LO SCIOPERO GENERALE DELLA CGIL

La manifestazione a Bergamo, il comizio e i dati sull’adesione nei luoghi di lavoro di città e provincia

Bergamo, venerdì 6 maggio 2011

Un lungo corteo di migliaia di persone, questa mattina, ha attraversato le vie del centro di Bergamo, nel giorno dello sciopero generale nazionale della CGIL. Dal piazzale della stazione, percorrendo viale Papa Giovanni XXIII, via Camozzi (davanti alla sede di Confindustria), via Tasso (davanti al palazzo della Prefettura), la manifestazione è arrivata in Piazza Vittorio Veneto.

Dal palco sono intervenuti lavoratori e delegati sindacati: Giuliana Preda per il settore del commercio, Ciro Indelicati per la scuola, Mohamed Awad del settore edile e Pietro Rizzoli dei metalmeccanici. È stata data la parola anche a Marco Di Girolamo del “Comitato Referendario due sì per l’acqua bene comune”.

L’intervento conclusivo è stato affidato a Luigi Bresciani, segretario generale provinciale della CGIL, che ha esordito ricordando come “domani, qui, a Bergamo, si riuniranno gli imprenditori di Confindustria per riflettere sul fatto che alle promesse sono mancate azioni concrete per il sostegno allo sviluppo. La maggioranza di centro destra, sostenuta dal Presidente di Confindustria, anziché occuparsi del lavoro e di politiche industriali, si occupa, ormai da anni, di fare leggi a sostegno delle tesi difensive dei legali di Berlusconi. A Confindustria auguriamo un buon lavoro domani ma chiediamo anche: vi accorgete solo ora che il Governo non ha fatto nulla per l’economia? Vi accorgete adesso che non c’è una politica industriale in Italia e che siete stati lasciati soli?

Farebbe bene a Confindustria un pò di autocritica: se in alcuni settori è passata la logica dei contratti separati è anche responsabilità sua. Il vice presidente Bombassei ha assecondato la politica di questo Governo: una politica della divisione e della rottura sindacale.

Intanto cosa è successo? Centinaia di migliaia di giovani precari sono stati sbattuti fuori dalle aziende e dalle scuole. Il 70% delle assunzioni è a titolo precario e si è perso il 14% del reddito spendibile delle famiglie. Milioni di pensionati, ma anche tanti giovani, sono costretti a vivere con 500 o 700 euro al mese. Si è entrati nella crisi con 10 lavoratori, si è rimasti in 7 e, con la ripresa, si vorrebbe continuare con 7, sfruttandoli ancora di più”

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