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CGIL BERGAMO
L’intervento di Tobia Sertori, segretario generale FLC-CGIL di Bergamo
BERLUSCONI, LA SCUOLA PUBBLICA E I VALORI:“INSEGNANTI, FAMIGLIE, STUDENTI: IMPOSSIBILE RESTARE IMMOBILI”
Bergamo, lunedì 28 febbraio 2011
Dopo le parole sulla scuola pubblica che il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha usato al secondo Congresso dei Cristiano Riformisti sabato scorso, ecco la nota di Tobia Sertori, segretario generale provinciale della FLC-CGIL Bergamo.
“Non è possibile restare fermi e zitti di fronte all’ennesima offesa e bugia. Come si può non reagire, non far sentire la voce di chi cittadino è, contemporaneamente, soggetto attivo e fruitore di un luogo in cui libero è il pensiero, libero è l’accesso, indistintamente da estrazione sociale, religione, sesso, razza, lingua e dove si insegnano i valori della nostra Costituzione e della nostra Repubblica? Stiamo parlando della Scuola Pubblica della Repubblica Italiana.
Il presidente del Consiglio è arrivato a dire che ,“gli insegnanti inculcano valori diversi da quelli delle famiglie, c’è bisogno di educare liberamente i propri figli e quindi non essere costretti a mandarli in una scuola di stato”.
Rabbrividisco e resto sconcertato di fronte a tanta arroganza e spregio della Scuola Pubblica, degli insegnanti, ma anche delle famiglie. Ma ancor più meravigliato dalla mancata reazione della pubblica opinione.
La scuola pubblica, quella della Costituzione Repubblicana, ha costruito il valore del senso civico, della storia di un Paese rinato, dopo un’epoca di dittatura, con il contributo e il sacrificio di tanti: cattolici, non cattolici, socialisti, comunisti, liberali; della democrazia e della tolleranza, del valore non dell’individuo ma della società tutta, di uno Stato Sociale per tutti e a garanzia di tutti.
Questa scuola pubblica è stata il centro della crescita del Paese. Fatta di docenti che con passione (e poco salario) hanno dedicato la loro vita all’istruzione e all’educazione dei futuri cittadini
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Da quale pulpito viene il richiamo ai valori della famiglia e al valore civico!!! Da anni si bombardano adulti, famiglie ed adolescenti con slogan e azioni che hanno, questi sì, distrutto il valore dei legami affettivi, della famiglia, del rispetto della cosa pubblica e delle sue leggi, della solidarietà e tolleranza, innescando individualismo, valore dell’apparire, del più forte sopra il debole, messaggi che disincentivano l’istruzione e la ricerca del sapere come se fosse inutile alla persona e al Paese. Slogan che da troppo tempo gettano fango su tutti gli operatori della scuola pubblica, slogan che trasmettono, volutamente, il desiderio di conflitto delle famiglie contro la scuola pubblica.
“Pubblico” è diventato valore negativo anziché valore aggiunto. E per farlo, l’azione sistematica di questo governo e del Presidente del Consiglio Berlusconi è stata quella di smantellare pezzo per pezzo la scuola pubblica: tagliati 87.400 docenti e 45.000 non docenti, aumentati gli alunni per classe, riformata la scuola danneggiando e riducendo l’offerta formativa e annullando la possibilità di interventi didattici personalizzati, diminuito le risorse finanziarie alle scuole (si chiede costantemente alle famiglie di pagare rette e di contribuire portando materiale da casa). Nessun intervento a favore della formazione degli insegnanti lasciati soli a gestire una riforma ancora oggi confusa (senza contare il blocco dei loro stipendi e del Contratto di Lavoro).
Tutto questo perché? Avere a che fare con cittadini per i quali l’istruzione passa in secondo piano e la stessa istruzione pubblica è relegata all’essenzialità, fa comodo. Il cittadino consapevole, istruito e formato, è autonomo e capace di analisi e critica: questo fa meno comodo.
A favore di chi? L’istruzione libera affidata al mercato, dopo aver denigrato e distrutto la scuola pubblica, apre le porte a chi potrà accedere a scuole non pubbliche, magari finanziate adeguatamente e costantemente, mentre si continua a tagliare la propria scuola di Stato.
Nulla contro le scuole non statali (ne conosco di ottime) ma,
come diceva nel 1950 Piero Calamandrei, uno dei padri della nostra Costituzione:
‘Prima di tutto, scuola di Stato. Lo Stato deve costituire le sue scuole. Prima di tutto la scuola pubblica. Prima di esaltare la scuola privata bisogna parlare della scuola pubblica. La scuola pubblica è il prius, quella privata è il posterius. Per aversi una scuola privata buona bisogna che quella dello Stato sia ottima (…). La scuola della Repubblica, la scuola dello Stato, non è la scuola di una filosofia, di una religione, di un partito, di una setta (…).
Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato (…).
E poi c'è un altro pericolo forse anche più grave. È il pericolo del disfacimento morale della scuola. Questo senso di sfiducia, di cinismo, più che di scetticismo che si va diffondendo nella scuola, specialmente tra i giovani, è molto significativo. È il tramonto di quelle idee della vecchia scuola di Gaetano Salvemini, di Augusto Monti: la serietà, la precisione, l'onestà, la puntualità. Queste idee semplici. Il fare il proprio dovere, il fare lezione. E che la scuola sia una scuola del carattere, formatrice di coscienze, formatrice di persone oneste e leali’.
Sono parole, queste, che sembrano più che mai appartenere al nostro tempo, purtroppo nel totale silenzio e nella rassegnazione di tutti. È necessario partecipare di nuovo, discutere, animarsi della Politica. È necessario che i docenti, i partiti, le associazioni professionali, gli intellettuali, i sindacati escano allo scoperto e siano da traino per ridare alla scuola pubblica il giusto valore che merita, la giusta attenzione e le necessarie riforme finalizzate al bene del Paese e della persona”.
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