CRISI: I nuovi dati del primo semestre in Lombardia sulla cassa integrazione e sui licenziamenti nel mese di luglio.

Forti preoccupazioni della CGIL per la ripresa dopo le ferie estive.

Dichiarazione di Giacinto Botti della segreteria della CGIL Lombardia

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“A dispetto delle rassicurazioni che il Governo continua a fornire sulla situazione economica e sulla prospettiva occupazionale del nostro Paese, l’allarme della CGIL resta alto sul piano nazionale e in Lombardia, dove si prospetta una situazione preoccupante per la ripresa dopo le ferie estive, con la possibilità di uscita dal mercato di molte imprese e con l’aumento dei licenziamenti e della disoccupazione.

Il flebile e fragile sussulto dell’economia di questi giorni, non si traduce in modo immediato e certo in una ripresa reale del sistema produttivo del paese; nella nostra regione le conseguenze concrete sul tessuto produttivo e occupazionale continueranno a farsi sentire, purtroppo, per un periodo non breve.

La ripresa reale dell’economia sarà lenta e complicata, e deve essere favorita e accompagnata con misure e iniziative innovative, perché le vecchie strade attuate dal Governo anche con il decreto anticrisi, gli accordi separati, e le scelte tese a ridurre i diritti e il salario delle lavoratrici e dei lavoratori, sono fallimentari”.

A dirlo è Giacinto Botti, della Segreteria della Cgil Lombardia, responsabile del Dipartimento Politiche Contrattuali.

“I dati, che il Governo rimuove e che oggi vorrebbe anche nascondere attaccando persino un’istituzione pubblica come l’ISTAT, parlano da soli: nel periodo gennaio-giugno 2009 in Lombardia la cassa integrazione complessivamente ha segnato un incremento del 425% rispetto al corrispondente periodo del 2008.

In particolare si osserva una forte crescita della cassa integrazione ordinaria (+680%) rispetto alla cassa straordinaria, che è più contenuta (+158%).

Ad essere particolarmente interessato è il settore dell’industria, nel quale la cassa ordinaria cresce dell’814%. Al suo interno si osserva un incremento senza precedenti nei trasporti e nelle comunicazioni (9.923%), nelle attività metallurgiche (2.273%), meccaniche (1.477%), del legno (1.077%), del chimico (1.091%).

Le province maggiormente coinvolte dalla cassa integrazione sono Lecco (1.200%), Cremona (852%), Brescia (699%), Lodi (664%) e Como (614%).

I picchi di queste realtà sono in qualche modo lo specchio di crisi aziendali sul territorio, dovute anche alla specializzazione produttiva, che occorre affrontare in modo strutturale.

Contemporaneamente, nei primi sette mesi del 2009 si registra l’incremento del tasso di disoccupazione e dei licenziamenti.

Questo dato era già stato rilevato nel corso del secondo semestre 2008, quando si era interrotta la lunga fase discendente e il tasso di disoccupazione era salito dal 3,4 al 4%, mentre saliva anche il numero delle persone in cerca di occupazione (+10%), con un incremento dei disoccupati con precedenti esperienze lavorative (+13%).

Le disoccupazioni a luglio del 2009 (L. 236/93) sono 19.904, con un incremento del 128,40% (nello stesso mese del 2008 erano 8.714, cioè meno della metà).

Le mobilità (L. 223/91) sono a luglio 11.120, di cui 1896 solo nell’ultimo mese (per la seconda volta il totale più alto da 5 anni a questa parte).

In totale i licenziamenti nel periodo gennaio-luglio 2009 sono 31.161, con un aumento del 73,84% in rapporto allo stesso periodo del 2008.

Le conseguenze della crisi sull’economia reale, che vanno ben al di là dei dati sugli ammortizzatori sociali, non sono in via di superamento - prosegue Giacinto Botti della Segreteria della Cgil Lombardia.

Tutti i dati elaborati da noi, come del resto quelli elaborati dalle associazioni datoriali, dalla Banca d’Italia, dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL) nel suo ultimo rapporto, confermano le preoccupazioni ed evidenziano la profondità di una crisi dal carattere inedito e strutturale che investe in Lombardia, pur in termini diversificati, tutti i territori e tutte le produzioni manifatturiere, la distribuzione commerciale e i servizi.

