MIGRANTI: LA MEMORIA CORTA DI UN POPOLO DI EMIGRATI - DI Marco Aime
Il Fatto Quotidiano.it - 20/08/2015
ROMA\ aise\ - ""Quando la memoria va a raccogliere rami secchi, ritorna con il fascio di legna che preferisce" recita un proverbio africano. La nostra, di memoria, ha portato a casa i rami degli "italiani brava gente", ma ha lasciato a terra quelli di chi cercava un posto al sole in Libia o in Etiopia, magari bombardando con i gas i villaggi di gente inerme". Si apre con queste riflessioni l'articolo a firma dell'antropologo e scrittore Marco Aime pubblicato ieri nell'edizione on line de Il Fatto Quotidiano.
"La nostra memoria ha dimenticato l’infamia delle leggi razziali, ha scordato di raccogliere i rami lasciati da chi, un tempo come oggi, è partito da un paese che non gli dà da mangiare. I dati Istat del 2013 ci dicono che sono più gli italiani andati all’estero degli stranieri arrivati in Italia. Oggi si è fatta ancora più corta, quella memoria. Facciamo presto a dimenticare chi muore per una guerra spesso scatenata da noi; o a causa di fame e miseria spesso dovute allo sfruttamento del Nord del mondo sul Sud; o per colpa di pazzi fondamentalisti che odiano l’Occidente, quell’Occidente non più capace di accogliere umanamente neppure chi fugge dai suoi stessi nemici.
Dimenticare significa perdere la nostra storia e la storia di tutti quelli come noi. Guardarsi in uno specchio e non vedere nulla dietro la nostra immagine se non un cupo e profondo nero, che assorbe ogni altra cosa, che non sia quella del momento, del presente. Siamo diventati così? Piatti? Senza profondità, sottili lamine di luce su uno specchio.
Il nostro è un Paese che dimentica troppo in fretta, che rimuove la memoria e che non ha mai saputo fare i conti con il proprio passato: non li ha fatti con il colonialismo, né con il fascismo o il terrorismo. Da noi il passato in realtà non passa mai veramente, perché è sempre ben nascosto, celato nei meandri del presente. Non c’è mai stata una vera rottura con ciò che è venuto prima, solo la facciata è mutata. Da abili trasformisti si è cambiato d’abito in fretta, i funzionari sabaudi sono rimasti ai loro posti durante il ventennio e quelli fascisti hanno fatto altrettanto nell’Italia del dopoguerra. Siamo un paese dove politici ex comunisti portano avanti politiche liberiste e reggono senza particolare imbarazzo ministeri in governi assolutamente concordi con ogni principio di mercato. Gattopardescamente tutto continua a scorrere come acque carsiche invisibili che alimentano un fiume lento e pigro
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