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“L‘ORIZZONTE OLTRE EXPO. Le proposte della CGIL Lombardia in un convegno che si è tenuto oggi a milano con CAMUSSO, MARTINA, PISAPIA, BENASSO, DE ALBERTIS, PILOTTI, VAGO
Milano, 25 maggio 2015- Proposte concrete e una grande ricchezza di idee e di dibattito, questo è quanto è emerso al convegno organizzato dalla Cgil Lombardia per discutere sul dopo Expo. Nella sala gremita dello Spazio Oberdan si sono avvicendati al palco i diversi soggetti che hanno espresso la volontà comune di decidere insieme sul futuro delle aree oggi occupate dall’Esposizione Universale, e sulla fase di interregno tra la fine dell’evento e l’inizio dei lavori per la realizzazione dei nuovi progetti, rispetto alla quale si nutrono parecchie preoccupazioni, prima fra tutte quella che l’intera zona di 1.050.000 metri quadri di suolo pubblico (con una superficie edificabile di 490.000 mq di cui 30.000 destinati ad Edilizia residenziale sociale) possa cadere nel degrado. Un confronto ricco e serrato cui hanno dato il proprio contributo, ciascuno sulla base delle proprie prerogative, rappresentanti delle istituzioni (il Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Maurizio Martina, il Sindaco di Milano Giuliano Pisapia e il sottosegretario con delega alla Città Metropolitana Giulio Gallera in sostituzione del Presidente Roberto Maroni), gli attori sociali ed economici e i rappresentanti delle società dedicate, Fabio Benasso, Consigliere Delegato per Expo di Assolombarda, il Presidente Assimpredil - Ance Lombardia Claudio De Albertis, Luciano Pilotti Presidente Arexpo e Gianluca Vago, Rettore dell’Università Statale di Milano, che prima delle conclusioni del Segretario generale della Cgil Susanna Camusso, si sono confrontati sul progetto che la Cgil Lombardia ha elaborato con il contributo del Politecnico di Milano e del centro studi Pim, per porre al centro del dopo evento, il rilancio dell’occupazione e lo sviluppo di attività legate alla ricerca e all’innovazione. Proposte illustrate da Elena Lattuada nella relazione, e dettagliate nella presentazione che del progetto ha fatto Giovanni Minali della Cgil Lombardia. A moderare il dibattito la segretaria della Cgil Lombardia Graziella Carneri.Elena Lattuada, Segretario Generale della CGIL Lombardia nella sua relazione, dopo avere espresso soddisfazione per il fatto che a Expo non ci siano stati incidenti sul lavoro, ha ringraziato chi, lavorando a ciclo continuo, ha dimostrato al mondo che senza fatica psico-fisica non sarebbe stato possibile realizzare l’Esposizione universale a Milano. Il soggetto dell’iniziativa di oggi, ha detto è “l’orizzonte oltre EXPO”. Lo slogan “ Nutrire il pianeta Energia per la vita” è un contributo per risolvere le grandi questioni contenute nella
Carta di Milano. Noi vorremmo evitare che il dopo EXPO si riduca a un grande investimento immobiliare! Vorremmo oggi proporre, un progetto a far sì che quell’area sia un investimento per il futuro economico del nostro paese. Questa proposta si articola su alcune parole chiave: una è l’identità del progetto che per noi è ”Innovazione ricerca e università”, un distretto denominato “economia della conoscenza”, un luogo internazionale che stimoli e accolga un progetto materiale e immateriale inclusivo di esperienze diverse ma con un comune denominatore: l’innovazione e la ricerca come volano di occupabilità di intelligenze. L’11 maggio si è chiuso il bando per selezionare l’Advisor del progetto da realizzare sull’area dell’esposizione universale quando la stessa sarà terminata, compresa la destinazione del verde con l’ipotesi del parco della biodiversità. PROPOSTE In questi anni, mesi sono circolate molte ipotesi sul dopo Expo. Io vorrei soffermarmi su quelle da noi condivise e provare, nel contempo, ad avanzarne una aggiuntiva. Un vero e proprio Campus universitario, più orto botanico, con il trasferimento delle facoltà scientifiche della Statale di Milano, che occuperebbe, nel suo insieme, circa 