LA LOMBARDIA ARRETRA ANCORA: I DATI REALI DELL’ECONOMIA ALL’INIZIO DELL’ANNO PREOCCUPANO.
GENNAIO 2013: CASSA INTEGRAZIONE ANCORA IN AUMENTO (+56.94%) RIMANE ALTO IL NUMERO DEI LICENZIAMENTI (7.070).
IL 2013 SI PROSPETTA UN ALTRO ANNO DIFFICILE PER L’OCCUPAZIONE E IL TESSUTO PRODUTTIVO.

Le affermazioni dell’industriale candidato Gabriele Albertini fuori dalla realtà e prive di senso.

A cura del Dipartimento Politiche Contrattuali della CGIL Lombardia

 
Il 2013 inizia male in Lombardia. Le prospettive non sono incoraggianti e prevedono un ulteriore calo della produzione industriale e la conseguente riduzione del tessuto produttivo e commerciale, in particolare quello delle piccole aziende e del comparto artigiano.
Gli effetti della crisi in Lombardia li abbiamo misurati mensilmente in questi 5 anni attraverso i numeri altissimi delle ore di cassa integrazione (una media di 250 milioni di ore annue) e con oltre 50.000 licenziamenti all’anno, sia con ricorso alla legge 223/91 che alla 236/96.
In Lombardia gli effetti della crisi si sono fatti sentire con particolare gravità per le caratteristiche di una regione ad alto tasso di manifatturiero e per la responsabilità, nazionale e locale, di una politica disattenta, incapace di riconoscere e affrontare la crisi con politiche, scelte e risorse pubbliche innovative in favore della ripresa e dello sviluppo, a sostegno dell’impresa e del mondo del lavoro.
In Lombardia abbiamo verificato l’inutilità di scelte, più di immagine che di sostanza, di un Presidente parolaio e di una Giunta di centrodestra che resterà nella memoria solo per gli episodi di corruzione che l’hanno contraddistinta come la più indagata d’Italia, senza mai aver concretamente provato a contrastare la distruzione del tessuto produttivo e industriale in atto.
Ci sono gravi ritardi ed enormi responsabilità di chi ha governato il Paese e la Regione Lombardia.
La CGIL, insieme a CISL e UIL lombarde, ha posto con vigore il problema dell’occupazione e della difesa del tessuto produttivo; abbiamo, con senso di responsabilità, avanzato disponibilità, richieste e proposte concrete, portando la nostra denuncia e preoccupazione fin sotto il Parlamento e nelle commissioni Lavoro di Camera e Senato.

Per questo riteniamo offensive, demagogiche e irricevibili le dichiarazioni contro la CGIL dell’ex Sindaco di Milano Gabriele Alberini, il candidato di quel Presidente del Consiglio Monti che di certo non ha dato risposte alla crisi ma l’ha aggravata con le politiche liberiste e recessive.
Per Albertini la CGIL sarebbe uno dei sindacati maggiormente responsabili del declino lombardo perché animata da “logiche di bieco sindacalismo”.
L’industriale Albertini, oltre a fare dichiarazioni prive di senso in linea con il suo capo Monti, avanza ricette mirabolanti per uscire dalla crisi, come quella di una maggiore flessibilità e di una minore rigidità nell’entrata e nell’uscita dal mercato del lavoro: una proposta davvero moderna e ingegnosa!
Gli sfugge la realtà di un mondo del lavoro con salari tra i più bassi e una flessibilità tra le più alte d’Europa; rimuove che la Lombardia in cinque anni ha visto ridursi del 25% il tessuto produttivo e scomparire molte delle eccellenze che vantava, mentre cresce la disoccupazione e le ore di cassa e i licenziamenti sono in costante aumento.
Il declino vero è quello stillicidio continuo e inarrestabile delle aziende e delle attività in difficoltà o che chiudono.
Evidentemente sfugge ad Albertini e al centrodestra che il manifatturiero italiano e quello lombardo si rivolgono per un buon 90% al mercato interno, e che questo è in asfissia per una ricchezza mal distribuita, un’evasione fiscale vergognosa e una povertà in continuo aumento anche nella “ricca” Lombardia.

Il problema vero è il lavoro che manca, il lavoro che sparisce, il lavoro da ricostruire attraverso una rinnovata politica industriale e sociale che manca da anni in Lombardia e nel Paese.
Una vera e propria emergenza rimasta per anni senza adeguate risposte.
La CGIL, non a caso, ha posto il lavoro al centro delle sue scelte; è l’unica organizzazione di massa ad aver avanzato un “Piano del Lavoro” per uscire dalla crisi e dare prospettiva al Paese, alla Regione e alle nuove generazioni.

