OLTRE 2500 DELEGATE E DELEGATI, PENSIONATE E PENSIONATI ALL'ATTIVO REGIONALE DELLA CGIL LOMBARDIA CON SUSANNA CAMUSSO E UMBERTO AMBROSOLI.

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“Il titolo scelto, "Nel nome del lavoro", non lascia spazio ad equivoci: in questa campagna elettorale - che per noi lombardi vale doppio - vorremmo che il tema del lavoro tornasse al centro di un confronto anzitutto di idee e contenuti". Così ha esordito Nino Baseotto parlando agli oltre 2500 delegati e delegate, pensionate e pensionati che hanno partecipato stamani al Palacreberg di Bergamo all'attivo regionale della Cgil.

"Ridare centralità al lavoro è un’esigenza imprescindibile per la Lombardia e per l’Italia. Nel quinto anno della crisi, senza nessuna luce in fondo al tunnel, si deve cambiare paradigma", ha proseguito Baseotto.

Dopo aver affrontato le questioni di carattere nazionale, Il Segretario generale della Cgil Lombardia è passato all'ambito regionale, sottolineando che "queste elezioni decreteranno la fine dei 18 anni di Formigoni. Verrà quindi meno la traduzione politica di un sistema di potere radicato, intricato, figlio di tempi nei quali Formigoni – come si dice – “non faceva prigionieri”. Una impressionante macchina di clientele ed affari, di malaffare e corruzione, imperniata su una forte opacità della gestione e sulla negazione dei valori etici fondamentali, che ha prodotto, nel corso degli anni, un vasto consenso elettorale, poi affondato sui temi della legalità e della moralità, con la scoperta tragica che la ‘ndrangheta è arrivata sino alla Giunta regionale.

Noi vorremmo che dalle urne uscisse un forte, inequivocabile segno di discontinuità con quelle politiche e con quella visione proprietaria della gestione del potere. una discontinuità che né Roberto Maroni, né Gabriele Albertini possono rappresentare. La Lombardia può avere l’ambizione di contribuire a ridare linfa all’intero Paese e non deve essere ridotta a coltivare l’illusorio orto padano.

Ecco perché, nella nostra autonomia, guardiamo con interesse al progetto di cambiamento rappresentato dalla candidatura di Umberto Ambrosoli a nuovo Presidente della Regione: il suo impegno civico e politico, insieme alla larga coalizione che lo sostiene, è la vera novità delle elezioni in Lombardia ed una speranza per le tante ed i tanti che vogliono finalmente respirare aria nuova e fresca.

Nei giorni scorsi, Ambrosoli ha annunciato il proprio piano per il lavoro in Lombardia. Ovviamente, ha aggiunto Baseotto, ci confronteremo sulle rispettive proposte, ma a me pare di grande significato che finalmente un candidato metta al centro della propria campagna elettorale il lavoro ed avanzi proposte concrete su come difenderlo e promuoverlo

Vogliamo una Regione dove la società civile conti e sia ospite gradita in una casa fatta col vetro della trasparenza e del dialogo.

Per questo, vogliamo confrontarci lealmente oggi con il candidato e domani - lo speriamo davvero - con il presidente Ambrosoli, nella piena autonomia delle nostre rispettive posizioni e, per parte nostra, con il tratto di un grande Sindacato confederale e generale"

Baseotto ha poi avanzato alcune proposte, elaborate in dieci punti con le Camere del Lavoro e le Categorie regionali, sulle linee di indirizzo e di governo per la Cgil Lombardia necessarie per promuovere crescita e nuova occupazione, "in attesa di presentare la nostra proposta complessiva di Piano del Lavoro per la Lombardia".

E se qualcuno pensa davvero che battersi per il lavoro, ha scandito Baseotto, per difendere il futuro della propria impresa ed i diritti propri e di tutti e salvaguardare i principi della Costituzione sia cosa da conservatori, sappia che qui siamo tutti fieri e orgogliosi di essere dei conservatori.

Così come va cancellata la vergogna, che spesso è affiorata qua e là nelle diverse Giunte di centrodestra, di tentazioni o atti discriminatori nei confronti delle donne (pensiamo a ciò che hanno tentato di fare sulla 194, come ho richiamato prima), o nei confronti dei migranti. In una parola i diritti di cittadinanza sono il terreno su cui misurare la cifra del cambiamento in Lombardia e nel Paese.

Infine, ha detto Baseotto, il Piano del Lavoro della CGIL indica, tra le misure urgenti per invertire la tendenza recessiva in atto, l’attuazione di un piano straordinario per l’occupazione giovanile. Vogliamo la Lombardia in prima fila su questo; vogliamo che sia una Regione che offra opportunità e prospettive ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze.

