OGGI GIORNATA CONCLUSIVA DEGLI STATI GENERALI DI CGIL LOMBARDIA CON

SUSANNA CAMUSSO, MASSIMO D'ALEMA, BRUNO TABACCI E ANTONIO TAJANI

 Terza e ultima giornata degli Stati generali della Cgil Lombardia a Cervia. Dopo un breve intervento di F. Bobrowski, Vice Presidente del sindacato polacco OPZZ, la mattinata e' entrata nel vivo con la tavola rotonda conclusiva su “Il destino dell'Unione Europea, il futuro dei cittadini europei", coordinata dal Segretario generale della CGIL Lombardia Nino Baseotto, alla quale hanno partecipato Massimo D’Alema, Presidente della Fondazione Italianieuropei, Bruno Tabacci, V Commissione della Camera dei Deputati, Antonio Tajani, Vicepresidente della Commissione Europea con un video messaggio, e Susanna Camusso, Segretario Generale CGIL che ha concluso i lavori.

Il Vicepresidente Tajani, assente per impegni internazionali, nel suo video messaggio ha illustrato i piani d'azione della Commissione europea sulle politiche industriali; scelte, ha sottolineato, operate in un confronto diretto con le Organizzazioni Sindacali dei lavoratori. In Italia, anche per rilanciare i consumi, occorre agire sul terreno del pagamento del debito della Pubblica Amministrazione, della riduzione del costo dell'energia e di un ulteriore taglio del cuneo fiscale. Occorre lavorare insieme per rilanciare l'occupazione, soprattutto giovanile e femminile. Sul terreno della formazione, Tajani propone un vero e proprio Erasmus per i lavoratori che favorisca la formazione. Conclude il suo intervento con la proposta di un Patto fiscale da proporre al prossimo vertice europeo, insieme a un piano per fermare la delocalizzazione e riportare industria e lavoro in Europa.

Nino Baseotto ha rivolto agli oratori la domanda di fondo: in questa crisi come riusciamo in Europa e in italia a preservare questo modello sociale europeo?

Bruno Tabacci, ringraziando la CGIL, ha detto di ritenere giusto che una grande organizzazione sindacale metta al centro della sua riflessione i problemi dell'Europa. Denunciando l'egoismo che connota il nostro tempo, ha sottolineato che siamo come in una strettoia tra la durezza di una crisi molto piu' grave di quella del '29, e la fragilità delle istituzioni. Due fatti ora incroceranno sempre di piu' i destini del nostro paese con quelli degli altri paesi europei, le elezioni del Parlamento e la presidenza italiana del semestre europeo, ruolo di grande importanza strategica rispetto al dare o non dare impulso all'Unione europea. Dopo i guasti del '900 e i conflitti nati proprio in Europa, siamo arrivati all'unificazione e alla moneta unica, e forse il passo e' stato molto lungo, e in piu' ha incrociato la crisi. Ma tornare indietro non si può, e anzi potrebbe essere molto grave e pericoloso.
Uno stato può non avere una moneta, ha osservato tra l'altro, ma una moneta, se vogliamo farla vivere, non può non avere uno stato, e non uno stato nazionale ma europeo, altrimenti salta la moneta e il conto da pagare rischia di essere molto salato. E' in discussione il modello di sviluppo che ha esasperato i consumi, e la scelta degli Usa di una crescente immissione di liquidità e' preoccupante.
C'e' un'Europa a due velocità, e c'e' poi la questione dei migranti, della quale presto si discuterà nelle istituzioni europee, che non e' la "questione di Lampedusa", e che non si risolve con reazioni isteriche come l'istituzione del reato di clandestinità, ma con scelte che attengono all'Europa nel suo complesso. Tabacci si e' poi soffermato sul problema esplosivo della disoccupazione giovanile, e ha sottolineato la necessita' di integrare le politiche su fisco, lavoro e politiche industriali.