200.000/250.000 metri quadrati, ovvero il trasferimento di 18.000 studenti e professori delle facoltà scientifiche della Statale. Il tutto avrebbe un costo stimato di 400 milioni di euro a cui aggiungere il progetto, sempre dell’università Statale, del Mini CERN: costo preventivato 600 milioni di euro coperti in gran parte con i fondi europei. A questo si aggiunge il progetto Assolombarda (cittadella della ricerca e dell’innovazione) che andrebbe a completare e rafforzare il rapporto tra ricerca pubblica – ricerca privata – attività produttive connesse (una Silicon Valley italiana) che occuperebbe, stando alle proposte e ai primi progetti avanzati, circa 100.000 metri quadrati. Per completare il disegno sui restanti 200.000 metri quadrati, crediamo vada intensificato e consolidato il rapporto tra università (le facoltà scientifiche presenti), il mondo delle imprese dei settori ad alto contenuto tecnologico (telecomunicazioni, biotecnologie, ricerca medica, filiera alimentare, ed anche altre) e il CNR che ha nel suo DNA il compito di svolgere, promuovere e valorizzare attività di ricerca scientifica e tecnologica nei principali settori di sviluppo delle conoscenze e delle loro applicazioni. Un luogo di certificazione internazionale dei prodotti, di attività integrata e di cui l’integrazione e la costruzione di “incubatori” e di “reti” tra settori e imprese ne costituirebbe la forza. Avere una ricaduta positiva degli investimenti fin qui fatti per EXPO a vantaggio di un “buon lavoro” sarebbe il miglior successo dell’esposizione!
A fine esposizione, infine, rimarranno in vita Palazzo Italia e Cascina Triulza (già destinata a essere la casa delle associazioni, delle ONG e delle onlus). L’area di EXPO è un’isola/nodo, inserita in un’area di degrado, da riqualificare, rendendo fruibili le nuove possibilità, culturali e ricreative, alle persone che abitano il contesto urbano.
Il prezzo del terreno è stato fissato dalla Agenzia del territorio in 315.000.000 euro, ma noi pensiamo che solo quando i progetti sul dopo EXPO saranno convenuti sarà possibile definire il prezzo dei terreni.
Noi condividiamo alcuni spunti di riflessione offerti dal Politecnico, anche perché parlare delle aree di EXPO significa parlare del contesto urbano e degli altri progetti che si sono già sviluppati e/o che potrebbero svilupparsi. Ad esempio ci chiediamo se il “buco” che si aprirebbe in Città Studi metta in discussione la scelta fatta di trasferimento del Besta e dell’Istituto dei Tumori.
E poi c’è il tema del patrimonio immobiliare residenziale pubblico e privato: E’ necessario attrarre finanziamenti dall’estero trovando investitori pubblici e privati nazionali e internazionali per la realizzazione del progetto.
E’ necessario interrogarsi sulla fase transitoria dal 1 novembre 2015 alla data di inizio lavori per la realizzazione dei progetti sul dopo EXPO, “ la terra di mezzo” come la chiamiamo noi. Bisogna evitare il rischio che diventi lunghissima, con tutte le note conseguenze: l’abbandono, il degrado, il depauperamento del valore tecnologico dell’area.
Tra le proposte in campo ci sembra interessante quella del Presidente della Triennale di Milano che oggi è qui con noi, Claudio De Albertis, ovvero un progetto temporaneo che gestirebbe la fase transitoria mantenendo sul sito le strutture utili a tal fine, ed è di buon auspicio che alcuni paesi abbiano manifestato interesse in tal senso lasciando i loro padiglioni in loco.
Anche perché definire le scelte, avviarne la realizzazione e compiere la realizzazione significa aiutare e sostenere il grande tema di questi anni di crisi: il lavoro, la creazione di lavoro.
Un’altra parola chiave è la Governance intesa come ”gestione politica” e “ricerca del consenso” sul dopo EXPO: ci pare di poter dire che oggi non esiste un soggetto titolato a farlo. Una Governance che possa guidare in modo autorevole e condiviso il percorso e la realizzazione del dopo EXPO ovvero la politica. La domanda è: chi è il soggetto che governa l’insieme del progetto?