In questi 18 anni di potere formigoniano, la CGIL ha contrastato le politiche della Regione ogni qual volta ci sono parse sbagliate e ingiuste, e sempre ci siamo impegnati per cambiarle e migliorarle, per difendere i diritti e contrattare misure utili agli interessi che rappresentiamo. Autonomi sempre, indifferenti o neutrali mai.

Proprio per questo abbiamo invitato Umberto Ambrosoli: ci unisce la comune volontà di voltare pagina dopo 18 anni di centrodestra in Lombardia.

Ambrosoli sa che saremo interlocutori attenti e rigorosi, radicali nella difesa dei nostri valori e, ad un tempo, consapevoli del tempo, della pazienza e della determinazione che serviranno per produrre il cambiamento che vogliamo.

Al servizio di questo cambiamento possibile mettiamo la passione e l’impegno delle donne e degli uomini della CGIL, la nostra voglia di partecipare e contare, la nostra scelta di essere un “noi” e non solo la sommatoria di tanti “io”.

Cambiare si deve, è necessario. Cambiare nel nome del lavoro, della sua dignità e del suo valore".

Ha salutato così Nino Baseotto la presenza del candidato alla presidenza della Regione per il centro sinistra Umberto Ambrosoli, che dopo alcuni delegati e delegate dei luoghi di lavoro, ha preso la parola, applauditissimo.

"Il mio primo impegno è di portare il tasso di occupazione dal 65% attuale al 70%" ha affermato Ambrosoli, per poi aggiungere: "È un obiettivo ambizioso, è vero. Ma noi lombardi dobbiamo essere ambiziosi e le nostre ambizioni devono partire dal lavoro."

Ambrosoli ha ricordato che questa scelta proviene dalla consapevolezza che l'articolo 1 della nostra Costituzione "non è retorica" ma al contrario indica una strada precisa: "Ci dice che la società italiana dovrebbe essere aperta, mobile, dinamica. Una società nella quale ognuno può trovare il proprio giusto spazio grazie all’ impegno, al merito, al lavoro. E se c’è un luogo in Italia che può e deve dare il buon esempio in questa direzione, quel luogo è la Lombardia."

Particolare attenzione è stata dedicata al ruolo delle donne nel mondo del lavoro: "Darci l’obiettivo di portare l’occupazione al 70% dall’ attuale 65 significa anche prendere coscienza che questa media va scomposta in una componente maschile, nella quale l’occupazione è al 73%, e in una componente femminile, nella quale l’occupazione è soltanto al 56%. Ecco, noi dobbiamo puntare il nostro sguardo in particolare sull’occupazione femminile. E se noi puntiamo il nostro sguardo sull’ occupazione femminile scopriamo tutte le relazioni a catena che riguardano le cose più importanti della nostra vita: i nostri figli, i nostri genitori. Giovani e anziani. Che in una società aperta e moderna dovrebbero essere circondati di servizi, servizi che in realtà liberano il tempo della donna, ancora oggi disponibile o costretta a sacrificare le proprie opportunità per dedicarsi alla cura di giovani e anziani.

Che cosa significa questo, concretamente? Significa creare asili nido e servizi di assistenza domiciliare integrata per gli anziani e per i malati cronici, significa liberare il tempo delle donne e al tempo stesso creare nuova occupazione in un settore, quello socio-assistenziale, che tutti gli studi internazionali danno in forte crescita."

Umberto Ambrosoli ha illustrato il proprio impegno a raggiungere l'obiettivo attraverso un ampio piano per lo sviluppo: "Noi dobbiamo lavorare dal primo giorno a un progetto di sviluppo della Lombardia. Per me sviluppo significa conciliare la crescita economica con l’inclusione sociale. Perché dalla crisi si esce tutti insieme o non si esce.Si può fare crescita economica senza lavoro, senza crescita occupazionale. Oppure si sceglie di promuovere quei settori e quelle imprese che più di altri sono capaci di creare occupazione nuova e stabile, duratura. Si può cercare di essere competitivi riducendo i salari. Oppure di competere grazie all’innovazione, che fa crescere la produttività senza umiliare i lavoratori e comprimere i redditi."

Ambrosoli è quindi tornato su alcune leve delle politiche pubbliche che si stanno consolidando in queste ore nel programma: "Per realizzare l'obiettivo di aumentare l'occupazione, la buona occupazione, l'occupazione duratura che aiuta le persone a crescere anche sul piano umano, che aiuta la società a crescere come comunità, non basta uno slogan. Serve un pacchetto ampio di interventi. Servono un piano per il lavoro e un piano industriale. Ricordiamoci che l'ultimo piano industriale degno di questo nome in Italia risale al 2006, si chiamava Industria2015 e lo preparò l'allora ministro dello sviluppo, oggi candidato premier Pierluigi Bersani. Cito qui soltanto tre delle cose che da Presidente della Regione mi impegnerò a realizzare.

