senza una valida alternativa per i cittadini di quei territori, soprattutto per le realtà montane e per quelle che non hanno nelle vicinanze grandi strutture.
La verità è che dopo aver accumulato un gigantesco deficit (oltre novemila miliardi di vecchie lire) a partire dal 2002 la regione è corsa ai ripari inaugurando quella che in economia viene definita fase "recessiva": tagli ai bilanci e ai servizi.
Non parliamo delle liste di attesa che sono diventate chilometriche sia nelle strutture pubbliche sia in quelle private: i dati ufficiali non sono veritireri e non rispondono alla realtà, per appurarlo basta telefonare ad una qualsiasi struttura per una prenotazione.
Se si guarda la situazione della salute dei cittadini di questa regione, ci sono dati statistici non certo rassicuranti: la prima causa di morte sono i tumori, più delle malattie cardiovascolari, segno di una cattiva prevenzione e segno di significativi elementi di nocività ambientale.
L’entita degli "omicidi bianchi" – le morti sul lavoro – pone la Lombardia in alto in questa tragica classifica.
La CGIL Lombardia in questi anni e a più riprese ha posto il problema di una svolta: una programmazione che parta dai bisogni, più autonomia ai territori e meno centralismo regionale, maggiore spazio e qualificazione delle cure primarie, operando per la rivitalizzazione del distretto e non per la sua "eutanasia", come si è fatto negli ultimi anni.
Se il federalismo è quello sperimentato negli ultimi anni nella sanità in Lombardia, viene da dire: NO grazie!"