UFFICIO STAMPA 

L’EMERGENZA PROFUGHI CONTINUA: I CENTRI CHIUDONO, MA LORO CHE FARANNO? 

Il 28 febbraio chiude l’emergenza umanitaria Nord Africa che era stata aperta nel febbraio del 2011 dal Governo Berlusconi.
II Ministero dell'Interno, con una nota del 18 febbraio, rende note le decisioni in questo senso assunte dal Tavolo di Coordinamento nazionale, ma il problema resta, l'emergenza del Nord Africa in realtà continua nei territori e per le persone coinvolte, mentre i centri di accoglienza che avevano finora ospitato i profughi chiuderanno, e il Governo ha previsto percorsi di uscita dall'emergenza per lo più tramite la concessione di soldi in contanti ai singoli, abbandonandoli sostanzialmente a se stessi. E’ difficile infatti che persone sole e magari vulnerabili possano fare da sé ciò che non sono riuscite a fare in due anni le autorità preposte.

Per loro si è fatto ben poco:
le scelte compiute a suo tempo dal Governo Berlusconi, che affidò la gestione dell’emergenza alla Protezione civile anziché a Regioni ed Enti locali, hanno permesso che le risorse per l'accoglienza venissero indirizzate in gran parte a strutture alberghiere che non si sono certo preoccupate di possibili percorsi di integrazione e di uscita dall'emergenza.

A questo si è aggiunta la difficoltà di definire una condizione giuridica certa per le ambiguità del Governo stesso, che paventava rischi di invasione di centinaia di migliaia di persone quando poi nella realtà sono state solo 17.500.
Il tardivo riconoscimento di un permesso per motivi umanitari e le richieste di asilo respinte e che hanno dovuto essere riesaminate, non hanno certo facilitato nel prefigurare percorsi di inserimento efficaci anche in relazione ai deficit cronici del sistema di accoglienza per richiedenti asilo in Italia.
Con il Governo Monti il passaggio ad un sistema di accoglienza ordinario avrebbe dovuto realizzarsi attraverso il coordinamento e la programmazione delle diverse fasi da parte di tavoli regionali, che avrebbero dovuto coordinare l'attività dei Prefetti nelle diverse province, con il monitoraggio delle persone presenti, delle risorse impiegate, dei percorsi di inserimento attivati.
La Regione Lombardia è stata assente sia nella gestione affidata alla protezione civile, sia nella fase di transizione. Il Tavolo regionale per la gestione dell’emergenza si è riunito una sola volta nel 2012 e non ci risulta sia stato più riconvocato.
Questo nel quadro di una situazione assolutamente differenziata da realtà a realtà: in alcune province e in alcuni Comuni si sono fatte esperienze positive di accoglienza diffusa che hanno consentito anche risparmi di risorse; altrove l'accoglienza è stata centralizzata in strutture che non hanno avviato percorsi di assistenza e di inserimento. Numerosi sono i minori non accompagnati richiedenti asilo in carico ai Comuni, ma ci sono anche intere famiglie e donne sole con figli piccoli.

Ciò che si rende evidente è dunque la necessità di verificare e monitorare cosa è successo nei diversi Comuni e nelle diverse province, quali percorsi siano stati attivati e dove invece le risorse non sono state debitamente spese, dove residuino e dove manchino, dove si trovino le persone e con che prospettiva, dove si sono radicate buone prassi e dove invece si è radicato un disinteresse istituzionale.

Chiediamo pertanto con urgenza che la Regione riconosca l'esistenza del problema sino ad ora completamente ignorato e attivi il tavolo di coordinamento regionale con i prefetti, le questure, l’ANCI con i comuni dove vivono i profughi, la protezione civile e le associazioni e realtà che si sono occupate dell'emergenza, come del resto già fatto in altre regioni, al fine di monitorare la situazione esistente ed individuare le modalità operative per garantire i processi di inserimento sociale dei profughi residenti nella nostra regione.

Sesto San Giovanni 21 febbraio 2013

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