La Governance Arexpo si compone di Regione Lombardia, Comune di Milano, Provincia di Milano, Comune di Rho e Fondazione Fiera. E’ di queste settimane la notizia di un interessamento dello Stato ad entrare tramite Cassa Depositi e prestiti,
e su questo ci piacerebbe che il Ministro Martina, a cui va sicuramente riconosciuto il merito di aver lavorato attivamente per la realizzazione e la riuscita di EXPO 2015, ci dicesse l’opinione del Governo. Per quel che ci riguarda diciamo che sarebbe gradito un protagonismo diretto del Governo, che ovviamente lavori con le istituzioni, Regione, Area Metropolitana e Comune in una logica di sinergia e collaborazione, ora più che mai necessaria.
Sono possibili tre soluzioni: mantenere Arexpo cambiandone le funzioni, costituire una nuova società con gli stessi attori oppure la fusione di Arexpo e Expo in un’unica società.
ll sindacato, la CGIL rappresenta i lavoratori, ha una sua idea di sviluppo, vuole essere protagonista anche in questa fase di trasformazione. Diciamo che vogliamo essere “influenti” in questo processo, nei confronti di una grande iniziativa economica come quella che potrebbe determinarsi nel dopo EXPO, che ci interessa una “discussione trasparente” sugli interessi economici che sono in campo, che questa opportunità di un nuovo sviluppo economico, produttivo e sociale ci riguarda. Solleciteremo la governance affinché abbia come obbiettivo primario quello di contribuire alla creazione di lavoro.
Perché noi? Si è chiesta infine Lattuada. Coloro che noi rappresentiamo operai, impiegati, giovani, anziani, precari, professionisti, hanno avuto un ruolo fondamentale nella realizzazione dell’opera, senza il lavoro di migliaia di persone impegnate ogni giorno in EXPO quell’evento non ci sarebbe. Una città che accoglie, accompagna, facilita lo star bene dei tanti che arrivano a Milano è fatta dei tanti lavoratori e lavoratrici, dei tanti accordi di “flessibilità” che si sono realizzati per permettere di rispondere in modo adeguato all’evento internazionale. E’ fatto anche degli accordi più recenti, come quello con Manpower, che ripristina la corretta applicazione dei contratti nazionali di lavoro fatti tra parti rappresentative e non con l’applicazione di contratti “pirata” che riducono i salari e i diritti ai lavoratori e alle lavoratrici.
In particolare su legalità e appalti vogliamo mettere l’accento: legalità come rispetto delle leggi, lotta alle infiltrazioni mafiose, appalti come tutela del lavoro più povero e più invisibile, ma anche come responsabilità solidale delle imprese. Ora occorre concretizzare alcuni degli obbiettivi contenuti nell’avviso comune definito tra Regione Lombardia e le parti sociali regionali nel giugno dell’anno scorso, che ha messo a disposizione risorse per mantenere e sviluppare le potenzialità acquisite dalle persone che stanno lavorando in EXPO e che ovviamente hanno rapporti di lavoro a tempo. Pensare di usare almeno parte delle risorse lì convenute per permettere la ricollocazione delle persone, per cogliere l’esperienza lavorativa maturata tramite politiche attive del lavoro,
utilizzando al meglio le opportunità a partire dai contratti di solidarietà espansivi, sono temi che da subito debbono trovare un terreno comune di lavoro con Regione Lombardia.
La nostra speranza, dopo EXPO possa essere governato da tutti i protagonisti oggi presenti alla nostra iniziativa e che le buone pratiche sperimentate sul sito espositivo con le parti sociali possano consolidarsi dal 1 novembre 2015 per la realizzazione dei progetti sul dopo EXPO. Auspicio e speranza che questo percorso si possa completare entro il 2020, ovvero prima dell’inizio della prossima esposizione universale che si terrà in Dubai.
Nel ringraziare per la bella occasione di dibattito, il Ministro Martina ha voluto anche sottolineare la positività del lavoro non scontato né banale fatto dal sindacato anche in presenza di passaggi complicati, facendo in modo che in questa esperienza di Expo si realizzasse un modello di relazioni sindacali nel rispetto dei ruoli e senza sovrapposizioni. Alla domanda perché voi, ha detto, io rispondo ricordando che nel 1906 a Milano ci fu un’altra storica edizione di Expo e, in contemporanea, il congresso fondativo della Cgil. Oggi abbiamo tutti insieme il dovere di disegnare il futuro oltre Expo, a partire dal riconoscimento della potenza di questa infrastruttura senza pari in Italia, in termini tecnologici, organizzativi e logistici che vanno ben al di là di Milano. Qui c’è la più importante possibile piattaforma innovativa del paese che deve vedere un mix tra pubblico e privato, anche se non ci fosse già un protocollo già firmato.
