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CGIL LOMBARDIA
UFFICIO STAMPA
CGIL LOMBARDIA: 80MILA LAVORATRICI E LAVORATORI OGGI IN PIAZZA A MILANO DA TUTTA LA REGIONE PER DIRE NO ALLA MANOVRA DEL GOVERNO. GLI INTERVENTI DI ENRICO PANINI E NINO BASEOTTO
La Cgil Lombardia esprime grande soddisfazione per la piena riuscita dello sciopero generale e per la straordinaria partecipazione di lavoratrici e lavoratori, giovani, pensionati e pensionate alla manifestazione regionale che si è svolta stamattina a Milano.
Centinaia i pullman e i mezzi privati da tutte le province e alte le percentuali di astensione dal lavoro. In Lombardia lo sciopero è stato per tutte le categorie pubbliche e private di otto ore tranne che per i trasporti: l’ATM si fermerà dalle 18 alle 22 e le ferrovie si sono fermate dalla 14 alle 18.
In piazza del Duomo, hanno parlato, oltre ai Segretari generali della CGIL regionale e milanese, Nino Baseotto e Onorio Rosati e al Segretario nazionale Enrico Panini, alcune lavoratrici e alcuni lavoratori, delegate e delegati delle aziende maggiormente colpite dalla crisi: Monica Mazzoleni, lavoratrice della Indesit di Brembate Sopra, in provincia di Bergamo, una fabbrica metalmeccanica in lotta per la difesa del posto di lavoro, dopo la chiusura dello stabilimento e il trasferimento di tutta la produzione; Ayman Hanna della R.M.– Consorzio Gemal, una Cooperativa in lotta contro l’appalto fatto da Carrefour, che riduce salari e diritti; Grazia Longhi del Sindacato Pensionati di Brescia città, che parlerà della condizione degli anziani di fronte ai tagli del Governo a Regione e Comuni, che si tradurranno in tagli ai servizi. Parleranno poi Maria Alecci dell’azienda ospedaliera Vimercate, un’infermeria dell’ospedale di Vimercate senza contratto e Marilisa D’Amico, dell’Università Statale di Milano, che denuncerà i pesanti tagli delle risorse, che aggravano la precarietà e ostacolano il diritto allo studio e Federico Beretta delegato della RSU Carlo Colombo, un’azienda metalmeccanica chiusa da un anno e mezzo con la promessa mai mantenuta di ricollocazione di tutti i lavoratori: 8 di loro sono sul tetto della fabbrica da più di una settimana.
Alcune percentuali relative alla partecipazione allo sciopero:
secondo i dati forniti dalla Funzione Pubblica Cgil della Lombardia tra i lavoratori pubblici è stato superato il 60%. Importante l’adesione nel Comparto Sanità pubblica, con punte oltre il 65% (Ospedale di Niguarda, ICP di Milano, Ospedale di Melegnano oltre il 70%; ASL di Monza e Brianza oltre il 70%; i Centri Unici di Prenotazione della provincia di Monza e Brianza hanno chiuso)
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Nella Sanità privata la media di adesione ha superato l’80%, con risultati significativi all’Istituto Galeazzi (85%) e alla Madonnina (90%).
Per quanto riguarda gli Enti locali, la percentuale media di adesione allo sciopero dei Comuni lombardi ha superato l’80% (Comuni di Rozzano, 90%; Sesto San Giovanni, 80%; Cavenago, 85%, Besana Brianza, 60%). Alcuni Comuni sono rimasti chiusi, come il Comune di Pessano con Bornago e il Comune di Gorzonzola. Chiuse, a Milano, la Biblioteca Sormani, l’Anagrafe e le sedi INPS. Il Servizio idrico integrato ha visto un’adesione pari all’80%. Mentre le Agenzie delle Entrate oltre il 70%.
Nel Socio-assistenziale, data la particolarità del servizio, il superamento del 50% di adesione rappresenta un risultato importante. Agli asili nido in appalto al Comune di Milano, la percentuale ha superato il 55%.
