Il JOBS ACT e le nuove forme di precarizzazione nella crisi. 

Un seminario della CGIL Lombardia il 5 febbraio

Sarà un seminario per approfondire la riflessione sui contenuti della Legge Delega di Riforma del Mercato del Lavoro (Jobs Act) e dei primi provvedimenti attuativi, l’incontro che la CGIL Lombardia ha organizzato per giovedì 5 febbraio presso la sede di Via Palmanova, 22 a Milano dalle 9.30 alle 13,30.

 L’intervento introduttivo sarà di Daniele Gazzoli, della Segreteria della CGIL Lombardia. Mario Fezzi, Avvocato Giuslavorista svolgerà una relazione dal titolo: “Smontato l’art. 18, ma mancano le tutele crescenti”, e Mauro Paris, Coordinatore INCA Lombardia, parlerà delle “nuove prestazioni di disoccupazione nella L.183/2004”

Seguirà poi una Tavola Rotonda dalle 14.30 alle 17, coordinata dal giornalista di Radiopopolare Piero Bosio, alla quale partecipano Massimo Bottelli, Direttore Settore Sindacale e Sociale di Assolombarda, Luca Bernareggi, Presidente Legacoop Lombardia, Alessandro Alfieri, PD Lombardia, Angelo Ciocca, Lega Nord Lombardia ed Elena Lattuada, Segretario Generale CGIL Lombardia. Conclude Serena Sorrentino, Segretario CGIL Nazionale.

Dopo il varo della legge 183/2014 di riforma del mercato del lavoro, il cosiddetto Jobs Act, il Governo Renzi sta per varare in via definitiva i primi due decreti attuativi. Il primo riguarda il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, il secondo la definizione per legge degli strumenti di protezione sociale nei casi di disoccupazione. Entrambi i decreti dovrebbero entrare in vigore già dalla metà di febbraio. Per la CGIL, dagli schemi di decreto emerge un quadro assai preoccupante. Nel primo è introdotta una forma di ulteriore precarizzazione del rapporto di lavoro per i nuovi assunti. Di fatto al datore di lavoro sono stati riconosciuti ampi margini per ricorrere a un licenziamento disciplinare e/o economico per il quale non è previsto il reintegro ma solo un indennizzo economico. Solo nel caso dei licenziamenti discriminatori il Giudice dichiara la nullità del licenziamento e ordina la reintegrazione del lavoratore; anche nel caso dei licenziamenti collettivi, non è previsto il reintegro in caso di violazione dei criteri di scelta dei lavoratori. Il secondo decreto riguarda gli ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria. Il decreto non estende in modo universale le protezioni ai lavoratori, dal momento che rimangono notevoli differenze tra i lavoratori subordinati e parasubordinati sia per i requisiti, sia per la durata. Complessivamente, se l’idea era quella di rendere più uguale il mondo del lavoro, il Governo non c’è riuscito. Nei provvedimenti adottati permane una forte disparità, ma rimane un comune denominatore: l’impoverimento delle condizioni di lavoratrici e di lavoratori, con la riduzione della protezione sociale attraverso un ridimensionamento delle tutele in caso di perdita di lavoro, in un mercato occupazionale che non è certamente in crescita, e in assenza di politiche attive. La CGIL ha più volte ribadito che si tratta di un'operazione sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori, già ampiamente colpiti da una riforma delle pensioni che e' assolutamente necessario rivedere e modificare. Dietro al Jobs Act c’è in realtà l’idea che l’Italia debba giocare un ruolo subalterno rispetto ad altre economie più forti, che il costo del lavoro si possa ridurre attraverso l’abbassamento delle tutele e dei diritti di chi lavora. In quest’ottica non ci sarà la ripresa del mercato interno, e la prospettiva di un futuro diverso per i giovani rischia di allontanarsi. 

Milano, 2 febbraio 2015

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