Massimo D'Alema ha sottolineato che "viviamo, con ogni evidenza, nella coda - e si spera si tratti della coda - di una grave crisi internazionale. Ci dicono che ne stiamo uscendo, ma i segnali di ripresa sono flebili, e soprattutto dal punto di vista sociale la crisi ha lasciato un segno molto profondo e drammatico per il quale non si vedono rimedi efficaci. Il dramma della disoccupazione, soprattutto giovanile, si somma a quello delle disuguaglianze, della povertà di molti cittadini. Prevale un sentimento di pessimismo che incide sui comportamenti e i consumi, e diventa un freno alla ripresa economica. Questo avviene, ha detto D'Alema, anche perché la risposta alla crisi e' stata molto parziale e insufficiente.
All'indomani dell'esplodere della crisi finanziaria, la comunità mondiale aveva trovato risposte efficaci (ricorda i lavori del primo G20 dopo la crisi). Si era parlato di meccanismi di regolazione della finanza internazionale per combattere i fenomeni speculativi, di contrasto ai paradisi fiscali, si poneva il problema di istituzioni internazionali con risorse e poteri in grado di garantire almeno una fluttuazione ragionevole, tale da evitare una competizione selvaggia tra le monete fondata sulla svalutazione. Tutto questo non e' accaduto, ed e' impressionante la debolezza di una politica che non e' riuscita a fare nemmeno quello che aveva deciso di fare. La finanza e' stata piu' forte, ha detto Massimo d'Alema. E' l'impotenza la ragione della crisi della politica. Soprattutto non e' venuto avanti un modello di sviluppo con un carattere piu' cooperativo; prevale invece un modello proiettato verso l'esportazione e l'esasperata ricerca di competitività, che ha comportato inevitabilmente la compressione dei salari e dei diritti dei lavoratori.
Io penso, ha detto D'Alema, che questo modello, viziato da evidente irrazionalità, non tiene, a meno che non si cominci ad esportare sulla luna. C'e' un limite a questo modello di sviluppo che in passato ha avuto come esito le guerre. E' evidente che una ripresa stabile non può esserci senza una crescita dei mercati interni, il che vuol dire domanda integrata e capacita' di consumo delle famiglie. In fondo Obama l'ha capito: introdurrà l'Obama care, l'ha detto, perché sente la vergogna di un grande paese che non riesce a garantire il diritto alla salute e l'aspettativa di vita a milioni di americani, migliori ad esempio di quelle europee.
La destra neoliberista ha sempre sostenuto che la disuguaglianza e' una brutta cosa, ma che garantiva la crescita, oggi invece la ricchezza concentrata nelle mani di pochi frena la crescita, e non diventa neanche necessariamente investimento, ma spesso si trasforma in rendita.
Il grande problema e' che non si intravede un'uscita stabile dalla crisi se non si apporta subito un cambiamento del modello di sviluppo.
In Europa si spostano risorse finanziarie dai paesi poveri ai paesi ricchi, poi quando un paese come la Grecia va in tilt, si sopperisce dando i soldi ai creditori, cioè alle banche tedesche. hanno dimostrato che la crisi dell'euro rende alla Germania quasi un punto di Pil.
Come mai, si e' poi chiesto D'Alema, la crisi ha prodotto gli effetti piu' devastanti e piu' duraturi proprio in Europa? Perché e'emersa tutta la debolezza politica dell'Europa; gli americani stanno uscendo dalla crisi con la forza della politica, l'Europa e' impotente politicamente; si e' resa conto di aver coltivato delle grandi illusioni, come l'allargamento che, pur essendo dovuto e giusto, e' avvenuto senza darsi istituzioni in grado di funzionare. In secondo luogo, come diceva Tabacci, il problema non sta nella moneta ma nell'autorevolezza politica di chi batte quella moneta.
Sono passati due anni prima che si decidesse sulla crisi greca, e la prima decisione importante sulla crisi l'ha presa la Banca Centrale Europea.
Una debolezza che si e' manifestata in modo clamoroso, e ora che si va verso le elezioni europee dobbiamo dire con forza che occorre un cambiamento profondo e radicale; su questo stiamo lavorando, dice Massimo D'Alema.
L'obiettivo e' un' Europa piu' democratica. La soluzione può essere quella radicale dello stato federale, come propone Tabacci? Può darsi, si deve pero' lavorare da subito anche sui trattati vigenti. Bisogna spostare il potere dalla dimensione intergovernativa a quella delle istituzioni europee. La Commissione dovrebbe essere una sorta di Governo europeo: il Trattato di Lisbona non lo esclude. Bisognerebbe forzare i meccanismi previsti, e indicare una candidatura che abbia il compito di formare la Commissione; il governo italiano assuma questa posizione. per noi il Presidente della Commissione e' il leader candidato dal partito che ha ottenuto piu' consensi. Questo significa avere una guida piu' forte a livello europeo e un Presidente che risponda non ad un paese ma al Parlamento europeo.
In Europa il populismo e' l'altra faccia del tecnocratismo, e la crisi dell'Europa necessita di una lotta su entrambi i fronti.
in secondo luogo occorrono l'Unione bancaria, un'armonizzazione delle politiche fiscali che superi la concorrenza, standard sociali nell'area della moneta unica, con il salario minimo garantito che preveda una flessibilità tra paesi piu' forti e piu' deboli; occorrono poi politiche di crescita e una politica comune per affrontare il problema del debito.
Gli economisti tedeschi hanno fatto la proposta interessante di un fondo comune; se il debito diventa europeo non esiste piu' lo spread, e si liberano risorse per la crescita.
Occorre poi un bilancio federale: la scelta compiuta di operare tagli ai fondi per la ricerca e l'innovazione, e' un crimine e una vergogna in una fase come questa.
Occorre infine un nuovo criterio di valutazione del rapporto tra deficit e Pil. Questi sono i titoli di una piattaforma alternativa di cambiamento dell'Europa, ha concluso D'alema, una carta d'identità nuova dei progressisti europei alla quale bisogna lavorare da subito. 
 
