CGIL LOMBARDIA: I DATI INPS DI NOVEMBRE 2013 CONFERMANO ANCORA UNA REALTA’ ECONOMICA E INDUSTRIALE FRAGILE

La cassa complessivamente cresce del 5%, l’ordinaria del 7%, la straordinaria del 25%. Diminuisce solo formalmente la deroga del 25%. La quota delle aziende industriali che richiedono la cassa integrazione è ancora ad oltre il 21%, nonostante la diminuzione del numero delle imprese lombarde.
Crescono i licenziamenti (L.223) del 48%. Nell’industria il saldo occupazionale tra entrate e uscite è del -2%. Il differenziale preoccupante è quello della riduzione del 14% della produzione industriale tra il 2008 e il 2013.

Dopo 5 anni di crisi e di decrescita, i numeri e le tendenze in atto ci dicono che nemmeno il 2014, purtroppo, sarà l’anno della crescita attesa e necessaria. Questo giudizio di forte preoccupazione si basa sui dati e sui numeri dell’economia reale nella regione più industrializzata del paese, che sono drammaticamente eloquenti.
E’ rispetto al tasso di industrializzazione, alla qualità e alla quantità dell’occupazione, alla qualità della vita della popolazione, ai livelli di giustizia, di equità e di istruzione raggiunti e alla distribuzione della ricchezza prodotta che si misura e si verifica la ripresa e la crescita del Paese; e su questo proprio non ci siamo. Senza lavoro e senza una politica industriale all’altezza della sfida imposta dalla crisi di sistema, non si esce dalla crisi economica e sociale profonda che ha investito il mercato interno, al quale si rivolge il 90% del nostro sistema produttivo e industriale”.
I dati Inps che mensilmente rielaboriamo (e che trovate allegati), parlano ancora della crisi industriale, della chiusura di aziende e di un aumento dei licenziamenti e della disoccupazione, in particolare quella giovanile. E’ da troppo tempo che l’Italia e la Lombardia non crescono. E’ un allarme rosso lanciato da tempo e irresponsabilmente è rimasto inascoltato dai governi precedenti e non sufficientemente ascoltato da quello attuale, carente di proposte alternative al passato e di scelte forti in campo economico e sociale.
L’Italia e la Lombardia vivono una situazione economica e industriale gravissima.
La nostra regione, lo abbiamo denunciato in più occasioni, in cinque anni ha visto ridursi di circa il 25% il suo tessuto industriale; abbiamo registrato il crollo degli investimenti del 17%, e tra il 2007 e il 2013 abbiamo avuto la riduzione del 14% della produzione industriale, con un crollo del 20% del manifatturiero. Gli indicatori occupazionali confermano che dal 2011 al 2013 nell’industria, tra entrate uscite, si perde il 2% di occupati. Nel corso dell’ultimo anno si sono persi circa 75.000 posti di lavoro, e coloro che stanno usufruendo degli ammortizzatori in deroga sono circa 80.000 lavoratrici e lavoratori, mentre per oltre 44.000 dipendenti di 389 aziende sono stati attivati, negli ultimi due anni, i contratti di solidarietà, che sono strumenti importanti di distribuzione del lavoro per evitare licenziamenti ed esuberi. Questo importante strumento va esteso, rafforzato e adeguatamente finanziato.
Siamo a un punto di non ritorno: occorre fermare la de-industrializzazione in atto nel paese e nella nostra regione, nella quale è concentrata la presenza di oltre il 30% dell’industria manifatturiera nazionale, e nella quale si è registra una riduzione del tasso di attività, oltre al crollo dei consumi e delle attività commerciali.
La regione lombarda è stata declassata dalla Commissione europea al 128° posto rispetto alle altre 200 regioni europee; solo due anni fa eravamo al 95° posto.
Dal 2007 il nostro Paese e la nostra regione hanno bruciato rispettivamente 10 e 11 punti di PIL.
Il nodo della Lombardia resta quello di creare lavoro e di ri-progettare una struttura produttiva innovata e di qualità, senza la quale sarà tecnicamente impossibile creare le condizioni per la crescita e lo sviluppo del Paese, insieme all’occupazione.
Occorre mettere in campo politiche economiche e sociali, risorse pubbliche e private alternative alle attuali e di sostegno al mercato interno e al tessuto produttivo.
Il Paese rischia il tracollo e rimane incapace di prospettare il suo futuro e quello delle giovani generazioni. E’ su queste richieste che CGIL CISL UIL hanno proclamato la mobilitazione generale e gli scioperi articolati a livello regionale.