Cosa può fare il governo? Abbiamo problemi di allineamento della governance perché non abbiamo spazi di manovra diretti. Il 24 aprile abbiamo proposto a vari soggetti di riunirsi per provare a definire un percorso e a giugno tireremo le fila. E’ ovvio che a decidere debba essere Milano, ma dobbiamo riuscire ad essere tutti attori propositivi, e il governo deve dare una mano al gioco di squadra.
Il nostro impegno nel breve periodo è di arrivare ad elaborare alcune proposte di lavoro credibili dal lato dei soggetti forti economicamente che lo stato può mettere a disposizione (dalla Cassa Depositi e Prestiti all’Agenzia del Demanio). Il ministro ha espresso anche apprezzamento e volontà di sostenere il progetto dell’insediamento universitario. Al termine ha consegnato a Susanna Camusso una copia della Carta di Milano.
Fabio Benasso, parlando dei progetti di Assolombarda del 2013 e della necessità di aggiornarli, ha sottolineato l’interesse già manifestato da alcune grandi aziende del digitale e del terziario innovativo. E’ necessario definire un progetto sostenibile con tempi certi, ha detto, e pensare ad un hub coerente con i costi, che stia in piedi da solo.
C’è disponibilità a realizzarlo, ha aggiunto, e ci sono aziende pronte ad impegnarsi per contribuire a questa infrastruttura fondamentale per il paese.
Il Rettore dell’Università Statale di Milano Gianluca Vago ha ripercorso le tappe di un’idea nata a gennaio, dopo che il primo bando di attribuzione delle aree è andato deserto, quella cioè di trasferire sull’area che verrà lasciata libera da Expo delle facoltà scientifiche di Città Studi, dando così vita ad un campus che rappresenti un modello innovativo per l’Italia, meno per altri paesi europei, di un luogo nel quale concentrare conoscenza e aziende innovative che possano metterla a frutto anche attraverso il trasferimento tecnologico. Il progetto, che interesserebbe 18.000 studenti e migliaia di lavoratori, è impegnativo e non privo di criticità, prima fra tutte quella del sostegno economico. Questo soprattutto, ha detto il rettore, per offrire opportunità di crescita ai nostri giovani e di confronto per conoscere il resto del mondo, rispetto al quale il progetto dovrebbe essere fortemente attrattivo. Ma perché tutto ciò sia possibile, ha sottolineato Vago, dobbiamo sapere con certezza chi governa tutta la partita nella chiarezza più assoluta, e i tempi di realizzazione del progetto, sapendo che quando si parla di innovazione i progetti invecchiano in fretta.
Claudio De Albertis ha aperto sollecitando un ringraziamento, oltre che dei lavoratori, anche delle aziende che per Expo hanno lavorato. Il problema, ha poi sottolineato, non è solo quello del sito, ma del contesto in cui è inserito, che è ancora fortemente degradato. Bisogna costruire un serio business plane, ha detto, traguardando il tema di quell’area su un territorio più vasto che è quello della città metropolitana. Altrimenti si rischia di perdere un’opportunità. Prima che l’area possa diventare cantierabile, ha aggiunto, dopo la bonifica, possono passare almeno due anni. Dobbiamo dunque pensare anche ad un uso transitorio come si fa in altri paesi, addirittura creando parchi temporanei. Ma De Albertis, come Presidente della Triennale, ha una proposta: nel 2016 Milano ospiterà l’Expo del design, dell’architettura e della moda. Perché non pensare di ospitarla a Rho Pero?.
Luciano Pilotti, in qualità di Presidente di Arexpo ricorda che la società è indebitata e che conta di rientrare nei costi con un progetto di altissima qualità. Porta l’esempio della Silicon Valley per dimostrare come si può fare innovazione nella società della conoscenza. E’ fondamentale, aggiunge, l’investimento pubblico su ricerca, innovazione e sviluppo, per far crescere l’occupazione, sapendo che oggi la competizione non è più banalmente tra imprese ma tra interi sistemi paese. Cooperare dunque, fare networking per competere, nella consapevolezza che i territori allargati sono leve endogene di sviluppo
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Giulio Gallera, in rappresentanza della Regione, ha convenuto sulla necessità di scatenare le potenzialità per costruire un progetto alto, pensando di localizzare certo qualche importante quartier generale di qualche altrettanto importante società, ma prevedere anche dei parchi tecnologici, facendo convivere realtà diverse e generando valore aggiunto per l’intera area. Migliorare la qualità del territorio, su questi obiettivi anche la Regione vuole impegnarsi.