Uno. Realizzeremo un fondo regionale per lo sviluppo che metta insieme le risorse finanziarie indispensabili per fare politiche pubbliche a sostegno dell'impresa e dell'occupazione e stimolare l'iniziativa privata.

Due. Concentreremo l'impiego dei fondi europei su poche linee essenziali di investimento legate ai servizi e all'innovazione.

Tre. Rinnoveremo l'approccio alla salute mettendo insieme servizi sociali e servizi assistenziali, perché al centro dei servizi ci sia la persona, il suo benessere, la sua dignità.

Infine il candidato Ambrosoli ha chiuso il proprio intervento invitando i presenti a impegnarsi per il successo elettorale del centrosinistra il Lombardia il 24 e 25 febbraio, considerato possibile per la prima volta dopo 18 anni di governo di centrodestra.(Fonte Ufficio stampa Ambrosoli).

Dopo di lui Baseotto ha salutato chi, dalle file della Cgil, ha deciso di portare la propria esperienza nelle aule parlamentari e in Regione: Titti Di Salvo, Valeria Fedeli, Tino Magni e in particolare Onorio Rosati, già Segretario generale della Camera del Lavoro di Milano, che corre per il Consiglio regionale. A lui un saluto amichevole e gli applausi dell'affollata platea del Palacreberg che ha ascoltato attenta il suo breve saluto.

Susanna Camusso ha poi concluso l'attivo: "In Lombardia come a livello nazionale abbiamo bisogno di discontinuità - ha esordito il Segretariogenerale della Cgil concludendo i lavori dell'attivo regionale dei delegati e dei pensionati della Lombardia oggi a Bergamo - ma senza il lavoro e la dignità del lavoro non può darsi vera discontinuità. Per noi la questione più importante è rimettere il lavoro al centro". Cita poi Di Vittorio Susanna Camusso, l'attualità della sua analisi rispetto all'oggi, soffermandosi su quanto cinque anni di crisi abbiano fatto arretrare il Paese. Il governo dei tecnici e quello precedente non hanno contrastato in alcun modo la crisi,proprio perchè nelle loro scelte è mancata l'idea del lavoro e della dignità delle persone.

Certo, parlare di lavoro vuol dire parlare di posti di lavoro, ma anche - aggiunge Camusso rivolgendosi ad Umberto Ambrosoli - ad esempio in questa Regione parlare di qualcosa che è strettamente legato al lavoro: non possiamo dire che ci vuole innovazione se non si affronta il tema dell'istruzione, soprattutto dopo 18 anni di giunte le cui scelte hanno colpito il sistema pubblico. Lo sviluppo che in passato ha conosciuto la Lombardia non è stato certo dovuto all'abbassamento della qualità dell'istruzione, o a quell'idea di scuola padana della Lombardia cui si è ispirato Formigoni. Lo sviluppo è stato invece determinato dal fatto che ci fosse mobilità, che si potesse andare a scuola, e che ci fosse un sistema di istruzione pubblica e laica di qualità. Ma come potrà la Lombardia chiamarsi ancora regione d'eccellenza se le famiglie non possono permettersi di pagare gli studi ai propri figli.

La parola libertà è stata abusata nella filosofia di questa Regione, ad esempio quando nella sanità ci hanno spiegato che libertà era rivolgersi alle strutture che si preferivano, senza garanzia che la prestazione erogata fosse o no di qualità adeguata.

Non si può essere privati, fare profitti, ma con i soldi del fisco italiano.

La sanità deve tornare a mettere al centro la persona, dev'essere fatta di prevenzione, cura, riabilitazione, risposte al cittadino. E da qualunque paese provenga.

Sappiamo, ha aggiunto Camusso rivolgendosi ancora ad Ambrosoli, che il candidato presidente avrà un grande lavoro per far tornare la sanità ad essere tutto questo.

Un altro cambiameno che va prodotto nella sanità riguarda il fatto che tutti coloro che lavorano nelle strutture sanitarie e ospedaliere fanno parte della cura del paziente. E una volta tanto andrebbe fatta una verifica, per vedere cosa hanno prodotto le politiche di appalti al massimo ribasso e lo spezzettamento del lavoro pubblico.

La sanità non deve essere più concepita come il punto di equilibrio tra pubblico e privato, ma come ciò che determina la qualità della salute dei cittadini.

