DRAMMA DEI PROFUGHI CINQUE SU CENTO MUOIONO IN MARE
Paradosso Ue: i fondi per i controlli sono tre volte quelli per l'accoglienza
Mercoledì 25/03/2015
AVVENIRE
Alessia Guerrieri
Dall'inizio dell'anno, infatti, le vite perse in mare sono più di 400, «5 ogni 100 migranti, mentre nel 2014 il rapporto era 2 ogni 100», E l’Unione Europea, nel periodo 2000-2013, ha stanziato il triplo dei fondi per la protezione delle frontiere rispetto a quelli destinati all'accoglienza: un miliardo e 820 milioni contro 630 milioni.
Proteggere le persone, prima dei confini. Perché davanti all'aumento delle «vittime delle frontiere», la risposta deve essere un sistema permanente d'accoglienza. Un canale umanitario, insomma, in cui la parola d'ordine sia mobilità transnazionale e integrazione, non Cara (Centro d'accoglienza per richiedenti asilo) e Cie (Centro d'identificazione ed espulsione). Due realtà, queste, che verranno poste sotto la lente d'ingrandimento «già da questa settimana» dalla Commissione d'inchiesta parlamentare, «finalmente messa in condizione di lavorare», dice uno dei membri, il deputato Paolo Beni (Pd), durante l'incontro Prodect people not borders, organizzato alla Lumsa di Roma dall'associazione studentesca Good morning, youth e dal "Comitato 3 ottobre". Una commissione istituita alla Camera a fine novembre, ma ancora non operativa, in cui 21 deputati avranno tempo un anno per analizzare le condizioni di permanenza dei migranti in queste strutture - in Italia i Cara sono 14 e i Cie 13, ma attualmente attivi solo 5 - il loro sistema di gestione e le procedure di affidamento della direzione dei centri. Parallelamente però, Italia ed Europa, dovranno ripensare le politiche sull'immigrazione e sull'asilo. Va innanzitutto superata la logica dell'approccio emergenziale, secondo la portavoce Acnur per il Sud Europa Carlotta Sami, prendendo coscienza tuttavia l'aumento del numero delle persone «che fuggono dal terrore» e che muoiono attraversando il Mediterraneo «perché non hanno alternative,
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