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Oggi il Comitato direttivo della CGIL di Bergamo
UNA CRISI DA GUARDARE IN FACCIA
La relazione del segretario generale e i due ordini del giorno approvati
Bergamo, mercoledì 21 ottobre 2009
L’analisi delle difficoltà di questi tempi, nel mezzo di una crisi che è necessario guardare in faccia, e la discussione sul rinnovo dei contratti sono state, questa mattina, al centro dei lavori del Comitato Direttivo della CGIL di Bergamo.
Alla seduta ha partecipato anche Susanna Camusso della segreteria nazionale del sindacato.
Al termine della mattinata sono stati votati e approvati due ordini del giorno (che trovate in allegato): il primo riguarda l’emorragia di posti di lavoro nella provincia di Bergamo, le richieste in merito agli ammortizzatori sociali e l’impegno del Comitato Direttivo a sostegno del documento unitario di CGIL, CISL e UIL sulla crisi in provincia di Bergamo e a sostegno di iniziative fra cui la Marcia per l’occupazione e lo sviluppo del 5 dicembre 2009 a Bergamo, la Marcia per il lavoro del 24 ottobre a Milano e la manifestazione della CGIL a Roma il 14 novembre.
Il secondo ordine del giorno interviene in tema di accordo quadro separato sulla riforma del modello contrattuale, ribadendo le ragioni che avevano motivato il no della CGIL al nuovo modello contrattuale. Fa cenno all’accordo degli alimentaristi e alle ragioni che hanno portato la FIOM allo sciopero del 9 ottobre e a non firmare l’accordo separato per il rinnovo del CCNL dei meccanici, inserendo anche il tema della rappresentatività e della democrazia sindacale.
Questa mattina Luigi Bresciani, segretario generale provinciale della CGIL, ha voluto affrontare subito la sfida più grande che il sindacato ha davanti: la sua relazione al Comitato Direttivo l’ha voluta aprire parlando del “rischio di un ridimensionamento delle basi produttive ed occupazionali nel Paese”.
“L’Italia ha 5 milioni di siti industriali concentrati soprattutto al centro nord. Ha ben 220.000 imprese che esportano, ha il primato nella meccanica strumentale. Il centro-nord del Paese ha un numero di addetti in tecnologie medio alte tra i più elevati delle grandi regioni europee.
Cosa sta accadendo nelle imprese?
Mentre per tutto il 2008 e per parte del 2009 le imprese, anche utilizzando gli ammortizzatori sociali, hanno comunque tenuto al loro interno i lavoratori cercando di capire quanto tempo ancora occorreva per uscire dalla crisi, oggi la situazione è cambiata. Le conseguenze sull’occupazione stanno diventando drammatiche e la crisi del manifatturiero sta avendo conseguenze sempre più pesanti. Da una prima fase della crisi con massiccio utilizzo di cassa integrazione, siamo passati ad una seconda fase piena di incertezze, fermo di investimenti, chiusura di aziende, crisi di interi settori e aree territoriali”.
Proprio per questo a Bresciani è apparsa ancora più fuori luogo l’ultima dichiarazione del ministro dell’Economia: “Adesso ci tocca anche sentire Tremonti che afferma che solo il posto fisso garantisce il futuro dei giovani, dei lavoratori e delle famiglie. Ci stupisca con i fatti e non con le parole: faccia cambiare il libro bianco di Sacconi. E soprattutto non devono mancare le risorse agli ammortizzatori, se ne devono aumentare gli importi (le famiglie non possono andare avanti mesi, anni, a 500-700 euro al mese), è indispensabile superare rapidamente la fase degli ammortizzatori in deroga per i settori che non contribuiscono al fondo Cig. Occorre arrivare ad un unico fondo presso l’Inps alimentato da tutte le imprese di ogni settore e dimensione, per giungere ad un unico istituto di sostegno al reddito. E, ancora, serve il prolungamento della Cigo da 52 a 104 settimane; l’Inps deve erogare gli anticipi ai lavoratori per la cassa in deroga, là dove l’azienda non ce la fa, in tempi brevi; i contratti di solidarietà vanno estesi e le associazioni imprenditoriali devono smetterla di fare i semplici ‘notai’”.
E fra emergenze occupazionali e discussioni sul modello contrattuale, Bresciani ha detto: “Nella nostra provincia abbiamo calcolato che nel 2009 si perderanno 10.000 posti di lavoro. Nei primi mesi del 2010 altri 5.000 sono a rischio. Non mi convince chi dice ‘per la rottura sul modello contrattuale,
non possiamo far finta di niente, devono esserci delle conseguenze, a tutti i livelli, nei rapporti con CISL e UIL e con Confindustria’. Considero questa un’impostazione un po’ manichea. La considero sbagliata perché significa immobilizzare l’organizzazione. Là dove è possibile far qualcosa per i lavoratori io ci sono, anche con CISL e UIL. Qualcuno mi deve dire qual’è l’alternativa al lavoro che stiamo facendo: splendido isolamento? Scioperi a raffica? Presidi permanenti?”.
E a proposito dell’appuntamento interno che attende nei prossimi mesi il sindacato, Bresciani ha detto: “Il nostro congresso si svolgerà nel cuore della più grave crisi degli ultimi 60 anni. Oggi, di fronte a questa crisi e alle sfide che ci attendono, fare sindacato confederale è certamente più difficile, ma ancor più necessario. Ricostruire un senso comune che parta dal lavoro, dalla dimensione collettiva dei problemi, è la questione che abbiamo davanti. Uno dei temi forti del congresso allora sarà come arrestare questa deriva e riconquistare un sistema di regole condivise. Altrimenti l’indebolimento di quello che chiamiamo “dimensione collettiva” della nostra azione si tradurrà nella morte del Ccnl così come lo conosciamo, del Ccnl sotto duplice attacco, nella parte salariale (più basso rispetto inflazione) e nella parte normativa (derogabilità). La CGIL ha bisogno di un congresso che parli chiaro al Paese, indicando obiettivi praticabili su: riforma degli ammortizzatori, futuro delle pensioni contributive, condizioni anziani e pensionati, riordino fiscale e rapporto tra politica e lavoro.
Questo è un congresso che dovrà fare delle scelte sulle modalità di sviluppo per il Paese, su un welfare che superi le disuguaglianze e sul rapporto tra pubblico e privato.
Quando guardo fuori dal nostro sindacato ho sempre più motivi per apprezzare la CGIL, la nostra discussione anche forte, qualche volta sopra le righe, ma vera e sincera, fatta da persone che credono in quello che fanno e dicono sempre quello che pensano. Che hanno a cuore non il loro futuro, ma il futuro di questo Paese”.
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