Ho molto apprezzato, ha proseguito, l'obiettivo qui dichiarato da Ambrosoli di voler alzare il tasso di occupazione partendo dal lavoro delle donne. Certe cose le abbiamo dette per anni non ascoltati: c'erano già all'inizio degli anni duemila studi che indicavano nell'occupazione femminile il volano per lo sviluppo. Quegli studi venivano dalla Bocconi, ma forse oggi qualcuno non si ricorda più cosa ha prodotto la sua università.

In questa regione, tante volte attraversata dall'idea che il problema fosse quello della sicurezza legata alla presenza dei migranti, bisogna ricominciare a parlare della sicurezza quella vera, quella legata a cosa le cittadine e i cittadini faranno domani.

Cosa si pensa di dire alle donne, a quelle lavoratrici "invisibili" che escono all'alba e tornano di notte per fare le pulizie, che possono andare e tornare tranquille? Non si può più pensare che la vita di una donna non valga quanto quella di un uomo.

E dobbiamo dire che tanta di questa cultura regressiva è stata prodotta da un ventennio nel quale chi governava ha rappresentato le donne come oggetti e non libere cittadine di questo Paese.

Quante volte - ha ripreso Susanna Camusso - ci siamo sentiti dire che la Lombardia è la locomotiva d'Italia? Oggi ha smesso di esserlo, perché ha smesso di occuparsi della crescita e dei settori che andavano sostenuti. E' andata in corto circuito con il venire alla luce dei rapporti con la criminalità organizzata, che sono oltretutto una delle ragioni per le quali si è fermato lo sviluppo di questa regione.

Molti dimenticano, ma io voglio ricordare le dichiarazioni che si facevano un tempo e che ora non si fanno più, quando , mentre noi cominciavamo a fare le carovane della legalità, ci sentivamo rispondere persino con sprezzo che semmai era un problema delle regioni meridionali, che qui no, non c'era nessun tipo di infiltrazione, sostenendo così l'idea che si dovesse davvero dividere, separare il Paese. Chissà come si sono sentiti quando tutto è venuto a galla.

Noi non abbiamo paura di essere chiamati conservatori, forse è da conservatori invece pensare che non ci siano più destra e sinistra. Ma anche se l'alternativa fosse tra conservatori e progressisti, chi opera i tagli non può essere annoverato tra questi ultimi perchè dimentica uno dei principi fondamentali della rivoluzione francese: l'egalitè.

Questa stagione di dibattito politico ci ripresenta un film che si ripete di campagna elettorale in campagna elettorale - ha detto ancora Camusso tornando sui temi nazionali - nel quale la destra che ha governato si dimentica di quello che ha fatto e ci ripropone il tema dell'Ici e dell'Imu, così come l'idea di proporre di trattenere in Lombardia le tasse pagate dai cittadini lombardi. Bisogna però domandarsi come si pensa poi di pagare le pensioni, gli ammortizzatori sociali, l'istruzione e la sanità perchè di demagogia non ne possiamo più.

Molte delle proposte che sentiamo fare sono libri dei sogni perchè non hanno a che fare con i poteri reali della Regione.

In realtà non si esce da questa crisi se non si tiene aperta la porta del cambiamento, e troppo spesso siamo rimasti da soli a non permettere che quella porta si chiudesse. Ma il cambiamento non si inventa in poche ore, per questo il nostro Piano del lavoro prevede alcune misure di emergenza e altre più a lungo termine. Ma il segno del cambiamento va dato subito dopo il voto, in modo chiaro e inequivocabile.

Noi vogliamo dire ad Ambrosoli che ci troverà soggetti partecipi nell'ascoltare e leggere i bisogni delle persone e capire le priorità, per il miglioramento delle condizioni di lavoro e la riduzione delle diseguaglianze.

Le parole che Ambrosoli pronuncia più spesso sono legalità e trasparenza. Vogliamo suggerirgli allora un argomento che per noi è molto importante: per un vero contrasto all'illegalità servono regole e leggi, e noi abbiamo proposte precise in particolare sugli appalti, e serve anche la mobilitazione civile. In un luogo di lavoro inquinato dalla criminalità si vive male, perché quei lavoratori non hanno parola, e allora appare molto chiaro come i temi della democrazia e della rappresentanza non siano questioni che riguardano le organizzazioni ma i lavoratori.

Sappiamo che per cambiare la Regione e il Paese c'è una lunga strada che sapremo percorrere se diamo il senso che dopo una crisi come questa nulla sarà come prima, e che la prospettiva dipenderà dal fatto che il lavoro riacquisti il ruolo di identità delle persone e centro della politica, e che le parole sinistra e progresso tornino ad avere cittadinanza e a non essere escluse".

Sesto San Giovanni 23 gennaio 2013

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