I DATI

I dati INPS di gennaio 2013, rielaborati da Dipartimento politiche Contrattuali della CGIL Lombardia, che fanno registrare una rilevante crescita delle ore di cassa, confermano purtroppo che la strada per ritornare quantomeno alla situazione economica e occupazionale pre crisi non sarà né breve né facile, e saranno necessarie politiche economiche e sociali alternative rispetto a quelle recessive messe in campo sinora a livello europeo e nazionale.
In questa realtà, che segnala ancora una volta la profondità della crisi e della sua trasformazione, i dati dovranno essere verificati in rapporto e in conseguenza all’applicazione dell’ASPI (Assicurazione sociale per l’impiego) introdotta dalla “riforma” Fornero (legge n. 92 del 28 giugno 2012), che entrando in vigore con l’inizio dell’anno, dovrebbe interagire con gli strumenti in corso riferiti ai nuovi eventi di disoccupazione.

La cassa: crescono per la prima volta tutte le tipologie.
Complessivamente nel mese di gennaio 2013 si registra una significativa crescita delle ore autorizzate di CIG del 56,94% (21.250.320 ore), una crescita della cassa ordinaria del 49,99% (9.415.174 ore), della cassa in deroga del 39,58% (2.911.333 ore) e della cassa straordinaria del 79,86%% (8.923.813 ore).

Tutti i settori registrano tassi di crescita della cassa, ma i più colpiti sono: artigianato lapidei (285,69%), servizi (264,70%), commercio all’ingrosso (264,05%), alberghi e pubblici esercizi (148,70%), attività connessa all’agricoltura (132,63%), alimentari (94,71%), impianti per l’edilizia (92,77%), industria edile (80,75%).

Le province più colpite, cioè quelle che si collocano al di sopra della linea regionale (56,94%) sono: Lodi (451,64%), Sondrio (445,72%), Pavia (272,20%), Bergamo (138,73%), Lecco (131,83%), Como (123,16%), Milano (111,55%).

Se invece consideriamo il numero equivalente delle ore in cassa integrazione per occupato, cioè il numero “aggiuntivo” di persone senza lavoro, troviamo: Lecco al 12,32%, Varese al 8,83%, Como al 7,73%, Bergamo al 6,09%, Pavia a 5,25%, Brescia al 4,02%, Milano al 2,51%, Sondrio al 1,88%, Cremona al 1,59%, Mantova al 1,52%, Lodi al 1,05%. La media regionale si colloca a 4,35%. (vedi tabelle allegate)


I LICENZIAMENTI

Complessivamente i licenziamenti, cioè le indennità di mobilità e di disoccupazione come previsto dalle leggi, nel primo mese di gennaio 2013 rispetto a gennaio 2012 sono stabili ma con numeri sempre elevati.
I dati ufficiali indicano in 7.070 i licenziamenti complessivi (meno 4,72%): ben 3.059 (+ 29.89%) con la legge 223/91 (indennità di mobilità), e 4.010 (meno 20,67%) con la legge 236/93 (indennità di disoccupazione). Si riduce del 90% il dato dei frontalieri con un solo licenziamento.

LA CGIL NON SI RASSEGNA ALLA CRISI.

Crediamo che dinanzi alla crisi globale, le cui cause non sono ancora state aggredite né superate, occorra intervenire per sostenere i settori industriali e commerciali, i consumi, difendere lo stato sociale e affrontare efficacemente le questioni strutturali del Paese reale, a partire dalle mancate politiche industriali che, insieme alla grande evasione, alla corruzione devastante e alle infiltrazioni mafiose, devono essere affrontate e risolte per dare al Paese e alla Lombardia una prospettiva di salvezza, di ripresa e di sviluppo che siano fondate su basi reali e non sulla propaganda mediatica.
La CGIL, nella convinzione che senza il lavoro non c’è futuro per il Paese, ha presentato un “Piano del lavoro” da porre al centro dell’attenzione e delle scelte future del Governo e del Parlamento che usciranno dalla prossima tornata elettorale.
In questa fase di definizione delle “agende” elettorali, occorre ridare centralità al valore del lavoro nell’azione politica e nelle scelte economiche.
Senza politiche industriali, nazionali e regionali, di investimento e di indirizzo pubblico in economia, finalizzate a favorire innovazione, ricerca, sviluppo e crescita non si costruisce una prospettiva per il futuro del Paese, della Lombardia e delle nuove generazioni.

Sesto San Giovanni 12 febbraio 2013 

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