LE RAGIONI DELLA SVOLTA TEDESCA DI FRONTE ALL'EMERGENZA DEI PROFUGHI
di Marco Bascetta
Il Manifesto, 8 settembre 2015
Nel sottolineare più volte il fatto che la Germania è un paese forte e sano, Angela Merkel lascia intendere che solo l'esercizio ordinario del rigore permette l'esercizio straordinario della solidarietà. Può cambiare tutto nel giro di poche settimane o addirittura di pochi giorni? La stampa europea fa mostra di crederci. L'egemonia tedesca sull'Europa sembra essersi trasformata d'incanto in una luminosa guida morale.
I "valori della cultura europea" mettono in ombra quelli della borsa, la responsabilità storica prende il sopravvento su quella contabile, dall'ultimo rifugiato siriano fino alla cancelliera Merkel tutti insieme intonano l'Inno alla Gioia. Per qualcuno la "pallida madre" avrebbe addirittura rispolverato lo spirito di Hoelderlin e Heine. L'esagerazione è il pane quotidiano dei media. Eppure qualcosa di nuovo è accaduto.
Berlino, sia pure con molti distinguo di cui non è ancora chiara l'entità, ha rimesso in questione una delle sue creature più care: quell'accordo di Dublino che costringeva i richiedenti asilo a rimanere nel primo paese di approdo. Ha chiamato a un grande sforzo nazionale per fronteggiare l'emergenza dei profughi, ha dichiarato di voler investire sei miliardi dei suoi preziosi risparmi per la sistemazione e l'integrazione dei nuovi arrivati, indirizza l'Unione europea verso politiche responsabili di apertura e di accoglienza.
Questa correzione di rotta è stata determinata da quattro fattori ben più razionali che emotivi. Il primo, decisivo, è la consapevolezza che la pressione migratoria era ormai inarrestabile. Il governo di Berlino ha dovuto infine prendere atto che non esiste barriera materiale o legislativa in grado di arginare la moltitudine in movimento.
Si tratta, dunque, di una vittoria dei migranti, ottenuta a carissimo prezzo, di un risultato della loro straordinaria determinazione. Le frontiere non sono state semplicemente aperte dalla benevolenza dei "padroni di casa", ma travolte da decine di migliaia di persone che esercitavano, prima che qualcuno glielo avesse riconosciuto, il loro "diritto di fuga" e rivendicavano la libertà di movimento. Inoltre bisognava fare in fretta poiché tutto poteva accadere in quell'Ungheria dai tratti sempre più marcatamente fascisti che l'Europa tollera nel suo seno. Aprire la frontiera più che una scelta è stata una necessità.
Il secondo elemento è la scoperta che i sentimenti xenofobi e razzisti non sono affatto maggioritari e neanche così ampiamente diffusi come si credeva. La straordinaria mobilitazione spontanea a sostegno dei rifugiati da Vienna a Monaco a Berlino ha dissipato le ombre disseminate in Germania dai patrioti antislamici di Pegida (ridotti a sparuti gruppuscoli assediati in ogni città tedesca) e dai nazionalisti solo un po' meno impresentabili di Alternative fuer Deutschland.
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