I DATI

II dato preoccupante è che aumenta ancora il ricorso alla cassa integrazione ordinaria e straordinaria, mentre la riduzione della cassa in deroga è dovuta in parte ai precedenti ritardi delle coperture economiche da parte del Governo, e in parte al cambiamento della situazione in conseguenza delle tante chiusure di attività e di aziende, e della riduzione del tessuto produttivo, in particolare nel comparto artigiano, nel commercio e nelle PMI.
Il dato grave è che, nonostante si sia ridotto il loro numero, le aziende industriali che richiedono la cassa rimangono ad una quota di oltre il 21%.
Comunque ricordiamo che i dati degli ammortizzatori sociali, tesi a garantire formalmente i posti di lavoro e a favorire la non chiusura dell’attività produttiva, gli stessi dati sui licenziamenti e il ricorso all’Aspi (ex L. 236) e all’indennità di disoccupazione, non fotografano adeguatamente la natura e la profondità della crisi.

La cassa: crescono ancora la straordinaria e l’ordinaria.

Complessivamente, nel mese di novembre 2013 si registra una crescita delle ore autorizzate di CIG del 5,08% (233.895.775 ore), una crescita della cassa ordinaria dell’6,64% (97.626.156 ore) e della cassa straordinaria del 25,06% (95.346.909 ore), mentre, per le ragioni che abbiamo sottolineato, si riduce solo formalmente la cassa in deroga del 25,06% (40.922.710 ore).

Tutti i settori registrano tassi di crescita della cassa, ma i più colpiti sono quelli legati all’energia elettrica, gas e acqua (138,23%), al commercio al minuto (75,53%), all’artigiano edile (53,75%) e all’estrazione minerali metalliferi e non (49,85%).
Le province più colpite, cioè quelle che si collocano al di sopra della linea regionale sono: Milano (18,81%), Bergamo (14,96%), Pavia (10,31%) e Varese (6,24%).

Se invece consideriamo il numero equivalente delle ore in cassa integrazione per occupato, cioè il numero “aggiuntivo” di persone senza lavoro, troviamo: Varese all’8,11%,
Lecco al 6,64%, Brescia al 6,52%, Bergamo al 5,81%, Como al 5,55%, Mantova al 3,91%, Pavia a 3,84%, Cremona al 3,15%, Lodi al 2,74%, Milano al 2,71%, Sondrio all'1,11%.
La media regionale si colloca a 4,35%.


I LICENZIAMENTI

I licenziamenti, regolati per legge attraverso l’indennità di mobilità 223/91, nel rapporto tra il periodo gennaio-novembre 2013 e gennaio-novembre 2012, aumentano del 48,10%, con 26.680 licenziamenti in totale. I licenziamenti di novembre sono 2.155 (v. tabella); dai dati Aspi (entrata in funzione con il 1° gennaio 2013, a sostituire l’indennità di disoccupazione ordinaria ex L. 236, per i lavoratori delle aziende che occupano meno di 15 dipendenti) che sono pervenuti ma non sono ancora a regime, risultano complessivamente in crescita: nel periodo gennaio-ottobre 2013, mancano i dati di novembre, sono pervenute ben 165.114 domande.

La linea generale è quella di un aumento della disoccupazione: ufficialmente ci stiamo avvicinando al 9%, che diventerebbe il 18% se allargassimo la platea sino a comprendere le richieste di cassa e gli inattivi disponibili a lavorare.
Non ci stancheremo di ripetere che dinanzi alla crisi di sistema occorre intervenire per sostenere i settori industriali e commerciali e i consumi, difendere lo stato sociale e affrontare efficacemente le questioni strutturali del Paese reale, a partire dalle mancate politiche industriali che, insieme alla grande evasione, alla corruzione devastante e alle infiltrazioni mafiose, devono essere affrontate e risolte per dare al Paese e alla Lombardia una prospettiva di salvezza.
Questo è il senso del “Piano del lavoro” che la Cgil sta sostenendo con assemblee e incontri nei luoghi di lavoro in tutto il territorio nazionale, e del documento unitario che ha presentato con CISL e UIL, e che contiene proposte concrete per cambiare la Legge di stabilità, sulle quali ha chiamato alla mobilitazione.
E’ sempre più urgente ridare centralità al valore del lavoro e alla sofferenza sociale che non può più aspettare l’indicazione di soluzioni urgenti, che devono essere in netta discontinuità con le politiche depressive e neoliberiste dei governi precedenti.

Sesto San Giovanni 17 novembre 2013 

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