E’ stata poi la volta del Sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che ha parlato dell’importanza dell’area metropolitana, augurandosi che sopravviva agli ulteriori tagli. Non siamo affatto in ritardo, ha scandito, il primo bando era obbligatorio e se ne intuiva l’esito, ora stiamo andando avanti con idee praticabili e sostenibili, sapendo che si tratta di un luogo che a livello di servizio e di capacità di dare risposte ai bisogni di mobilità e di abitabilità è tra i migliori a livello europeo. Abbiamo di fronte una grande occasione, che non dobbiamo sprecare.
Non dobbiamo ragionare sui sogni, ma sulla concretezza. L’urgenza c’è invece sul periodo transitorio, perché l’analisi di cosa faremo vedrà una fattibilità nel giro di quattro anni. Nel frattempo bisogna capire cosa fare per impedire che quel territorio perda le sue prerogative. Dobbiamo mantenere Expo al centro dell’attenzione del paese e dell’Europa.
Noi abbiamo un punto fermo, ha aggiunto Pisapia: non ci interessa guadagnare su quei terreni, ma solo rientrare della spesa e avere dei vantaggi di carattere sociale e di sviluppo. Non dobbiamo avere paura, tantomeno degli investimenti stranieri. Ci sono già molte manifestazioni di interesse. Quello della ricerca degli investimenti necessari è in generale un grosso problema, e il futuro di Milano e degli investimenti ci sarà se Expo sarà un grande successo, e se non lo sarà a scapito della città e del territorio.
L’importante è che questo percorso abbia sempre come accompagnatrici le forze sociali. I protocolli d’intesa col sindacato, in particolare quello sulla legalità, sono stati fondamentali, e insieme dobbiamo essere fieri che questa Expo abbia visto un numero così ridotto di infortuni, di cui nessuno grave.
La leader della CGIL Susanna Camusso, concludendo il convegno ha ripreso il parallelo tra l’Expo di Milano del 1906, che coincise col congresso fondativo della CGIL, e quella di oggi per sottolineare che, ora come allora, per la CGIL il focus era ed è il lavoro, la sua qualità. Lo slogan “il lavoro nutre il futuro” risponde da solo alla domanda “perché noi?”, ed Expo sta già nutrendo il lavoro. Ma il buon risultato che è già sotto gli occhi di tutti non è sufficiente. Possiamo già dire che sia stato un successo? Si è chiesta Camusso.
Noi abbiamo lavorato per Expo, e la dimostrazione sono i protocolli che anche con fatica si sono fatti. Questo grande sforzo che ha permesso la realizzazione di Expo è stato possibile anche perché si è condiviso l’obiettivo. Ma ora c’è bisogno di grande trasparenza sui numeri di Expo: quante persone ci vanno? Quale relazione col territorio? Cosa succede sul terreno del lavoro? Ricordando l’accordo positivo su Manpower, si è chiesta su quali professionalità potrà contare Milano, dopo. E citando la parola chiave dell’identità indicata da Lattuada, l’ha identificata nella conoscenza, nella ricerca e nell’innovazione, lamentando come su questo terreno siano scarse nel nostro paese sia la rete tra sistemi che le ricadute. Al netto del giudizio sulla riforma della scuola sul tavolo in questi giorni, che va in senso opposto, l’impressione è che non si investa in ricerca e innovazione di prospettiva, ma solo di immediata traduzione. Il punto nodale, ha sottolineato Susanna Camusso, è che mentre storicamente la ricerca e l’innovazione hanno prodotto nuova occupazione, oggi che i tempi di consumo dell’innovazione sono molto rapidi e hanno determinate caratteristiche, sorge spontanea la domanda: produrrà davvero nuovo lavoro o distruggerà l’esistente? E questo non per fermare i processi, ma per poterli governare, evitando che questa questione sia patrimonio esclusivo di una élite. Per questo si deve ricostruire il nesso tra dove va il lavoro con l’innovazione e come creare lavoro. Ciò è possibile solo dando straordinario valore sociale all’innovazione, interrogandosi su come sarà il paese in futuro e su come le persone potranno, attraverso il lavoro, essere libere e autonome nel realizzare i propri progetti. Si tratta di riprogettare la relazione tra il lavoro, così come l’abbiamo conosciuto, e quello che ci sarà, trasformandolo anche in lavoro sociale. Ma la logica non può essere solo quella del profitto, il lavoro deve tornare ad avere centralità. E non è vero, ha detto - rispondendo a qualche accento che nel dibattito è andato in questa direzione - che ci penseranno le imprese. Non è compito loro progettare un futuro nel quale le persone possano riconoscersi.
