I MIGRANTI E IL SINDACATO

Il 1° febbraio si è svolta la seconda conferenza regionale sull’immigrazione della CGIL Lombardia.
A circa sei anni dalla precedente, non sono state molte le novità sul piano dei diritti per le persone che hanno deciso di vivere nel nostro Paese.
E’ di questi giorni la fine della cosiddetta emergenza profughi del Nord Africa e ancora una volta ci troviamo a verificare l’assoluta incapacità di gestire questo fenomeno. Sono stati spesi milioni di euro, ma non si sono saputi né voluti garantire percorsi di inserimento sociale (salvo rare eccezioni), e dal 1° marzo centinaia di persone saranno costrette a vivere in mezzo alla strada.

Nel corso della conferenza, in vista delle imminenti elezioni regionali, abbiamo sentito l’esigenza di avanzare delle proposte su come costruire un modello di società che, superando il dualismo italiani e stranieri, prefiguri una comunità in grado di convivere pur con le sue diversità.
Un primo elemento considerato è stato che oggi si tende ad omologare la diversità dietro la parola straniero. In realtà ci troviamo di fronte a persone con stati giuridici e portatori di diritti molto diversificati fra di loro.
Possono essere comunitari, rifugiati, profughi, apolidi, non comunitari con permesso CE per lungo soggiornanti, irregolari e anche cittadini italiani.
Ognuna di queste categorie ha una propria specificità fatta di diritti e doveri dei quali dobbiamo tener conto per capire quale può essere il loro percorso per accedere ai diritti di cittadinanza.
Abbiamo assistito in questi anni a fenomeni di discriminazione nei loro confronti che hanno coinvolto soprattutto le amministrazioni locali. Iniziative che sono state sconfessate dai giudici che hanno confermato l’uguaglianza fra i cittadini tutti.
Alla nuova giunta regionale chiediamo una legge che detti le linee per una politica inclusiva tesa a prefigurare scenari di convivenza civile improntati al rispetto delle regole, ma in grado di cogliere le specificità dei nuovi cittadini.
In questa direzione va la richiesta, del resto già prevista da una legge regionale, della costituzione di una consulta per l’immigrazione.
La conferenza ha messo al centro, ovviamente, il tema del lavoro e del ruolo della CGIL.
La crisi economica ha colpito pesantemente il mondo del lavoro. Le lavoratrici e i lavoratori immigrati, oltre alla perdita del posto di lavoro rischiano di perdere il permesso di soggiorno e quindi la possibilità di rimanere in Italia. In questa condizione di assoluta incertezza è facile essere attratti da datori di lavoro con pochi scrupoli e lavorare in nero o in condizioni di sfruttamento pur di avere un reddito.
In questo scenario è prioritaria l’abrogazione delle norme previste dal Testo Unico sull’immigrazione (come modificato dalla legge Bossi Fini), che hanno introdotto il contratto di soggiorno e che legano la permanenza regolare in Italia alla volontà dei datori di lavoro.
Molto si potrebbe dire ancora sul lavoro dei migranti. Come risulta dai più recenti rapporti sono sotto inquadrati e sotto pagati a parità di mansioni con i colleghi italiani.
Un disagio, quello delle lavoratrici e dei lavoratori stranieri, che spinge molti di loro ad iscriversi alla nostra organizzazione.
Continua infatti il trend positivo di adesioni alla CGIL.
Nel 2012 sono 62.580 le lavoratrici e i lavoratori stranieri che in Lombardia si sono iscritti alle categorie della CGIL.
Sono circa il 15% degli attivi, mentre nel 2005 erano il 9%.
Sono il 35% della FILLEA, il 25% della FLAI, il 23% della FILT, il 13% della FILCAMS e il 12% della FIOM, oltre che il 35% di NIDIL e il 32% degli iscritti come disoccupati.

Un fenomeno che continuerà a crescere e che necessita anche di una maggiore visibilità anche all’interno della CGIL. Alcune categorie si sono mosse in questa direzione valorizzando la presenza degli stranieri negli organismi di direzione e negli apparati. La CGIL può essere un utile laboratorio di multietnicità in grado di offrire pari opportunità a chi decide di dare il proprio contributo alla causa del sindacato.

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