Susanna Camusso, concludendo gli Stati generali, ha individuato nei due interventi che hanno preceduto il suo, il filo conduttore della crisi della politica e di quella dell'Europa che non si risolve perché non ha istituzioni in grado di affrontarla.
Anche il movimento sindacale, ha riconosciuto, si sarebbe potuto presentare piu' unito e in grado di produrre strategie comuni di difesa della condizione dei lavoratori, e invece in realtà l'unico colpo che si e' battuto e' stata la giornata di lotta del 14 novembre dello scorso anno.
Quella e' stata una tappa molto positiva, e non e' un caso che dopo quell'esperienza alcuni grandi sindacati abbiano prodotto dei piani del lavoro, e che sia il nostro piano del lavoro che il piano Marshall del sindacato tedesco abbiano bene a mente i cambiamenti necessari a livello europeo.
Ciò presuppone che il sindacato europeo agisca nella certezza che senza l'unita' europea nessun paese può farcela, ed e' significativo che anche i sindacati tedeschi ne abbiano consapevolezza.
Camusso si e' poi chiesta: quanto sono disposti i sindacati europei a cedere in sovranità alla Ces? E ancora, se bisogna andare su questa strada, non e' possibile che non ci sia pero' un rapporto di rappresentanza elettiva tra la Ces e le singole organizzazioni sindacali.
Per il momento siamo alla nomina, ma il problema resta aperto.
Una delle domande che le Organizzazioni Sindacali devono porsi e' se e' piu' forte un sindacato che contratta a livello europeo o un sindacato che mette insieme le categorie piu' deboli per farle apparire piu' forti.
Il modello economico liberista che si e' costruito negli anni ha fatto crescere le diseguaglianze, e oggi il lavoro non da' di per se' la certezza di sfuggire alla povertà
Il tema diseguaglianze-povertà e' il grande tema per noi anche per quanto riguarda l' Europa.
Questioni che non hanno determinato un grande squilibrio nelle regioni che erano abituate a convivere con la povertà, ma soprattutto al centro-nord, e ha modificato anche i rapporti tra le persone, l'idea di solidarietà, alimentando il crescere degli egoismi.
Non e' un caso che noi abbiamo sempre coniugato il tema del lavoro con quelli della dignità e della libertà.
Camusso ha poi sottolineato la rilevanza del prossimo voto per garantire un cambiamento nelle politiche europee, e ha annunciato che si sta lavorando a costruire un'importante iniziativa europea in Italia, con il presidente Shultz e con le altre organizzazioni europee, sulla carta rivendicativa dei sindacati rispetto al futuro dell'Europa.
Leggere l'Europa ci permette anche di vedere i problemi del nostro paese in una logica non di semplificazione, ponendo al centro il grande tema delle diseguaglianze.
L'ultimo punto affrontato dal Segretario della Cgil e' stato quello del linguaggio; "nel confronto con il resto del mondo, ogni volta che sento parlare i dirigenti politici e sindacali mi accorgo che in Europa si usa un linguaggio diverso, e che in italia si e' persa la capacita' di chiamare le cose col proprio nome, per tante ragioni legate alla storia complicata del nostro paese.
Non ho mai incontrato un un sindacato europeo che ignori il legame tra tassazione e progressività, e la stessa parola patrimoniale, ha concluso Susanna Camusso, che e' normale nel linguaggio europeo, in Italia non si può nominare, e viene usata come alibi per non compiere scelte che potrebbero favorire la ripresa del paese".

Cervia 23 ottobre 201

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