Il segretario generale della Cgil ha poi riportato l’attenzione sul tema di Expo: come nutriremo le persone? Si è chiesta, ricordando, insieme ai problemi del pianeta, anche le straordinarie prerogative del nostro paese su questo terreno. L’innovazione deve riguardare anche l’agricoltura, ha detto: finora abbiamo subito la cultura degli altri, anche con gli eccessi normativi dell’Europa, ora possiamo provare a dire la nostra.
Milano non è mai stata una città provinciale né chiusa, al contrario è sempre stata la città della solidarietà e dell’accoglienza, ma oggi corre il rischio di chiudersi nel provincialismo della milanesità se non mette in rete qualità e competenze.
3 milioni di persone, 90 sindaci, questo forse è il difetto, cui bisogna far fronte in attesa di avere città metropolitane più grandi. Questa resta una delle aree più ricche del paese in termini di saperi, conoscenze, infrastrutture, per questo Milano deve recuperare appieno la sua anima aperta e solidale. Dopo Expo si può sperimentare un’altra idea di relazione tra pubblico e privato che vada oltre - e nel governo della Regione in questi decenni l’abbiamo visto, non è tutto oro quello che luccica - una cultura viziata da interessi particolari e non collettivi.
E’ importante, ha aggiunto Susanna Camusso, che le istituzioni dicano, come ha fatto il Sindaco Pisapia, che non vogliono guadagnarci dal dopo Expo. Vorremmo che un’analoga affermazione venisse anche da parte dei privati, e che non ci fosse l’esclusiva preoccupazione di aumentare i dividendi in tempi rapidi.
La cosa straordinaria del dibattito di stamattina è che si è riusciti a guardare al futuro e a farlo con intelligenza. Inutile nascondere che nella fase di avvio si è perso tempo. Questo non deve succedere dopo il 31 ottobre, quell’area non deve cadere nel degrado. Le proposte sono tutte utili e, insieme al verde di cui Milano ha bisogno, tutte affascinanti, ma dobbiamo uscire dall’idea che ce la si può fare da soli, in casa. Si deve coinvolgere il governo, ha aggiunto ancora Camusso, proprio per la dimensione e il ruolo nazionale che potrà avere questo progetto. Si associa infine ad Elena Lattuada nel sottrarsi al ruolo indistinto di stakeholder: noi siamo orgogliosamente portatori degli interessi del lavoro, dice, e rivendichiamo il nostro ruolo di rappresentanza e di partecipazione nel definire il futuro. Come? Con gli accordi, a partire dal tema della legalità e degli appalti, su cui va garantita la tenuta da subito. L’altro tema è che Expo ha al suo interno lavoro di grande ricchezza e lavoro umile. Quest’ultimo non è stato trattato molto bene, si è puntato per troppo tempo a basse retribuzioni, a deroghe sui CCNL, ad impedire che le persone potessero mobilitarsi per i propri diritti, fino a strani discorsi sul diritto di sciopero; gli accordi hanno escluso tutto ciò.
Molto si deve alle lavoratrici e ai lavoratori se tanti milioni di persone potranno visitare Expo godendosi serenamente le loro giornate; con quali regole del lavoro affrontiamo il dopo Expo? Noi vogliamo la massima trasparenza e la massima universalità, tenendo sempre a riferimento i contratti nazionali di lavoro e su relazioni sindacali che si sono stabilite, da giocare positivamente. Ha poi concluso Susanna Camusso: noi non temiamo il conflitto, senza grandi conflitti questo paese non sarebbe avanzato; una cosa sono le regole, un’altra voler limitare ed impedire, perché così non si farebbe che limitare e d impedire il nostro progresso .
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