilità dell’accordo su Gela.

La conseguenza di questa scelta è che il processo di crescita della quota di “chimica verde” in Italia rallenterà al punto da accumulare un fortissimo svantaggio competitivo dell’Italia sul resto dell’Europa in termini di ricerca e di prodotti. Saremo il fanalino di coda della “chimica verde” in Europa e di fronte al possibile rialzo, in tempi medi, del prezzo dell’olio e del gas, il paese si troverà, di fronte ai suoi competitori , alla necessità di un’ennesima rincorsa sui costi.

L’utile derivato dalla riduzione degli investimenti e dalle cessioni sarà a favore dell’l’Eni , mentre le perdite saranno per il paese. Il paese, dunque, perderà capacità industriale ed autonomia nella filiera energetica più complessivamente intesa. E’ quello dell’Eni un piano credibile? E’ credibile che la chimica italiana possa
passare in mani straniere senza che ciò comporti una occasione di crescita ma, al contrario, di ridimensionamento? E’ credibile che il paese non sia più un luogo dove il greggio viene raffinato? E’ credibile che Eni diventi soltanto un grande ‘trader’ di oli e gas senza essere accompagnato dalla sua missione tradizionale? Sono queste le domande a cui chiediamo che il Governo risponda non solo in qualità di azionista di riferimento, ma quale soggetto regolatore della politica industriale del paese. L’illusione è pensare che possano convivere crescita e deindustrializzazione.

Fuoriuscire dalla chimica e dalla raffinazione, così come cedere quote di partecipazione in Saipem, per altro verso, mettere in discussione la presenza nel segmento retail della Direzione Gas & Power, non significa solo provocare collassi occupazionali, svilire opportunità per le nostre aree( soprattutto
quelle più depresse del Mezzogiorno), ma far venire meno un tessuto ricco di imprese, piccole e medie, specializzate in lavori a valore aggiunto, qualificate; fare venire meno politiche legate alla ricerca, alla sperimentazione di nuovi processi, rinunciare a specializzazioni decennali.

Il Piano industriale di Versalis 2015 -2018 è ancora a metà del guado, non ha espresso tutte sue le potenzialità ed è lontano dal recupero sperato.
Il Piano prevede investimenti per circa 1,2 mld che si sommano agli oltre 400 mln impegnati dal 2012, anno in cui è partito il progetto di riorganizzazione e sviluppo di Versalis, presente in Italia con 8 siti produttivi e 5 all’estero, con una occupazione che si mantiene consolidata oltre i 4400 dipendenti in Italia e circa 1000
all’estero.

Ricordiamo che Eni è un’impresa integrata che opera in tutta la filiera dell’energia ed è presente oggi con più di 84.000 dipendenti in 83 Paesi nel mondo.
In Lombardia il gruppo Eni , attraverso le sue società, rappresenta una parte significativa dell’occupazione e della produzione di reddito.
Il nuovo modello organizzativo che concentra lo sviluppo strategico della multinazionale prevalentemente nell’Upstream, rischia di espandere questa società in misura maggiore fuori dall’Italia e lontana dalla nostra regione Lombardia.
L’Azienda è presente nella nostra regione con circa 12.500 addetti, con siti produttivi di particolare eccellenza come il Centro Ricerche nello stabilimento di Versalis a Mantova e la centrale Enipower che raggiungono circa 1000 addetti; la raffineria di Sannazzaro de Burgondi, in provincia di Pavia, che unitamente alla centrale Enipower raggiungono oltre 1000 dipendenti.
La sede direzionale di Eni, sita in San Donato Milanese, raggiunge le 10.500 risorse di cui solo 2.000 si occupano di Upstream.
L’uscita di ENI dalla Saipem, da Versalis e la costituzione di una società che si occupi di vendita di Gas da collocarsi sul mercato sembra non dare certezze di futuro e sviluppo.

Siamo dunque contrari ad una eventuale uscita di ENI dalla chimica, che - se confermata - riterremo sbagliata.
Occorre che il piano industriale, su cui ENI a suo tempo si era impegnata e che ha nella nuova struttura di ricerca il suo cuore innovativo e strategico, non sia messo in discussione e venga portato a termine ed implementato da ENI.
Per questo chiediamo l’impegno delle istituzioni Lombarde, con le quali in questi anni ci siamo cimentati con importanti accordi sia di sviluppo e riconversione, come di risanamento ambientale, di condividere le nostre preoccupazioni e chiedere all’Eni di cambiare le sue decisioni.

I Segretari Generali Lombardia
FILCTEM-CGIL FEMCA-CISL UILTEC-UIL
ROSALBA CICERO, PAOLO RONCHI, FABIO PENNATI

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