Alte anche le percentuali in tutti i settori privati, in particolare tra i metalmeccanici:
all’Iveco di Mantova il 75% dei reparti produttivi, mentre alla Marcegaglia l’85% e alla Belleli il 100%. Sempre a Mantova il 98% all’alimentare Levoni, l’80% alla Grazioli, il 70% alla Novellini del settore del commercio e il 50% alla Mantova Surgelati e alle Cartiere Burgo. In Brianza alla Candy ha scioperato il 90%, l’85% alla VRV. Ancora in Brianza
alla Pellegrini c/o Alcatel, del settore del commercio, ha scioperato il 100% dei lavoratori, 85% all’Arcelor e 80% alla Vebeco, sempre dello stesso settore; alla chimica ISA di Lentate si è registrato il 70%, il 60% alla Bausch e alla Elesa del comparto chimico e alla Boffa di Lentate del settore edile; il 30% alla Star dell’alimentare.
90% nelle metalmeccaniche di Lecco Fomas Merate, Franci Valmadrera, Lanfranconi, 85% Calvi, 80% Melesi, 70% Lucchini.
A Bergamo oltre Il 60% alla Dalmine, l’85% alla Somaschini, il 70% alla Same e alla Nicotra, l’85% alla Lupini Targhe.
Nelle fabbriche metalmeccaniche milanesi si è raggiunto il 100% alla Mamoli, alla Kone, alla Faema, alla Greif, l’85% alla Nacco, l’80% alla Jabil, alla Cimbali, alla BCS, alla Tamini, il 75% alla Lobo, il 70% all’Ansaldo Sist. Ind., all’Iveco, alla Microfusione e alla Alstom Ferrovie, 65% all’Alstom Power.
A Varese 100% alla Ficep, 90% alla Wirpool, il 60% alla Gollio e a Pavia il 70% alla Genset e alla RC metalmeccaniche e buona partecipazione nei settori edili e del commercio.
Molto bene anche negli altri settori, a Milano nel commercio e nel Turismo percentuali del 95% alla libreria Mondadori e al Mc Donald di Via Sabotino, del 75% alla Sma di via Padova, 70% allo Star Hotel Ritz, al Westin Hotel Palace, alla CGT, il 65% alla Rinascente Duomo,
al Carrefour di Carugate, all’Ikea di Corsico.
L'adesione allo sciopero è stata molto alta anche a Brescia. Nelle aziende metalmeccaniche l'adesione è stata in media del 70%, con punte del 90% in realtà come l'Iveco o la Beretta.
Nel suo intervento il Segretario generale della Cgil Lombardia Nino Baseotto ha sottolineato come la piazza di oggi mostri “uno spaccato di quel paese reale che Governo e Confindustria si ostinano a ignorare e a rimuovere.
È il Paese della crisi, dei suoi effetti devastanti sul futuro delle persone, delle famiglie, del lavoro, dei giovani senza un futuro certo e dei diritti messi in discussione o negati, dei migranti sfruttati sul lavoro e vessati fuori.
Un Paese nel quale cresce la protesta e la mobilitazione per una manovra economica iniqua e dannosa, che pagano lavoratori dipendenti e pensionati e non pagano nulla grandi patrimoni, rendite ed evasori fiscali.
Il Ministro del Lavoro ha detto che il nostro è uno sciopero contro la pioggia - ha detto Baseotto - e come al solito non ci ha azzeccato: questo è uno sciopero riuscito, partecipato, e l’unica pioggia che si vede è la pioggia di no alla manovra del Governo”.
Ricordando che in Lombardia, se passa la manovra, i tagli saranno pesantissimi, Baseotto si è poi rivolto al Presidente Roberto Formigoni, che “si è inalberato contro la manovra che ha definito iniqua, sbagliata, che ammazza il federalismo, che costringe Regioni ed enti locali a mettere le mani nelle tasche degli italiani.
Questa è la realtà che noi abbiamo denunciato da tempo e che ora quelli che sostengono il Governo a Roma e amministrano qui sono costretti a riconoscere e a censurare.
