A PROPOSITO DI PRIVATIZZAZIONE E DI BENI E SERVIZI PUBBLICI: UNA NOTA DEL DIPARTIMENTO POLITICHE DEL TERRITORIO E AMBIENTE DELLA CGIL LOMBARDIA
 

In una nota, il Dipartimento Politiche del Territorio e Ambiente della Cgil Lombardia interviene in merito al decreto Ronchi, votato alla Camera dei Deputati con la fiducia, che all’art.15 prevede la “liberalizzazione” dei servizi pubblici locali, modificando ed integrando l’articolo 23 bis della legge 133 del 2008. Il percorso adottato è quello dell’obbligo delle gare ad evidenza pubblica per l’affidamento dei servizi da parte delle amministrazioni locali. “Rispetto al provvedimento la Cgil ha espresso un sostanziale dissenso sottolineando in particolare che:

si forza ulteriormente la privatizzazione delle aziende di gestione dei servizi in quanto si prevede il sostanziale obbligo di cedere a un socio privato, prima del 31 dicembre del 2011, il 30%;
sono state respinte tutte le proposte di regolamentazione dei capitolati di gara, con particolare riferimento alla tutela dell’occupazione e dei contratti di lavoro;
consegna alle logiche di mercato tutti i beni pubblici fra cui, uno fondamentale come l’acqua, mettendo a rischio l’accessibilità universale;
si violerebbe l’art.117 di novella della Costituzione italiana, ovvero la declinazione dei compiti assegnati a comuni, comuni metropolitani, province, regioni e stato.
Il provvedimento non risponde all’idea di liberalizzazione delineata dalle direttive europee, che condiziona l’apertura al mercato a ragioni “tecniche”, di contenimento dei costi, che non devono scavalcare, però, i fini sociali dei servizi pubblici. Il decreto va ben oltre questa apertura e, di fatto, favorisce la cessione della proprietà pubblica, e per questo può essere letto anche come “politica fiscale derivata”: mentre il governo taglia le risorse per gli enti locali, integrandole solo parzialmente, il decreto obbliga i comuni alla cessione di proprietà pubbliche al “fine” di “compensare” le mancate entrate e i tagli delineati dalla legge finanziaria.

In sostanza, la cessione di parti non irrilevanti di proprietà pubblica, non attiene ad un progetto di “politica industriale” o di apertura del mercato, piuttosto alla necessità di recuperare risorse che diversamente non sarebbero disponibili. Potremmo dire che, di bene pubblico in bene pubblico, continua una gestione che finge una ricchezza che non c’è, mentre trasferisce sui consumatori l’aumento dei prezzi e dei servizi “privatizzati”.

La questione, più che di principio, è sostanzialmente di una politica fiscale ed economica che va contrastata, di sistemi ormai troppo costosi che chiedono di essere ripensati in maniera più sobria e trasparente, molto di più di quanto in realtà si sta verificando.

Per queste ragioni va modificato il provvedimento. La Cgil, con le sue categorie, sta promuovendo iniziative, con la consapevolezza che la partita è molto più grande della già enorme operazione di “privatizzazione” dell’acqua e dei servizi di pubblica utilità, anticipata in Lombardia, ripresa dal Governo nazionale con la L. 133 e, ora, riaffermata dal Decreto, in sintonia con pratiche finanziarie ed economiche che sono state causa della crisi e delle conseguenti insopportabili sofferenze per i lavoratori e le lavoratrici, e per la parte più svantaggiata del Paese”.

 

Sesto San Giovanni 19 novembre 2009


 

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