La crisi nella nostra regione si inserisce in un contesto di 10 anni di crescita modesta, di perdita di competitività a livello europeo e di una minor crescita del Pil, e investe un sistema produttivo che ha accumulato ritardi rispetto alla ristrutturazione e alla ricollocazione dell’impresa e dei suoi prodotti.

Il commercio internazionale ha subito un tracollo; le aziende, che sono alle prese anche con il calo degli ordini e la contrazione della domanda interna, sono in difficoltà a reperire risorse, e possono contare su una liquidità molto scarsa anche a causa della stretta creditizia operata dal sistema bancario.

La caduta della produzione industriale, se prolungata, porta in sé una prossima forte contrazione dell’occupazione.

Una conferma di questa analisi e delle preoccupazioni che la Cgil esprime da tempo proviene dal rapporto regionale della Lombardia presentato dalla Banca d’Italia.

La crisi sta mettendo in rilievo i nodi strutturali e i limiti del sistema produttivo lombardo derivanti dalla specializzazione produttiva e dalle dimensioni d’impresa, mentre appare evidente - a parità di investimento tra la Lombardia e l’Europa - il ritardo di crescita (5 punti in meno di Pil) da noi accumulato nel corso degli ultimi 10 anni.

In Lombardia il tasso di crescita reale medio annuo del reddito pro-capite 2000-2006 è pari a 0,2 punti, contro la media italiana che corrisponde a 0,5 punti. A questo si accompagna la bassa crescita della produttività degli investimenti dovuta alla specializzazione produttiva, non certo - come qualcuno vorrebbe sostenere - al costo del lavoro.

I numeri forniti evidenziano l’indebitamento del 45% delle imprese lombarde, e ci consegnano il dato allarmante di bilanci in perdita per il 25% delle imprese.

La CGIL è fortemente preoccupata di ciò che potrà avvenire nel mese di settembre, alla ripresa dopo le ferie estive, in particolare in molte piccole realtà produttive.

Gli effetti della crisi sono al momento attenuati dalla cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga e da scelte e modalità adottate nelle aziende per contenere gli effetti della riduzione di ordini, come il mancato rinnovo contrattuale dei lavoratori a termine, il ricorso sempre più accentuato del lavoro part-time, che coinvolge in particolare le donne, e l’utilizzo di tutto il monte ferie dei lavoratori.

Tutte misure che sono a termine.

Occorre garantire le sufficienti coperture economiche per un allargamento delle tutele e una difesa più consistente del reddito di tutti i lavoratori. Se non si avverte qualche spiraglio di una futura ripresa produttiva, potremmo essere di fronte alla tendenza, da parte delle aziende ormai colpite da tempo, a scaricare tutto il peso della crisi sui lavoratori attraverso i licenziamenti.

A questo proposito va sottolineato che non può bastare la firma di accordi positivi come quello sugli ammortizzatori sociali in deroga firmato in Lombardia da tutte le parti sociali, ma è necessario un impegno concreto e forte del Governo nazionale - che ancora è ben lungi dall’occuparsene - per garantire che si dia presto corso ad una riforma strutturale degli ammortizzatori sociali e ad interventi sul piano sociale che non restringano, come troppo spesso avviene, ma sviluppino tutele e diritti per tutti, con una politica fiscale più giusta in favore dei lavoratori e dei pensionati.

Con la crisi finanziaria internazionale la sfida alta è sulla qualità, sulla conoscenza, sull’ambiente e sull’energia rinnovabile, che si fondano su una politica industriale programmata e innovata, cioè sulla capacità da parte delle istituzioni, del Governo e delle imprese di generare e anticipare la domanda di beni e servizi che saranno richiesti prossimamente dal mercato.

Non si tratta oggi solo di difendere l’occupazione e di non perdere, con i posti di lavoro, conoscenze e professionalità acquisite, ma di crearne di nuovi attraverso politiche di sviluppo adeguate e lungimiranti.

Questa scelta strategica, di impostazione e di capacità di indirizzo, di programmazione e di riorganizzazione del sistema industriale e produttivo non sembra però essere nelle intenzioni del Governo nazionale e di quello regionale.

Su questo la CGIL continuerà la sua azione e la sua rivendicazione, nella consapevolezza che senza una svolta che vada nella direzione che indichiamo, sarà davvero difficile guardare al futuro con ottimismo.

Sesto San Giovanni 27 luglio 2009

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