Proprio perché le Regioni ed i Sindaci dei nostri Comuni hanno ragione sul fatto che questa manovra porterà più tasse e meno servizi, vogliamo dire chiaro al Presidente Formigoni che non ci basta la denuncia e la protesta e gli chiediamo due cose precise.
Primo: un impegno esplicito a non aumentare le tasse e a non diminuire i servizi di carattere sociale e gli interventi a sostegno dell’occupazione e dello sviluppo.
Secondo: si impegni a razionalizzare i costi della Regione, a ridurre drasticamente le spese non indispensabili; si guardi ai costi dei vari assessorati e della stessa Presidenza, si decida di ridurre i compensi per il Presidente, gli Assessori ed i consiglieri regionali.
Una Regione veramente virtuosa, come Formigoni sostiene che sia la Lombardia, si batte con le altre regioni perché la manovra cambi ma al tempo stesso prende impegni precisi con i propri cittadini.
Di fronte ad una manovra che non investe sullo sviluppo, la Lombardia deve scegliere di scommettere sul lavoro e sulle imprese che investono,
fanno ricerca, competono e creano occupazione.
Abbiamo bisogno di garantire il finanziamento degli ammortizzatori sociali ma anche e ora soprattutto di politiche per lo sviluppo.
A quei politici che sono abilissimi a gestire il potere a Roma ed a gridare contro Roma ladrona in Lombardia, vogliamo dire che è venuto il tempo di smetterla con le ambiguità e la doppiezza – ha proseguito Baseotto.
O si sta insieme ai lavoratori, ai pensionati, alle Regioni ed ai Comuni per chiedere che la manovra cambi oppure si deve avere il coraggio di dire che si sostiene la manovra e i tagli alle Autonomie Locali e ai servizi per le persone.
Queste sono solo alcune delle ragioni per cui oggi siamo qui e siamo così numerosi.
Se lo mettano in testa Governo, Fiat e Confindustria: l’alternativa tra lavoro e diritti è un’idea barbara e medioevale che noi non accetteremo mai, né qui né a Pomigliano.
Il successo dello sciopero e della mobilitazione di oggi dice che c’è un’Italia che vuole un Paese dove sviluppo, lavoro, diritti e opportunità siano i pilastri del futuro di tutte e di tutti.
Grande attenzione e partecipazione anche per il discorso di Enrico Panini della Segreteria nazionale della Cgil che ha ricordato che in tanti hanno partecipato allo sciopero di oggi “per dire chiaro e forte che la manovra del governo Berlusconi è una minestra indigeribile e che noi non la mangiamo.
Questa bella piazza è gremita di donne e uomini, di pensionate e di cittadini che reclamano, innanzitutto, rispetto.
Siamo persone che lavorano, che pagano le tasse fino all’ultimo centesimo, che con la nostra fatica abbiamo consentito a questo Paese di andare avanti, che spesso - se non sempre - siamo stati i primi ai quali veniva chiesto di fare sacrifici.
Adesso diciamo basta!”
Panini ha ricordato il giudizio della Cgil sulla manovra: è iniqua - ha detto - perché tartassa giovani, operai, pensionati, cittadini, mentre grazia finanza, grandi capitali, alti redditi.
Iniqua perché lascia tranquilli gli evasori e fa tornare la nostra scuola agli anni ’50.
Se è necessario uno sforzo per contribuire ad uscire da questo enorme tunnel nel quale ci ha portato la crisi globale, aggravata dall’insipienza di questo Governo, non ci sottraiamo a fare la nostra parte ma la soluzione peggiore è fare parti uguali fra diseguali o, meglio, dimenticarsi completamente di una consistente parte del Paese che in questi anni si è arricchita e tanto.
Il Governo Berlusconi ha scelto la solita via: un po’ di demagogia per dire che venivano colpiti alti papaveri e i costi della politica e tanta realtà nel colpire esattamente dall’altra parte”.
E a pagare, ribadisce Panini,
saranno sempre gli stessi.
“La manovra è una ricetta pesante e piena di bugie usate a giustificazione”, come il fatto che l’Unione Europea ci chieda l’allungamento a 65 anni dell’età pensionabile per le donne del Pubblico Impiego.
“Incredibile, per il segretario nazionale Cgil - che la Presidente di Confindustria si sia dichiarata pronta ad accettare la sfida derivante dall’innalzamento dell’età pensionabile delle donne. Dottoressa Marcegaglia – ha detto - abbia il ben vedere di lasciare il giudizio a chi subirà questa decisione, Lei non ne sarà coinvolta”.
“Il nostro Paese, questa regione - ha proseguito - così piena di insediamenti produttivi, di cultura operaia e tecnica, di intelligenze e capacità culturali di enorme rilievo, conoscono dati drammatici, e dietro a queste cifre ci sono famiglie, figli, progetti di vita che vanno in difficoltà.
Il Governo ha usato tutti questi mesi per pensare esclusivamente agli interessi del Presidente del Consiglio dei Ministri: i destini di 50milioni di persone condizionati dai processi e dai reati contestati all’on. Berlusconi.
Addirittura si nominano Ministri per sottrarli al corso della giustizia!
Mentre noi siamo in sciopero non vogliamo dimenticare che in Parlamento si discute un provvedimento che ridurrà paurosamente la capacità di indagine della polizia e della magistratura con la limitazione delle intercettazioni e che mette il bavaglio alla libertà di informare ed al diritto ad essere informati.
Con queste norme decine di mafiosi e delinquenti non sarebbero mai stati consegnati alla giustizia.
In questo modo si interviene duramente sulla libertà di informazione condannando le persone a non conoscere fatti ed opinioni.
Un insieme di provvedimenti barbari contro i quali uomini di legge, giornalisti, cittadini hanno innalzato forte la loro protesta.
La CGIL è assieme a loro con forza e con determinazione a partire dalla manifestazione prevista per il I° luglio a Roma per dire che la libertà di informazione non può essere limitata, che solo chi ha qualche cosa da nascondere può essere preoccupato delle intercettazioni: la gente onesta non ha alcun problema e che il Disegno di Legge contro le intercettazioni e contro l’informazione libera deve essere bloccato.
E’ la nostra Costituzione che lo chiede, quel testo di libertà per il quale migliaia di partigiani hanno donato la vita e per la difesa del quale città gloriose come Milano e Brescia hanno visto perdere la vita a troppi operai e studenti in un recente passato.
Il nostro sciopero è uno sciopero per, sì uno sciopero per qualche cosa, per una proposta, per un progetto diverso.
Innanzitutto, è uno sciopero per il rispetto di chi lavora e di chi ha lavorato.
Noi esigiamo rispetto per chi fa onestamente il proprio lavoro, perché non vogliamo essere costretti a gesti estremi (come nel caso dell’INNSE o della Carlo Colombo per richiamare una giusta attenzione.
E’ uno sciopero perché serve un’altra strada e siamo stanchi che tutto sia sempre e solo sulle nostre spalle.
E allora, primo: bisogna riprendere la lotta all’evasione fiscale, tutti devono pagare le tasse, non solo chi ha la busta paga o la pensione.
L’evasione fiscale nel nostro Paese ammonta a 120 miliardi di euro all’anno.
Con quei soldi ci stanno circa cinque finanziarie.
Noi vogliamo che si riduca, e subito, la pressione fiscale sul lavoro dipendente e sui pensionati mentre devono essere tassate rendite e grandi patrimoni.
Secondo: dev’essere definita una nuova politica industriale, del terziario e dei servizi in grado di individuare nuove strade sulle quali segnare la ripresa per il nostro Paese. La manovra del Governo non contiene alcun investimento, e poiché la crisi non accenna a rientrare, in assenza di politiche di sviluppo, drenerà ulteriori risorse.
Terzo: deve essere varato un “Piano del Lavoro” che ridia senso e centralità al lavoro e non alle speculazioni che ci hanno portato in questa condizione.
Bisogna favorire l’occupazione, in particolare dei giovani e delle donne.
Quarto: vogliamo che sulla scuola, sull’università e sulla ricerca si investa e tanto, ponendo fine ad una scellerata politica di tagli. Solo nel nostro Paese si scommette sull’ignoranza.
Altro che i signor NO, presidente del Consiglio: noi abbiamo idee e proposte, lei non ha le orecchie per ascoltare.
Poi, ha ricordato come in questo Paese sia aperta una grande questione democratica con le norme previste nel “collegato al lavoro” e con il preannunciato “Statuto dei lavori.
“Rifletta chi persegue queste intenzioni sullo straordinario risultato del voto di martedì a Pomigliano.
95% di partecipanti al referendum indetto con tutte le difficoltà e le forzature note vuol dire che così si dice sì al lavoro e all’occupazione. Ora la FIAT non ha più alcun alibi: investa a Pomigliano come si è impegnata a fare.
Ma il 45% del voto ha detto no ad interventi inaccettabili, contro le leggi e contro la costituzione, su malattia e diritto di sciopero. Ora la FIAT riapra la trattativa su questi punti – ha l’obbligo di farlo così come hanno l’obbligo di farlo anche le organizzazioni sindacali che hanno già firmato-, perché Pomigliano non è una caserma e le leggi valgono per tutti, a Pomigliano come nel resto del Paese.
FIAT riapra la trattativa e chiami al tavolo tutti i sindacati a discutere, e tutti significa anche la FIOM
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Il voto a Pomigliano ha rappresentato una grande prova di democrazia, di maturità, una lezione che dice con chiarezza – ai troppi sordi - che gli operai hanno lo sguardo lungo e sanno difendere interessi e diritti”.
Il Governo, ha proseguito Panini, ha varato una manovra davvero gravemente ingiusta: blocca i contratti pubblici per ben quattro anni, poi, non contento, interviene su quelli già firmati cancellando tutti gli incrementi superiori al 3,2% così, anziché in tasca, mette le mani direttamente nel portafogli.
Inoltre, blocca gli incrementi automatici nella scuola determinando un’ulteriore perdita di salario.
Infine, si congela la contrattazione integrativa, alla faccia di tutti gli osanna del Ministro Sacconi alla flessibilità della contrattazione di II° livello.
Un blocco di scelte inaccettabili perché in questo modo si attaccano direttamente le condizioni di vita dei lavoratori, si irrigidisce il ruolo del sistema pubblico, si cacciano migliaia di precari, si attacca il ruolo della contrattazione collettiva a favore dei contratti individuali: le lancette dell’orologio della storia vengono così portate indietro di decenni.
Poi si tagliano i trasferimenti alle Regioni ed ai Comuni.
Il Ministro Tremonti ed altri esponenti della maggioranza ci dicono che loro non mettono le mani nelle tasche degli italiani. In parte è vero ma solo perché obbligano altri a farlo.
Infatti, a Regioni e Comuni vengono tagliati oltre 14miliardi di euro. Stiamo parlando, compagne e compagni, di circa il 60% dell’intera manovra.
Alla faccia del federalismo e del sostegno al territorio.
“Come mai sono diventati improvvisamente muti i pasdaran del territorio, i ministri del “Roma ladrona”?
Sono come i ravanelli: fuori sono rossi quando urlano dal territorio contro Roma e per il federalismo ma dentro sono bianchi quando silenti votano ogni scempio di risorse a quegli stessi territori che dicono di voler difendere”.
Noi due giorni fa eravamo con i presidenti delle regioni ed sindaci che manifestavano a Roma contro i tagli. La loro parola d’ordine era semplice e chiara: “Se perdono le Istituzioni locali perdono i cittadini”. Non ho visto il sindaco Moratti, e ne sono dispiaciuto, ed ho constatato con rammarico che eravamo l’unico sindacato presente”.
“Il nostro rifiuto di questa manovra è netto; le nostre proposte sono precise; la nostra iniziativa e la nostra lotta sono determinate: il governo scelga se vuole discutere anche con chi ha idee diverse dalle sue”. Concludendo Panini ha voluto ricordare uno per uno i lavoratori e le lavoratrici che lavorando hanno perso la vita in Lombardia.
Sesto San Giovanni 25 giugno 2010
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